Morto a 81 anni nel 2016, Patti inizia la carriera come venditore ambulante. La parabola dell’ex proprietario della Valtur si conclude con il sequestro dei suoi beni perché sospettato di essere il prestanome del boss Messina Denaro
Negli anni Sessanta parte da Castelvetrano dove, per sua stessa ammissione, né lui né suo padre avevano da mangiare. Dopo 50 anni possiede un patrimonio di oltre 1 milione e mezzo di euro. E' la parabola di Carmelo Patti, patron dell'ex Valtur, deceduto a 81 anni nel gennaio 2016, ai cui eredi la Dia ha confiscato beni quali 25 società, villaggi turistici, un'imbarcazione di 21 metri, appezzamenti di terreno, immobili e disponibilità bancarie sulla base di un provvedimento emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Trapani. Le indagini hanno infatti consentito di fare luce sui "legami di Patti con numerosi personaggi contigui ovvero organici alla famiglia mafiosa di Castelvetrano, capeggiata dal latitante Matteo Messina Denaro".
Le origini
Tre figli, cavaliere del lavoro e, prima dei problemi con la giustizia, stimato e ricchissimo industriale. Carmelo Patti comincia la sua scalata nell'imprenditoria da venditore ambulante. A 26 anni si trasferisce con la moglie e le prime due figlie (il terzo, Gianni, nascerà dopo), Maria Concetta e Paola, da Castelvetrano (Trapani) a Robbio (Pavia), assunto come operaio alla Philco. Successivamente apre la propria attività: la Cablelettra, specializzata nella fabbricazione di cavi elettrici. Negli anni Settanta, l’azienda acquista la Philco e si trasferisce nel suo ex stabilimento. Col tempo, la Cablelettra diventa una multinazionale, con diverse sedi in Italia (dove vendeva cablaggi elettrici e componenti elettronici per auto soprattutto alla Fiat) e nel mondo. Nel 1997 è ormai un ricco imprenditore e acquista la Valtur, acronimo di “Valorizzazione Turistica”. Il gruppo alberghiero diventa il quarto per importanza in Italia, fino al 2011, anno in cui iniziano i guai per la Valtur e il suo patron.
Il maxi sequestro di 5 miliardi
Indagato fin dal 2000, Patti viene messo sotto la lente della dda palermitana, che ne sospetta i legami con la mafia. Contemporaneamente è sotto indagine anche per falso in bilancio, nella procura di Marsala. In quel periodo, il cavaliere del lavoro si dimette dalla Gesap, la società che gestisce l'aeroporto palermitano dov'era stato indicato dall'allora sindaco Leoluca Orlando. Ma i suoi guai con la giustizia sono solo all’inizio. Nel 2012 la direzione investigativa antimafia di Trapani chiede il sequestro preventivo del patrimonio di Patti, del valore di circa 5 miliardi di euro. L’imprenditore è accusato di avere rapporti con i boss di Castelvetrano, la famiglia del latitante Matteo Messina Denaro (in particolare il padre, Francesco, e lo stesso Matteo). Gli inquirenti lo ritengono infatti uno dei più prestigiosi riciclatori e fiancheggiatori a disposizione del capomafia Matteo, di essere quindi il suo prestanome. Il sequestro del 2012 porta all’amministrazione straordinaria della Valtur e poi alla sua crisi, con il fallimento e la vendita del marchio avvenuti definitivamente nel 2018.
Uomini legati alla mafia
Gli affari milionari dell’imprenditore, secondo gli inquirenti, nascondevano il cerchio ristretto dei fedelissimi di Messina Denaro. A partire da Michele Alagna, commercialista di 58 anni, stretto collaboratore di Patti e amministratore di una delle sue società. Ma Alagna non era solo questo. Il commercialista era di fatto il “cognato” del boss latitante, essendo fratello di Francesca, compagna di Messina Denaro e madre di quella figlia alla quale il capomafia si riferisce in un pizzino scrivendo "non l'ho mai vista". Patti dirà poi ai giudici trapanesi che lo indagano di essersi "fidato ciecamente di Alagna" che aveva "conosciuto casualmente da un barbiere".
I guai con la giustizia
Carmelo Patti è stato imputato in numerosi processi per evasione fiscale, fatture false e altri reati tributari da cui è stato però assolto. Nel 2000 la Procura di Marsala chiese l'arresto per Patti, Alagna e altri amministratori delle società ma il Tribunale rigettò la richieste. Per quanto riguarda i rapporti con la criminalità organizzata, tra i suoi principali accusatori vi è l'ex mafioso diventato collaboratore Angelo Siino. “Aiutava ed era aiutato da Cosa nostra e dalla sua ha anche il fatto di essere un massone”, ha detto di lui Siino. Ma nell'entourage di Patti si diceva che Siino lo accusava per contrasti che lui aveva avuto con Nina Bertolino, proprietaria della distilleria di Partinico e cognata del pentito. Oltre a Siino, un altro pentito illustre di Cosa Nostra ha parlato di Patti. "Stu discorso della Valtur l'abbiamo noi nelle mani": sarebbe questa la confidenza che l’allora boss Bernardo Provenzano ha fatto al futuro pentito Nino Giuffrè, poi riportata agli inquirenti.
Il procedimento continua
Dopo sei anni dall’inizio del procedimento di sequestro preventivo, e dopo due dalla morte di Patti, sono emerse nuove rivelazioni che hanno portato all’ulteriore confisca dei beni della famiglia dell’imprenditore. Tra queste, un dato emerso nell'indagine dei pm di Caltanissetta su Antonello Montante, l'ex paladino dell'antimafia e presidente di Confindustria Sicilia arrestato alcuni mesi fa. Un testimone ha raccontato infatti di un "una borsetta a soffietto, come quella che usano i medici" "piena di soldi in banconote da piccolo taglio", consegnata nel 2001 da Montante a Paola Patti, figlia di Carmelo.