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I terremoti più forti di sempre in Italia: dalla Val di Noto nel '600 a Messina nel 1908

Cronaca
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La Penisola è stata sin dall’antichità frequentemente interessata da eventi sismici. Grazie agli studi scientifici e alle cronache del passato, è stato possibile classificarli e conoscere approssimativamente anche il loro grado di potenza, rapportandoli alle nostre scale di misura

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Posta tra la placca euroasiatica e la placca africana, la Penisola italiana è stata frequentemente interessata da terremoti, sin dall’antichità, tanto da essere classificata come il territorio più a rischio sismico in Europa. Grazie agli studi scientifici e alle cronache del passato, è stato possibile conoscere e classificare anche grandi eventi sismici dei secoli scorsi. I sismografi, in forme rudimentali, esistono da secoli ed è quindi possibile stimare approssimativamente anche il grado di potenza di terremoti del passato, rapportandoli alle scale usate al giorno d’oggi. Ecco quali sono stati i terremoti più forti nella storia d’Italia.

Val di Noto (1693)

Il terremoto del Val di Noto del 9 e dell'11 gennaio 1693 rappresenta, insieme a quello del 1908, il più grande evento catastrofico che abbia mai colpito la Sicilia orientale. Con una magnitudo di 7,32 è considerato anche il terremoto più forte registrato in Italia e il 23esimo nella storia dell'umanità. Il sisma provocò la distruzione di oltre 45 centri abitati, causando circa 60.000 vittime. Inoltre il terremoto fu seguito da un maremoto sulle coste ioniche della Sicilia. La prima forte scossa arrivò la sera del 9 gennaio 1693, mentre l'evento principale, la scossa di 7,32 Mw, si verificò nella mattina dell’11 gennaio provocando la distruzione e l'innesco del maremoto.

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Messina (1908)

È considerato uno degli eventi sismici più catastrofici del XX secolo. Il terremoto, di magnitudo 7,1 Mw, accadde il 28 dicembre 1908 e danneggiò gravemente le città di Messina e Reggio Calabria in una durata di 37 secondi. Morirono tra le 75.000 e le 82.000 persone. Si tratta della più grave catastrofe naturale in Europa per numero di vittime. L'epicentro fu registrato nel comune di Reggio Calabria e fu seguito da un maremoto, che devastò particolarmente Messina. La catastrofe viene ricordata da Salvatore Quasimodo nella poesia “Al padre”: il poeta, che all'epoca aveva 7 anni, si trasferì a Messina con la famiglia perché il padre capostazione fu trasferito lì a dirigere il traffico ferroviario.

Italia centro-meridionale (1456)

Il terremoto dell'Italia centro-meridionale del 5 dicembre 1456, con una magnitudo stimata di 7,1, vide i suoi suoi effetti distruttivi e micidiali estesi a gran parte dell'Italia centrale e meridionale. Il sisma, verificatosi alle 3 del mattino e avvertito finanche in Toscana e Sicilia, fu localizzato nel distretto sismico dell'Irpinia. Un maremoto, provocato dallo scuotimento delle acque marine entro il bacino del golfo di Taranto, investì la costa ionica pugliese. Alla scossa principale seguirono numerosissime repliche. La lunga successione sismica devastò interamente 5 delle attuali 20 regioni italiane (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia e Basilicata) mentre altre 2 furono parzialmente danneggiate (settore est del Lazio e settore nord della Calabria). È stato stimato che le vittime del terremoto furono tra le 20.000 e le 30.000.

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Basilicata (1857)

Il terremoto della Basilicata del 1857 si verificò il 16 dicembre. Il sisma, con epicentro Montemurro e con una magnitudo di 7,1, fu avvertito fino a Terracina. Si scatenò con due intense scosse a distanza di pochi secondi l'una dall'altra, in tarda serata. Il terremoto devastò la Basilicata, in particolar modo la Val d'Agri, provocando diverse migliaia di vittime: circa 11.000 secondo le cronache dell’epoca.

