L'attivista Nino Rocca: "Oggi per Gaza come ieri per il Vietnam"

Nino Rocca, classe 1948, è un volontario e attivista palermitano. Professore, oggi in pensione, di storia, filosofia e psicologia, da sempre impegnato nel sociale, attivo nei quartieri a rischio a fianco degli ultimi, dalla lotta per le famiglie senza casa a quella contro il crack, in prima linea nelle battaglie per i diritti e per l’umanità. A 77 anni ha deciso di imbarcarsi con la seconda ondata della Global Sumud Flotilla, che trasporta tra l’altro anche un ospedale galleggiante che vorrebbe raggiungere Gaza, dove gli ospedali sono stati bombardati e distrutti. Era partito da Otranto ma il suo viaggio, come quello dell’equipaggio della barca a vela su cui si trovava, ha dovuto interrompersi dopo dieci giorni in mare, a causa di un guasto; la barca è rimasta a Cipro e lui è tornato a casa con il rammarico di non esser riuscito a completare la missione. “Una missione umanitaria e una grande azione politica con l’obiettivo di contribuire a costruire la pace”, cosi definisce questo viaggio faticoso, impegnativo per una persona alla sua età. “Ma non ero io il più anziano, a bordo di altre barche c’erano due attivisti di 86 anni”, dice cominciando, con un sorriso, l’intervista su una terrazza che domina i tetti della Palermo antica, dove sui balconi si vedono sventolare ogni giorno sempre più numerose bandiere della Palestina e dove riecheggia l’eco delle decine di migliaia di persone che hanno sfilato nei cortei a sostegno della Flotilla e in solidarietà alla popolazione di Gaza stremata dalle bombe e dalla fame a cui Israele, bloccando gli aiuti umanitari, ha costretto i civili. “60mila persone uccise tra cui 20 mila bambini: una strage quotidiana a cui non è possibile assistere inermi”, dice spiegando le ragioni che lo hanno spinto ad unirsi alla flotta civile nonostante l’età e i rischi. “Alle missioni difficili e rischiose lui non è nuovo, negli anni ’90 ha partecipato a un progetto umanitario contro il genocidio in Ruanda e alla lunga marcia pacifista nella ex Jugoslavia. È giusto dire che sulle barche della Flotilla è rappresentata una parte della società civile? Oltre a operatori umanitari e cooperanti ci sono insegnanti, medici, giornalisti, pensionati… Sì, ci sono persone esperte di navigazione e ci sono persone comuni spinte dal desiderio di dare in contributo per la pace indipendentemente dal colore politico e dalla appartenenza a un gruppo sociale. Persone che non riuscivano più a restare immobili di fronte a un genocidio che per la prima volta nella storia si consuma davanti a tutto il mondo, con 20 mila bambini uccisi e chissà quanti altri ancora sotto le macerie. Si è creato un fenomeno che ha un solo precedente nella storia, la mobilitazione per il Vietnam negli anni ’70. E questa è stata già definita “la generazione di Gaza”. Un movimento che si oppone al tentativo di Israele di calpestare i diritti umani e delegittimare il diritto internazionale e le leggi della Corte penale internazionale nell'indifferenza generale della maggior parte dei Paesi che stanno lasciando il mondo in balìa della legge del più forte, della legge delle armi. Ecco perché abbiamo creduto che fosse importante contribuire, ognuno secondo le proprie possibilità. Bisogna capire che la situazione di Gaza riguarda tutti, è emblematica di quello che può diventare il mondo se i rapporti tra le nazioni vengono gestiti in virtù di questa legge della giungla. Occorre invece restituire il potere ai diritti umani e internazionali che devono regolare i rapporti tra nazioni, senza i quali il mondo sarà un inferno per le nuove generazioni. Ecco perché una enorme massa di persone sta prendendo coscienza e si sta mobilitando, nelle piazze come in mare. Come replica alle parole della presidente del Consiglio secondo cui la Flotilla non aveva intenzioni reali di portare aiuti ma di creare problemi al governo italiano? È un’accusa falsa. Noi abbiamo agito nella massima legalità, secondo il diritto internazionale. Lo scopo della Flotilla e del vento di contestazioni è di bloccare il genocidio, aprire un corridoio umanitario per consentire a chiunque di aiutare questo Paese alla deriva e ristabilire il diritto internazionale per costruire la pace. I suoi compagni che sono stati fermati dall’esercito hanno raccontato di abusi e violenze subiti nei giorni di prigionia. Cosa ha provato? È assurdo. Il governo avrebbe dovuto non solo proteggere noi ma condannare questi atti di violenza di un Paese che ha commesso un'azione illegittima, attaccando le barche in acque internazionali . Israele sta commettendo un genocidio e il mondo sta sdoganando la peggiore tra le violazioni dei diritti umani. Questa sottomissione a Israele, solo perché è un Paese potente economicamente e militarmente, significa aver ceduto a una visione della realtà in cui quello che conta sono solo le armi e il potere economico. Ripeto, non è il mondo che vogliamo. Questo porterà sempre più Paesi verso la dittatura, un processo già in corso in Israele e Stati uniti e su questo solco si sta, ahimè, muovendo l’Italia. Gli italiani hanno capito che questo è un vero pericolo per la nostra democrazia e il nostro futuro e questo vento della contestazione è quello che sta spingendo le barche della Flotilla. Il nostro governo e gli altri Paesi che hanno avuto un atteggiamento di indifferenza o complicità hanno scelto la via sbagliata, quella di riarmarsi per contrastare l’eventuale nuovo nemico. Questo non è il mondo che vogliamo lasciare ai nostri figli e ai nostri nipoti. Vogliamo il mondo che abbiamo imparato a costruire dopo le grandi guerre del 1900, un mondo in cui i rapporti tra le nazioni sono regolamentati dal diritto internazionale e rispettano i diritti umani. La pace, va di pari passo con la giustizia... Sì. E io spero che si dia la possibilità alla Corte penale Internazionale di aprire una nuova Norimberga e condannare tutti i soggetti che hanno commesso crimini contro l’umanità e questo vale per Hamas e vale per Israele che sta commettendo un genocidio nei confronti di un popolo del tutto inerme. Deve essere la Corte a stabilire le responsabilità. E lancio qui una proposta. Il Nobel per la pace a tutti i bambini palestinesi che sono morti e a quelli che stanno sopravvivendo a questo genocidio.

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Raffaella Daino