A tanto ammonta il business frutto di assalti e arrembaggi, che negli ultimi dodici mesi si è quasi raddoppiato. E se prima le acque a rischio erano in Somalia, adesso l'allarme si è spostato in Kenia, Mozambico e Tanzania
Dimentichiamoci la benda sull'occhio e l'orecchino d'oro. I pirati fanno venire in mente scenari lontani, dalle pagine di Stevenson ai film in costume, eppure non sono mai scomparsi.
Anzi, negli ultimi anni sono diventati dei veri professionisti e il loro business è quasi raddoppiato: dai 55 milioni di dollari del 2008, ai 100 milioni dell'anno scorso.
I dati, forniti dalla World Peace Foundation, sono riportati dal quotidiano online peacereporter.net.
Incidenti moltiplicati - Anche gli incidenti legati alla pirateria si sono moltiplicati in soli 12 mesi. Se nel 2008 erano 293, l'anno successivo sono saliti a 406, fra cui 49 sequestri, per un totale di 1052 persone prese in ostaggio.
Sono queste le denunce arrivate al Piracy Reporting Center, servizio attivato dall'International Maritime Bureau, una divisione dell'International Chamber of Commerce.
La stessa organizzazione fornisce numeri apparentemente rassicuranti sul trend del 2010: nei primi sei mesi di quest'anno, assalti e arrembaggi dei pirati si sono ridotti del 20% rispetto allo stesso periodo del 2009, scendendo da 240 a 196.
Eppure, secondo peacereporter.net, questa diminuzione non sarebbe dovuta all'attività di contrasto internazionale, ma ad un calo fisiologico nell'ambito di una generale riorganizzazione dell'attività piratesca.
Insomma, i filibustieri del ventunesimo secolo sono in piena trasformazione, stanno cambiando pelle. Non si sa se bevano ancora rum, ma di sicuro ormai sono coordinati da network criminali transnazionali in grado di gestirli in modo sempre più proficuo. In questo modo si spiega il più preoccupante dei fenomeni in corso: l'allargamento del raggio d'azione dei pirati professionisti.
I saccheggi? Prima in Somalia, ora in Kenya e Mozambico - Fino al 2009, le acque predilette dai pirati professionisti erano quelle del Golfo di Aden, a largo della Somalia. Su quel tratto di mare si sono concentrati i controlli delle navi militari europee, americane, russe e indiane, che nel tempo sono riuscite a creare un corridoio di sicurezza, inaccessibile alle imbarcazioni dei pirati. Il risultato? Nella zona, gli attacchi sono diminuiti del 61%.
Questo però non significa che i pirati siano stati sconfitti; si stanno semplicemente spostando. La scelta più sicura e redditizia è quella di far rotta verso sud. L'allarme pirati è così arrivato in Kenya, Mozambico, Tanzania, Botswana e perfino in Sudafrica, tanto che la Comunità per lo sviluppo dei paesi dell'Africa meridionale ha organizzato un centro per la gestione delle prime emergenze. Soltanto in Africa, secondo un rapporto del World Peace Foundation, l'area a rischio è passata da 205 mila a 2,5 milioni di miglia quadrate.
Anzi, negli ultimi anni sono diventati dei veri professionisti e il loro business è quasi raddoppiato: dai 55 milioni di dollari del 2008, ai 100 milioni dell'anno scorso.
I dati, forniti dalla World Peace Foundation, sono riportati dal quotidiano online peacereporter.net.
Incidenti moltiplicati - Anche gli incidenti legati alla pirateria si sono moltiplicati in soli 12 mesi. Se nel 2008 erano 293, l'anno successivo sono saliti a 406, fra cui 49 sequestri, per un totale di 1052 persone prese in ostaggio.
Sono queste le denunce arrivate al Piracy Reporting Center, servizio attivato dall'International Maritime Bureau, una divisione dell'International Chamber of Commerce.
La stessa organizzazione fornisce numeri apparentemente rassicuranti sul trend del 2010: nei primi sei mesi di quest'anno, assalti e arrembaggi dei pirati si sono ridotti del 20% rispetto allo stesso periodo del 2009, scendendo da 240 a 196.
Eppure, secondo peacereporter.net, questa diminuzione non sarebbe dovuta all'attività di contrasto internazionale, ma ad un calo fisiologico nell'ambito di una generale riorganizzazione dell'attività piratesca.
Insomma, i filibustieri del ventunesimo secolo sono in piena trasformazione, stanno cambiando pelle. Non si sa se bevano ancora rum, ma di sicuro ormai sono coordinati da network criminali transnazionali in grado di gestirli in modo sempre più proficuo. In questo modo si spiega il più preoccupante dei fenomeni in corso: l'allargamento del raggio d'azione dei pirati professionisti.
I saccheggi? Prima in Somalia, ora in Kenya e Mozambico - Fino al 2009, le acque predilette dai pirati professionisti erano quelle del Golfo di Aden, a largo della Somalia. Su quel tratto di mare si sono concentrati i controlli delle navi militari europee, americane, russe e indiane, che nel tempo sono riuscite a creare un corridoio di sicurezza, inaccessibile alle imbarcazioni dei pirati. Il risultato? Nella zona, gli attacchi sono diminuiti del 61%.
Questo però non significa che i pirati siano stati sconfitti; si stanno semplicemente spostando. La scelta più sicura e redditizia è quella di far rotta verso sud. L'allarme pirati è così arrivato in Kenya, Mozambico, Tanzania, Botswana e perfino in Sudafrica, tanto che la Comunità per lo sviluppo dei paesi dell'Africa meridionale ha organizzato un centro per la gestione delle prime emergenze. Soltanto in Africa, secondo un rapporto del World Peace Foundation, l'area a rischio è passata da 205 mila a 2,5 milioni di miglia quadrate.