I test sulla velocità reale delle connessioni vedono il nostro Paese in fondo alla classifica europea. E, come se non bastasse, le prospettive non sono rosee
di Gabriele De Palma
Siamo stati i primi ad aver cablato in fibra ottica una grande città: Milano dall'inizio degli anni '90. A distanza di vent'anni sembra quasi impossibile. Le statistiche continuano infatti a rivelare il deprimente stato della banda larga del nostro Paese. Le ultime in ordine di tempo sono quelle diffuse da un report di Ookla, società specializzata in materia, che rivela come le velocità delle connessioni nel nostro Paese siano drammaticamente basse. Le velocità reali, si intende, non quelle dichiarate nell'abbonamento con il fornitore di connettività o ancor più negli spot pubblicitari degli stessi operatori. Altro che 20 Mega (20Mbps) o più, in Italia si scarica in media a 4 Mbps e mezzo. Una prestazione che ci vale un poco onorevole 57esimo posto in classifica incalzati dal Kazakistan e superati da Macau.
I numeri dicono che sperare di raggiungere o imitare l'infrastruttura di cui si sono dotati Paesi all'avanguardia in questo settore come la Corea del Sud, i Paesi scandinavi o l'Olanda, è ormai pura utopia. Anche nazioni partite molto dopo di noi come la Bulgaria, il Portogallo, la Repubblica Ceca vantano connessioni medie superiori ai 10 mega, che abilitano videocomunicazione e servizi evoluti dispendiosi in quanto a banda utilizzata.
E se per i nuovi entranti nelle prime posizioni della classifica si può trovare la giustificazione che chi arriva dopo nella costruzione di un'infrastruttura ha dei vantaggi su chi deve ammodernarla, bisognerà trovare nuove giustificazioni al fatto che anche Francia, Germania e Spagna stiano molto più in alto di noi. Comunque la si metta, gli altri migliorano e noi rimaniamo immobili. Se fossimo una squadra di calcio, si potrebbe dire che siamo passati dal sogno scudetto alla lotta per non retrocedere.
La realtà è ben presente alle istituzioni, che ancora il mese scorso lamentavano la frenata infrastrutturale per bocca del presidente Agcom Corrado Calabrò. La stessa Agcom ha recentemente pubblicato un rapporto sulla remuneratività di una rete in fibra ottica nazionale che, a fronte di 13 miliardi investiti, farebbe guadagnare al Paese, direttamente, 19 miliardi in dieci anni e, indirettamente, dai 50 ai 400.
Tuttavia, quei 13 miliardi iniziali bisogna trovarli. E le cifre di cui ha parlato in questi mesi il governo, 1 miliardo e 300 milioni circa, sono ben lontane da quelle necessarie. Da parte loro, gli operatori alternativi a Telecom stanno pianificando investimenti per la fibra ottica, ma senza la partecipazione dell'ex-monopolista, dicono gli esperti, nessun piano avrà molto successo.
Difficile consolarsi quindi, dovremo attendere ancora qualche anno prima che le connessioni aumentino in numero, capacità e qualità. In questo quadro triste, può sorridere solo chi in Italia vive in uno dei quattro Comuni che possono fregiarsi di velocità di connessione media superiori a 10 Mega: Acerra (Napoli), San Donato Milanese (Milano), Marghera (Venezia) e Cremona.
Siamo stati i primi ad aver cablato in fibra ottica una grande città: Milano dall'inizio degli anni '90. A distanza di vent'anni sembra quasi impossibile. Le statistiche continuano infatti a rivelare il deprimente stato della banda larga del nostro Paese. Le ultime in ordine di tempo sono quelle diffuse da un report di Ookla, società specializzata in materia, che rivela come le velocità delle connessioni nel nostro Paese siano drammaticamente basse. Le velocità reali, si intende, non quelle dichiarate nell'abbonamento con il fornitore di connettività o ancor più negli spot pubblicitari degli stessi operatori. Altro che 20 Mega (20Mbps) o più, in Italia si scarica in media a 4 Mbps e mezzo. Una prestazione che ci vale un poco onorevole 57esimo posto in classifica incalzati dal Kazakistan e superati da Macau.
I numeri dicono che sperare di raggiungere o imitare l'infrastruttura di cui si sono dotati Paesi all'avanguardia in questo settore come la Corea del Sud, i Paesi scandinavi o l'Olanda, è ormai pura utopia. Anche nazioni partite molto dopo di noi come la Bulgaria, il Portogallo, la Repubblica Ceca vantano connessioni medie superiori ai 10 mega, che abilitano videocomunicazione e servizi evoluti dispendiosi in quanto a banda utilizzata.
E se per i nuovi entranti nelle prime posizioni della classifica si può trovare la giustificazione che chi arriva dopo nella costruzione di un'infrastruttura ha dei vantaggi su chi deve ammodernarla, bisognerà trovare nuove giustificazioni al fatto che anche Francia, Germania e Spagna stiano molto più in alto di noi. Comunque la si metta, gli altri migliorano e noi rimaniamo immobili. Se fossimo una squadra di calcio, si potrebbe dire che siamo passati dal sogno scudetto alla lotta per non retrocedere.
La realtà è ben presente alle istituzioni, che ancora il mese scorso lamentavano la frenata infrastrutturale per bocca del presidente Agcom Corrado Calabrò. La stessa Agcom ha recentemente pubblicato un rapporto sulla remuneratività di una rete in fibra ottica nazionale che, a fronte di 13 miliardi investiti, farebbe guadagnare al Paese, direttamente, 19 miliardi in dieci anni e, indirettamente, dai 50 ai 400.
Tuttavia, quei 13 miliardi iniziali bisogna trovarli. E le cifre di cui ha parlato in questi mesi il governo, 1 miliardo e 300 milioni circa, sono ben lontane da quelle necessarie. Da parte loro, gli operatori alternativi a Telecom stanno pianificando investimenti per la fibra ottica, ma senza la partecipazione dell'ex-monopolista, dicono gli esperti, nessun piano avrà molto successo.
Difficile consolarsi quindi, dovremo attendere ancora qualche anno prima che le connessioni aumentino in numero, capacità e qualità. In questo quadro triste, può sorridere solo chi in Italia vive in uno dei quattro Comuni che possono fregiarsi di velocità di connessione media superiori a 10 Mega: Acerra (Napoli), San Donato Milanese (Milano), Marghera (Venezia) e Cremona.