Calabria (1783)

Nel 1783 un'intensa sequenza sismica tra il 5 febbraio e il 28 marzo colpì l'area dello stretto di Messina e la Calabria meridionale, culminando con 5 forti scosse che raggiunsero una magnitudo di 7. Fu la più grande catastrofe che colpì il Mezzogiorno nel XVIII secolo e causò moltissimi danni, radendo al suolo le città di Reggio e Messina e provocando maremoti. La scossa più forte fu quella del 28 marzo, di magnitudo 7 con epicentro fra i comuni di Borgia e Girifalco. Il numero dei morti è stimato intorno alle 50.000 persone e i danni furono incalcolabili.

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Calabria (1638)

Il 27 e 28 marzo 1638 un terremoto colpì la Calabria con scosse di magnitudo tra 6,8 e 7,1. Documenti di archivio e opere di storiografia del XVII secolo hanno permesso di ricostruire la sequenza degli eventi, mostrando tre scosse principali che hanno comportato la distruzione di oltre 100 villaggi e la morte di un numero di persone stimato fra 10.000 e 30.000.

Sannio (1688)

Il terremoto del Sannio del 1688, avvenuto il 5 giugno, la vigilia della Pentecoste, ha provocato forti danni ai territori nell'attuale provincia di Benevento. La scossa principale, preceduta da una serie di scosse molto lievi, fu di magnitudo di 7. Una fra le testimonianze del sisma proviene da Pietro Francesco Orsino, nel 1724 diventato Papa Benedetto XIII, che descrive il terremoto nelle sue memorie. Le vittime furono circa 10.000.

Avezzano (1915)

Il 13 gennaio 1915 un terremoto devastò la regione della Marsica, in Abruzzo, e le aree limitrofe del contemporaneo Lazio. È ricordato come terremoto di Avezzano. Tra i più forti eventi sismici, è anche il quarto tra i terremoti più disastrosi in Italia. Secondo il servizio sismico nazionale causò oltre 30.000 morti. La sua magnitudo fu stimata in 7 Mw. Avezzano, situata nell'area epicentrale, fu quasi completamente rasa al suolo.

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Calabria (1905)

Il terremoto della Calabria del 1905 devastò l’area tra Cosenza e Nicotera durante la notte tra il 7 e l'8 settembre 1905. Il sisma ebbe una magnitudo di 7,06 e provocò 557 vittime, la maggior parte nell'area del promontorio di Capo Vaticano.

L’Aquila (1703)

Conosciuto come il Grande Terremoto, il sisma dell’Aquila del 1703 è stato un insieme di eventi sismici verificatisi nell'alta valle dell'Aterno e nell'intera parte settentrionale dell'Abruzzo Ulteriore. La prima grande scossa si verificò il 14 gennaio ed ebbe una magnitudo di 6,8. Un secondo evento si verificò il 2 febbraio, giorno della Candelora, e si stima che abbia avuto una magnitudo momento di 6,7. L'Aquila venne rasa al suolo, con danni gravissimi al suo patrimonio artistico e architettonico. Nel complesso, l'intera crisi sismica fece registrare quasi 10.000 vittime.

Maiella (1706)

Il 3 novembre 1706, a soli tre anni dal Grande terremoto, si verificò sempre in Abruzzo il terremoto della Maiella. È classificato come uno dei più disastrosi terremoti italiani e il più grande tra quelli che hanno interessato la Valle, con una magnitudo di 6,6. L'epicentro è stato localizzato sul versante aquilano della Maiella, precisamente a Campo di Giove, a circa 15 km a est di Sulmona. Tutta la regione era ancora in difficoltà dopo i crolli e la devastazione causata dal terremoto aquilano del 1703, appena tre anni prima. I danni maggiori furono in Abruzzo, specialmente in Valle Peligna. Gravi danni si registrarono anche nel Lazio e nel Molise.

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