Pulizie o costruzioni? Se gli stereotipi di genere nei giocattoli influenzano i bambini

Cronaca
Giulia Mengolini

Giulia Mengolini

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Rosa contro azzurro, giochi sull'accudimento contro esperimenti scientifici: i prodotti dell'infanzia sono fortemente connotati in base al genere e possono portare bambini e bambine a sviluppare determinate skills. Se in California una legge stabilisce l'obbligo di un reparto neutro nei grandi negozi, "in Italia ne abbiamo paura", spiega la sociologa Ghigi, "ma non esiste correlazione diretta tra gusti del gioco e orientamento sessuale". Store come LíLá Toys a Firenze provano a rendere plurale la rappresentazione

Negozio di giocattoli a Milano, febbraio 2024. In una corsia salta all’occhio la confezione di un carrello delle pulizie con a fianco la fotografia di una bambina bionda e sorridente. Di fianco a lei una scopa elettrica. Subito sotto, i "corrispettivi" maschili, uno accanto all’altro: un trattore e un drago da costruire. Gli stereotipi di genere nei giocattoli ancora oggi resistono: le bimbe associate al rosa e alla cura della casa, all’accudimento, i bimbi al colore azzurro, agli esperimenti scientifici e alla manualità. Diverse ricerche dimostrano che sia genitori che non genitori tendono a comprare giocattoli influenzati e guidati da questi stereotipi, in particolare per quanto riguarda i maschi. Ma che influenza possono avere sui bambini e le bambine le proposte che facciamo loro, abituandoli e abituandole a quelli che secondo “le regole” sociali dovrebbero essere i giochi adatti al loro genere? Per offrire un'alternativa alla contrapposizione giochi da maschi vs giochi da femmine, recentemente in California è stata varata una legge statale che obbliga i principali rivenditori specializzati ad avere corsie di giocattoli gender-neutral, dove cioè i giochi non hanno una connotazione prettamente "maschile" o "femminile". Il deputato Evan Low ha raccontato di aver presentato la proposta di legge ispirato da una bambina di otto anni che ha sollevato una domanda: “Perché un negozio dovrebbe dirmi qual è la maglietta o il giocattolo per una bambina?“.

La sociologa Ghigi: "Siamo noi adulti a porre limiti"

“Ancora oggi ci collochiamo in un contesto di continua genderizzazione dei prodotti che sono legati all’infanzia, soprattutto nella grande distribuzione”, dice a Sky TG24 la sociologa Rossella Ghigi, responsabile del Centro Studi sul Genere e l'Educazione dell’Università di Bologna. “Partiamo da un assunto: ogni giocattolo stimola una determinata area del cervello - dal linguaggio alla creatività - quindi se diamo a un soggetto un gioco di un certo tipo, svilupperà determinate skills e non altre”. Alcuni esperimenti fatti negli Anni ’70 e riproposti recentemente in un documentario della BBC ("No more boys and girls”) dimostrano come siamo noi adulti a relazionarci con bambini e bambine avendo in testa quelli che dovrebbero essere i loro gusti e le loro attese, come il rosa e l’azzurro, per esempio”. Ponendo quindi in loro dei limiti, spiega Ghigi, “mentre invece più è vario il materiale che mettiamo a disposizione, più stimoleremo nei bambini e nelle bambine competenze diverse”.

"La paura del gender neutral? Ha origini omofobe"

E se in California vediamo l’obbligo di una corsia di giochi gender neutral, da noi fanno ancora paura. “Giochi genderless destano grande preoccupazione”, osserva la sociologa, ma qual è il motivo? “Questa paura ha un forte sottotesto: temiamo che il bambino o la bambina scelga il gioco associato al genere “opposto” per via di una forte omofobia di fondo”. Non solo: “Pensiamo che addirittura possa stimolare un orientamento che non sia quello eterosessuale, e questo ci fa paura”. Un timore che riguarda più i maschi, osserva l'esperta: “Ci spaventa di più vedere un bambino che gioca con oggetti rosa che non bambina che gioca con oggetti azzurri”, perché la mascolinità che costruiamo nel nostro immaginario è profondamente eterosessualizzata. Ma si tratta di una paura infondata, spiega Ghigi: “Moltissimi studi hanno confermato che non c’è alcuna correlazione diretta tra gusti del gioco e orientamento sessuale. E comunque, che male ci sarebbe?”.

