Finanza & Dintorni
Vi sarà capitato di sentire o leggere: “balzo sopra il 3% dei rendimenti a Wall Street e gli indici chiudono in calo”. Perché questi rendimenti preoccupano se sono troppo succulenti? Per tutti (ma la parte centrale è per gli investitori!).
Lo avrete letto o sentito qualche volta: “balzo dei rendimenti a Wall Street e gli indici chiudono in calo”. Oppure: “le borse americane chiudono in ribasso, dato che i rendimenti sorpassano la soglia fatidica del 3%”. Di cosa stiamo parlando? E perché è un problema se questi rendimenti sono troppo succulenti? Il rendimento a cui ci si riferisce è quello dei titoli di stato decennali americani, i cosiddetti T- Bond (da T di Treasury, Tesoro americano). Quello che sta accadendo in questi giorni negli Stati Uniti è che un titolo a reddito fisso rende più di un investimento in azioni.
Nel momento in cui questo accade, ovvero salgono i rendimenti dei bond, ci si aspetta che la banca centrale americana agisca per riequilibrare la situazione e tenere a freno l’inflazione. Come? Alzando il tasso di interesse, aumentando il costo del denaro in modo più spedito di quanto ipotizzato in precedenza (si chiama in gergo: stretta creditizia). Sulla correlazione tra quanto scritto e l’andamento dei mercati azionari manca, di fatto, una spiegazione di carattere scientifico o teorico. Da quando esistono i mercati finanziari però, è quasi una prassi che il loro andamento anticipi le decisioni che le autorità monetarie assumeranno nel corso dei mesi futuri. In passato, più volte si è verificata questa situazione. I mercati sono in calo perché scontano il fatto che la banca centrale americana alzi il costo del denaro.
Le ragioni, solitamente, sono di carattere pratico: il mercato americano è salito a livelli molto alti e per un arco temporale molto lungo. Per questo sono maggiori le ragioni che inducono gli investitori a ritenere vi siano maggiori possibilità di guadagnare scommettendo sulla caduta dei prezzi dei titoli azionari, visto che finora per la gran parte sono saliti. In quest’ottica, a volte gradualmente, a volte improvvisamente, si assiste ad una svolta tipo quella di ieri, un calo a Wall Street, che però – è bene sottolinearlo - non significa rappresenti l’inizio della fine del ciclo positivo dei mercati azionari USA. Se però questo pensiero si diffonde, e secondo alcuni esperti è così, ci potrebbe essere una inversione di tendenza e l'interesse dell'investitore potrebbe spostarsi dall'azionario all'obbligazionario. Tra gli operatori infatti aumenterebbe la quantità di vendite di azioni e, di conseguenza, il calo dei valori di mercato.
Si tratta, in sostanza, di una sorta di palla di neve che, precipitando da un crinale, assume una circonferenza sempre maggiore.
Val la pena aggiungere un'altra considerazione (per gli investitori!). Da quello che mi spiegano non è esattamente la fase migliore per le obbligazioni. Se i rendimenti salgono, com’è probabile accada e come spiegato poc'anzi, le quotazioni delle emissioni obbligazionarie perdono terreno (tenete sempre in considerazione che il rendimento di una obbligazione e il suo prezzo hanno un andamento inverso). L’aspetto complesso, ora, è che sia il comparto obbligazionario, sia il comparto azionario rischiano di assistere ad una generalizzata caduta dei prezzi. Solo quando il calo dei prezzi delle obbligazioni dovesse scendere in misura sensibile, il mercato delle obbligazioni potrebbe tornare ad essere interessante. Ora non lo è granché. Anche guardando ai titoli di stato tedeschi, il rendimento del BUND decennale è passato in pochi giorni dallo 0,42% allo 0,53 per cento di oggi e questa potrebbe essere la tendenza per il futuro. Se il rendimento di mercato aumenta di un punto, il prezzo di un titolo decennale scende di circa 8 punti!
Quanto accade a partire dagli Stati Uniti non è un tema astratto ma concreto dato che l'aumento del costo del denaro della Federal Reserve, ovvero la banca centrale americana, ha delle conseguenze sull'economia. Come? Per esempio, appesantendo il costo del debito delle aziende statunitensi.
Queste, in misura superiore a quelle europee, attingono al credito bancario con molta facilità e con molta frequenza. Se pagano un tasso di interesse più alto indebitandosi, il maggior costo dell’indebitamento aziendale si trasferisce direttamente nei costi di produzione e, a cascata, sui prezzi al dettaglio. Un aumento di questi ultimi potrebbe ridurre la propensione ai consumi delle fasce più deboli e, di conseguenza, incidere negativamente su fatturato e utili aziendali. Non va sottovalutato il fatto che molti statunitensi sono ricchi ma su 300 milioni di abitanti la fascia meno ricca è tutt’altro che modesta e rappresenta una fascia importantissima nelle loro vendite giornaliere. Quindi, acquisti inferiori da parte loro peserebbero sulla crescita in generale, non solo delle aziende ma dell'intera economia americana.