È il 20 febbraio 1979 quando nella sua Trieste muore "El Paron", uno dei più grandi allenatori di sempre, il primo a vincere la Coppa dei Campioni con una squadra di Serie A. Una carriera inimitabile quella di un uomo buono nascosto nei panni di un burbero e schietto
Il 20 febbraio 1979, esattamente 40 anni fa, moriva Nereo Rocco, una delle icone del calcio italiano. "El Paron" ("Il Padrone" in dialetto friulano), questo il suo soprannome, fu – tra gli anni ’50 e gli anni ’70 – un vero innovatore: anche se non gli piacque mai questa attribuzione, è a lui che gli storici dello sport associano l’invenzione del cosiddetto "catenaccio", quel modo di giocare che come prima regola aveva quella di "distruggere tutto quello che si muove in area" e come seconda quella di marcare il centravanti avversario avendo le spalle protette da un uomo chiamato "libero". Riformatore o meno, Rocco fu soprattutto un vincente e un uomo buono che vestì i panni di un allenatore burbero e schietto.
Le origini e l’esordio da calciatore
Nereo Rocco nasce a Trieste il 20 maggio 1912 e proprio in questa città abita sostanzialmente per tutta la vita con la moglie Maria Berzin e i figli Bruno e Tito. La sua è una famiglia agiata di origine austriaca, il nome originale sarebbe Roch, ma viene cambiato all’anagrafe in Rocco nel 1925: ai tempi del fascismo era proibito avere un cognome straniero se si voleva lavorare. Prima di diventare l’allenatore italiano più vincente di sempre, Rocco comincia la sua carriera da calciatore con la Triestina. Il 6 ottobre 1929 arriva anche l’esordio in Serie A contro il Torino durante una partita persa per 1-0. Diventa titolare a 18 anni, occupando il ruolo di mezz'ala e gioca con la squadra della sua città per otto stagioni, fino al 1937, totalizzando 232 partite con 66 reti. Lasciata Trieste, passa al Napoli per 160mila lire e con i campani gioca 52 match, segnando sette gol. La sua carriera di calciatore professionista termina al Padova, in Serie B, disputando 47 partite e siglando 14 reti. In totale, Rocco gioca in A 287 gare in 11 campionati, segnando 69 gol. Da calciatore vanta anche una partita in Nazionale, nel 1934, a Milano contro la Grecia. Il triestino è anche tra i possibili convocati per il Mondiale, poi vinto dagli azzurri, del 1934, ma non risulta nella lista definitiva.
Gli inizi da allenatore della Triestina
Nonostante un’ottima carriera da calciatore, i veri successi arrivano da allenatore. Nel 1947 c’è lui sulla panchina della Triestina che conclude il campionato di Serie A al secondo posto: un piazzamento straordinario alle spalle del Grande Torino. È il periodo in cui gli viene dato il soprannome di "El Paron". Dopo due stagioni passa al Treviso, in Serie B, prima di essere richiamato alla guida della Triestina in A, dove però viene esonerato nel corso della stagione 1953-1954. Viene allora ingaggiato dal Padova in B: Rocco porta la squadra alla salvezza, poi alla promozione e nella stagione 1957-1958 addirittura al terzo posto. È l’anno in cui il Milan si accorge del suo talento in panchina e decide di affidargli i rossoneri per il campionato 1961-1962. Intanto, nel 1960, con Paolo Todeschini allena la Nazionale olimpica, arrivata al quarto posto alle Olimpiadi di Roma.
Il grande Milan di Rocco
Con un giovanissimo Gianni Rivera in campo, Nereo Rocco vince lo Scudetto già nel campionato d’esordio al Milan. Nella stagione successiva, quella 1962-1963, diventa il primo allenatore a trionfare in Coppa dei Campioni con una squadra italiana: i rossoneri battono a Wembley il Benfica del fuoriclasse Eusebio grazie alla doppietta di José Altafini. Dopo il successo internazionale si trasferisce al Torino per tre stagioni salvo poi tornare, nel 1967-1968, al Milan con il quale conquista nuovamente lo Scudetto e, nello stesso anno, la Coppa delle Coppe. La stagione seguente, nel 1969, arriva la seconda Coppa dei Campioni vinta in finale contro l’Ajax di Cruijff grazie a una tripletta di Pierino Prati. Un successo che porta il Milan a giocare (e vincere) un’altra finale memorabile: quella dell’Intercontinentale contro gli argentini dell’Estudiantes. Dopo aver guidato i rossoneri per altre tre annate, vincendo ancora una Coppa delle Coppe nel 1972-1973 e la Coppe Italia nel 1971-1972 e nel 1972-1973, l'allenatore triestino lascia il Milan nel febbraio del 1974 per divergenze mai del tutto chiarite con la dirigenza. Passa poi alla Fiorentina dove ottiene un ottavo posto ma lascia dopo una sola stagione. Ricopre successivamente il ruolo di direttore tecnico nel Padova e per due stagioni nel Milan, per poi tornare in panchina nel 1977 quando vince la Coppa Italia. In totale, ha allenato in Serie A 787 partite vincendo dieci trofei ufficiali (due Campionati, tre Coppe Italia, due Coppe dei Campioni, due Coppe delle Coppe, una Coppa Intercontinentale) col Milan di cui è, ancora oggi, l'allenatore più vincente della storia.
La figura leggendaria di Nereo Rocco
Per quello che ha dato al calcio italiano Nereo Rocco è un'autentica istituzione, a Trieste ma non solo. Basti pensare che lo stadio della città friulana è intitolato a lui con all'ingresso della tribuna Pasinati un suo mezzo busto. E una statua che lo ritrae con la mano a coprire gli occhi dal sole campeggia anche a Milanello, il centro d'allenamento del Milan. Al di là dei successi in campo, Roccoè stato un grande personaggio soprattutto fuori dalla sua panchina: un uomo apparentemente burbero ma in realtà estremamente buono e simpatico, tant’è che alcune delle sue frasi sono poi passate alla storia, come per esempio "El calcio xe semplice: uno in porta e 10 fora". Memorabile anche la battuta detta quando allenava la Triestina, prima di un match in cui avrebbe dovuto affrontare una squadra molto più forte: nel momento in cui gli venne augurato "vinca il migliore", lui ribattè "speremo de no...". Sul "Paron" sono stati scritti numerosi libri e da quello del giornalista-scrittore Paolo Marcolin è stata anche tratta una commedia dal titolo senza sottintesi "Cio' mone xe solo futbol", come dire: "Tranquilli ragazzi è solo calcio".