Rappresentare entrambi i generi nelle confezioni

In un mondo ideale privo di costrutti legati al genere, la soluzione migliore sarebbe quella di affiancare sia il bambino che la bambina nel packaging del gioco (sia un carrello delle pulizie o un gioco con le costruzioni), oppure omettere l'immagine di entrambi, non suggerendo quindi a quale genere si rivolge. Un approccio contro gli stereotipi adottato oggi da pochissimi negozi, come lo store LìLà Toys di Firenze. Nella grande distribuzione questa attenzione è ancora molto lontana, e intanto, osserva la sociologa, “il gioco neutro – quello non connotato da colori e non intriso di stereotipi – può essere quindi una buona soluzione”, anche se adibire un reparto ad hoc, anziché includere, non fa che cristallizzare il maschile e il femminile.

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LíLá Toys, il negozio senza stereotipi di genere

"Nel nostro negozio scegliamo un tipo di giochi che punti più al tipo di attività che al genere”, ci spiega il proprietario di LíLáToys Mauro Scopelliti, descrivendo l’approccio "più montessoriano", di stimolo della creatività e della psicomotricità. “Facciamo un lavoro ricerca sul packaging evitando i riferimenti al rosa e all’azzurro, attenzione sempre più richiesta dai genitori di oggi. E anziché rappresentare il bambino o la bambina, tendiamo a non rappresentare nessuno dei due o a entrambi”, spiega. La scelta di tutti i prodotti è volta all’inclusività, di genere ma non solo: “Facciamo una selezione che preservi dagli stereotipi”, spiega: "In negozio abbiamo una cucina rosa, dove ci sono sia il bambino che la bambina che giocano. E il bambino ha la pelle nera, lo stesso vale per alcune delle bambole di pezza che vendiamo, per dare la possibilità a ogni bambino o bambina di riconoscersi”. Capitano comunque clienti che entrano in negozio che cercano un regalo per una bambina e chiedono "qualcosa di rosa, di principesco", racconta Scopelliti. "Quando succede cerchiamo di proporre alternative, far capire che l’importante è trovare il gioco più adatto per quella bambina, in base ai suoi gusti, alla sua personalità". Un gioco che anche se dovesse essere azzurro o verde, non dovrà farla sentire "sbagliata".

Le bambine devono "piacere e accudire"

Al di là dei giochi legati all’accudimento – dal ferro da stiro alla cucina – spiega ancora la sociologa Ghigi, “oggi si propone alle bambine di diventare amanti della moda e della bellezza”. La scrittrice Elena Gianini Belotti, autrice dello storico saggio di pedagogia Dalla parte della bambine sosteneva già nel 1973 che “alle bambine si insegna a piacere e accudire”, e in parte è ancora così. “Possiamo constatare un’apertura a diverse professioni e all’esplorazione nei confronti del femminile, molto più difficile è invece avvicinare i bambini al mondo dell’accudimento, a loro insegniamo la prestazione”. Per cercare uscire dalle logiche di questi stereotipi, propone, non dovremmo chiederci cosa possiamo fare con le differenze, ma contro la disuguaglianza di genere. “In Italia il lavoro di cura ricade sulle spalle delle donne nel 70 per cento dei casi anche quando lavorano” e quando accade agli uomini chiediamo se “vogliono fare il mammo”, rafforzando quelle differenze. “Uguaglianza non significa essere identici, ma avere accesso a uguali possibilità”.

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Little girl cleaning up the toy box at home. Child's space organization.
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