Fine vita, avvocatura dello Stato: "Non esiste diritto al suicidio"

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Si è espresso così Ruggero Di Martino al palazzo della Consulta in rappresentanza della presidenza del Consiglio. "Qui si sta parlando di una norma penale che tutela il diritto alla vita in modo adeguato", ha detto l'avvocato in merito all'articolo 580 del codice penale

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No al diritto al suicidio. Questa la posizione espressa dall'avvocato dello Stato, Ruggero Di Martino, in Aula davanti alla Consulta durante l'udienza pubblica sul fine vita. "Non c'è un diritto al suicidio né un obbligo dei medici di concorrere a una volontà suicidaria", ha detto intervenendo in giudizio in rappresentanza della presidenza del Consiglio. L’avvocato dello Stato ha quindi aggiunto che la questione legata dal gip di Milano sull'articolo 580 del codice penale va dichiarata "inammissibile o manifestamente infondata", sottolineando che "qui si sta parlando di una norma penale che tutela il diritto alla vita in modo adeguato".

Cappato: "Dovere non girarsi da altra parte"

Presente alla Consulta anche Marco Cappato, tesoriere dell'associazione Luca Coscioni. "E' la quarta volta in pochi anni che la Corte costituzionale è chiamata a esprimersi su questo tema ed è il risultato di azioni di disobbedienza civile con autodenuncia per le quali siamo pronti ad assumerci in pieno tutte le nostre responsabilità”, ha detto Cappato lasciando il palazzo al termine dell’udienza pubblica prima delle dichiarazioni dell’avvocatura dello Stato. “Da parte mia - ha spiegato - è consistito in un dovere, nel dovere morale di non girare la testa dall'altra parte di fronte a condizioni che non avevano altra soluzione se non quella di accettare che la vita proseguisse come una tortura, una condizione di sofferenza insopportabile". Poi ha aggiunto: "Attendiamo le decisioni nel massimo del rispetto e anche nel massimo della determinazione per continuare questa lotta insieme all'associazione Luca Coscioni affinché sia garantito il diritto di essere liberi di decidere fino alla fine della vita".

Legale associazione Coscioni: "Prognosi infausta breve sia requisito"

"Come collegio di difesa abbiamo chiesto alla Corte l'accoglimento della questione di legittimità costituzionale perché il requisito del trattamento di sostegno vitale deve essere chiarito con una sentenza vincolante, non come nella 135 dello scorso anno in cui si dà un'interpretazione ma non si vincola il giudice ad applicarla". Così Filomena Gallo, avvocata dell'associazione Luca Coscioni, al termine dell'udienza pubblica. "Abbiamo chiesto - ha spiegato la legale - che a tutti i requisiti già previsti con la sentenza Cappato sia aggiunto, oltre al trattamento di sostegno vitale, in alternativa la prognosi infausta breve per il malato dove non vi è più nessuna linea terapeutica di cura. Prognosi infausta breve significa che un medico a un malato di cancro scrive che non ci sono più cure, non c'è la possibilità di prevedere un trattamento di sostegno vitale. C'è soltanto il tempo che diminuisce. E quindi questo elemento deve essere uno dei requisiti per poter accedere alla morte volontaria anche in Italia".

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