Mancano i dati, restano le storie: mappare le vittime della polizia

L’Italia non produce dati che possano aiutare a capire quante persone sono morte durante le operazioni delle forze dell’ordine, che si tratti di arresti o blocchi stradali. La prima mappatura, con casi che partono dal 2000 a oggi, l’ha creata Luigi Mastrodonato, giornalista che si occupa da anni di questioni legate alle carceri e alle situazioni di fragilità nel nostro paese. Secondo un’inchiesta di Civio, media spagnolo, in Europa tra il 2020 e il 2022 almeno 488 persone sono morte in custodia o in operazioni di polizia nei 13 paesi europei che pubblicano dati o li hanno forniti alla redazione. Tra questi, l’Italia non c’è. Mastrodonato ha studiato il lavoro di Civio e ha provato a cercare informazioni sul nostro paese, ma non ne ha trovate. È quello che succede a molte persone che provano a far luce su abusi di potere da parte delle istituzioni nel nostro paese: i dati non ci sono, non vengono raccolti, o non vengono pubblicati. Violenza ospedaliera, violenza ostetrica, abusi negli ospedali, nelle carceri o nelle questure : queste situazioni non sono monitorate a livello istituzionale. Non solo da questo governo, nessuno si è mai interessato. Malapolizia I dati prodotti da Mastrodonato nella sua mappa, che ha chiamato “Malapolizia”, si riferiscono ai decessi avvenuti dal 2000 al 2025 durante fermi e controlli delle forze dell’ordine, e per ora ne ha contati 67. La maggioranza sono uomini, e circa la metà di origine straniera. Le donne sono solo due: c’è la storia di Marinella Murati, 39enne con problemi psichici, che muore il 3 novembre 2023 a Pavia durante un fermo di polizia locale all'interno di una chiesa, e Serena Mollicone, 18 anni, viene uccisa il 3 giugno 2001 ad Arce nella caserma dei carabinieri durante una colluttazione. Il caso era stato archiviato, ma riaperto proprio nel marzo di quest’anno, per una decisione della Cassazione. “Ho iniziato a raccogliere queste storie cercando sui motori di ricerca, con parole chiave nella cronaca, tra battaglie legali e mobilitazioni sociali, e poi confrontandomi con i siti e i social di associazioni che se ne occupano, come Antigone, Osservatorio Repressione, Stefano Cucchi onlus e Acad, l’Associazione contro gli abusi in divisa”, racconta Mastrodonato. “In particolare, ho poi lavorato con Osservatorio Repressione che ha fatto un controllo sui miei dati incrociandoli con le loro fonti interne, per renderlo il più completo possibile. Infatti mi hanno segnalato altri casi che mi erano sfuggiti e sicuramente quello che ho contato rappresenta solo la punta di un iceberg”. La Francia è leader Anche la redazione di Civio scrive che il numero effettivo di decessi nei paesi analizzati potrebbe essere più alto, perché i dati forniti sono incompleti. Nell’indagine emerge che la Francia ha le cifre assolute più alte, con 105 morti in custodia cautelare o nelle operazioni di polizia tra il 2020 e il 2022. Seguono l'Irlanda, la Spagna e la Germania, rispettivamente con 71, 66 e 60 morti. Guardando i dati in base alla popolazione, l'Irlanda è il paese con il maggior numero di decessi pro capite: 1,34 decessi ogni 100.000 abitanti in quel periodo di tempo, rispetto allo 0,14 della Spagna o allo 0,06 del Portogallo. Già nel 1991 le Nazioni Unite avevano raccomandato ai vari paesi membri di fornire informazioni pubbliche su tutti i decessi legati alla polizia. Il Portogallo ha iniziato a pubblicarle nel 1997, la Danimarca nel 2012, l'Irlanda nel 2008 e la Francia solo nel 2018. Alcuni stati come i Paesi Bassi riportano solo i casi che finiscono nelle indagini della procura, mentre l'agenzia svedese di medicina legale riporta i decessi che attribuisce a qualsiasi azione di polizia, mentre il suo corpo di polizia riporta i decessi dovuti a sparatorie . In questo caos informativo è difficile mettere a confronto le varie situazioni di paese in paese e capire somiglianze e differenze, ed evitare nuovi casi. L'Italia L’Italia non pubblica nemmeno i dati sulla profilazione razziale da parte della polizia, cioè tutte quelle azioni delle forze dell’ordine che coinvolgono soprattutto persone razzializzate e che determinano un uso eccessivo della forza e altre violazioni dei diritti umani. Eppure proprio a fine dicembre 2024 un rapporto dell’Alto commissariato dell’Onu per i diritti umani aveva evidenziato l’adozione sistematica della profilazione razziale come base per i controlli d’identità, per i fermi e le perquisizioni da parte delle forze dell’ordine in Italia, con la presunzione che la persona non sia cittadina italiana o abbia comportamenti criminali. Per Amnesty “fermare e perquisire un individuo quando l’unico o il principale motivo per farlo è l’origine etnica o la religione equivale a una discriminazione diretta”, ma nelle forze dell’ordine in Italia il dibattito su questo tema è assente. Non stupisce dunque che circa il 40% delle persone fermate e uccise nel database di Mastrodonato sia di origini straniere. Il Regno Unito “Il Regno Unito pubblica un dataset completo, accessibile, della profilazione razziale”, dice Mastrodonato, “mentre da noi non è possibile nemmeno sapere se i dati esistono oppure semplicemente non sono pubblici. Non ci sono indagini interne e manca da sempre trasparenza per quanto riguarda le operazioni delle forze dell’ordine“. Per ora il lavoro del giornalista consiste in una mappa, con i 67 punti dei casi ritrovati, e le storie associate alla notizia che li riguarda. Una visualizzazione che restituisce in modo potente il fatto che gli abusi di potere delle forze dell’ordine e le loro conseguenze sono distribuite in tutto il nostro territorio, da nord a sud, da est a ovest: “Ho fatto una mappa perché mi sembrava il modo migliore, più popolare, per capire la portata del fenomeno, anche per chi non ha dimestichezza con dati e statistiche, e l’utilità è anche raccogliere nuove storie, come mi è già capitato”, conferma Luigi Mastrodonato. Il giornalista vuole comunque avanzare nell’elaborazione dei dati, “per capire in quali casi di fermo si rischia di più, che caratteristiche hanno le vittime, quali sono le forze dell’ordine più coinvolte, che tipo di morte è avvenuta”. Ma intanto c’è una mappa. Un punto di partenza, per colmare un vuoto informativo e stimolare, si spera, una maggiore trasparenza e consapevolezza sul tema.

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