Test antidroga nelle scuole, supporto ai giovani o stato di polizia?

La possibilità di introdurre nelle scuole test antidroga e alcolemici, previa autorizzazione dei genitori, è oggetto di dibattito. Da una parte, c'è chi sostiene che questo sistema possa costituire non solo un supporto per i giovani, ma anche un deterrente contro l'uso di sostanze stupefacenti o il consumo di alcolici. Dall'altro, chi ritiene invece che sottoporre ragazze e ragazzi ai test possa dare vita a uno “stato di polizia”. Secondo un sondaggio dell’istituto di ricerca YouTrend per Sky TG24, il 67% degli intervistati si è detto favorevole all'introduzione di test antidroga e alcolemici all'interno degli istituti, con l'autorizzazione dei genitori. Mentre il 24% dei partecipanti è contrario. Sul tema si sono confrontati, durante la terza puntata di Materia Grigia - il talk di Sky Tg24 condotto da Fabio Vitale - Marco Cappato, avvocato e tesoriere dell'associazione Luca Coscioni, e Domenico Menorello, avvocato e membro del Comitato Nazionale per la Bioetica. Secondo il sondaggio YouTrend per Sky Tg24, la maggior parte degli intervistati sarebbe favorevole a test antidroga e alcolemici nelle scuole, previa autorizzazione dei genitori. Vi aspettavate questi risultati? Cappato: “Mi piace sottolineare le cose per me negative, perché se si arriva a quasi il 70% delle persone favorevoli ai test antidroga nelle scuole, credo che sia un segno della paura nella quale viviamo della nostra società e dell'illusione che le scelte che possono prendere le nostre ragazze e i nostri ragazzi siano scelte che si possano condizionare con la forza, addirittura con i controlli sanitari. Io credo che sia una follia che ha, dall'altra parte, l'altro risvolto, la medicalizzazione della nostra società. Quanta gente, a milioni, dipendente da psicofarmaci, ed è una situazione veramente preoccupante”. Menorello: “Sono dei dati invece che fanno molto riflettere. Intanto perché dicono che c'è una bella riflessione nel Paese su questo aspetto e si intuisce la paura, la paura di avere paura. Quindi la paura di avere paura è il capire che quella non è una risposta adeguata al desiderio di pienezza che ci portiamo dentro. Credo sia un bel segnale di vitalità e dobbiamo aiutare, altro che criminalizzazione. Ricordo ancora quella legge del 2006 che invece, pur vietando, spegneva l'approdo penalistico se c'era un percorso riabilitante. Questa è una bella strada da riprendere. E poi evidentemente c'è la crescita di una consapevolezza. Quello che il Comitato Nazionale di Bioetica ha detto nel 2010, nel 2014, nel 2019, ma la Corte dice dal 1994 è che la salute mia è interesse di tutti. D'altronde con quasi 9.000 ricoveri e 822 decessi legati alla droga, noi capiamo quanto la salute di ciascuno impatti su quella di tutti”. Cappato: “Menorello dice: 'Altro che criminalizzazione'. Ma è quello che avviene, per cui queste sono politiche che in Italia sono stimati circa 6 milioni di consumatori di cannabis. Una persona su tre delle persone che sono detenute in carcere, lo sono anche relativamente a reati connessi alle droghe. Quindi siamo uno stato di polizia e una società che spinge verso la criminalità una realtà sociale molto diffusa, questa è criminalizzazione”. Menorello: “Le persone che sono in carcere per reati connessi alla droga significa che la droga ha portato loro a commettere reati, quindi a fare un male agli altri. Non che c'è una criminalizzazione della droga, anche perché oggi l'uso personale è perfettamente consentito e perché poi ci sono altri modelli possibili che vanno ripresi, che sono quelli della rieducazione. Quello che avviene oggi, la criminalizzazione, è una mistificazione. Quindi io invito tutti a guardare la realtà per quella che è". Cappato: “Guardate cosa si può fare con le droghe legali. Si può fare prevenzione, si può informare sui danni. Si informa sui pacchetti di sigarette, si informa – bisognerebbe farlo molto di più - sui danni dell'alcol. Si potrebbe, si può - si fa con le sigarette e non con l'alcol - impedire la pubblicità. Quando una sostanza è illegale si può creare un canale di prevenzione, altrimenti no, è la criminalità che se ne occupa”. Passiamo al tema delle dipendenze e del recupero. Immaginate per un attimo un nucleo familiare con un figlio o una figlia che fa uso di droghe pesanti. Cosa consigliereste a questa famiglia? Cappato: “Intanto esistono i SERT, servizi pubblici per le tossicodipendenze. Bisogna rivolgersi ai SERT. Il problema in Italia è la debolezza di questi servizi, perché non sono adeguatamente finanziati, perché si spendono i soldi per questo stato di polizia che poi fa collassare i tribunali, le prigioni nella situazione della giustizia delle carceri italiane che tutti conosciamo. Se invece quelle risorse, impiegate per combattere una guerra che si continua a perdere, fossero impiegate per potenziare i servizi di prevenzione, di informazione, di recupero delle persone tossicodipendenti - per esempio per affiancare i servizi di salute mentale ai SERT, per potenziare il seguito della salute mentale - sarebbe molto più semplice o meno complesso riuscire ad aiutare le famiglie in quel dramma e tragedia familiare nella quale si possono trovare sicuramente. Una situazione nella quale, invece di aiutare la persona, la si tratta come un criminale spinge quella persona ancora di più a commettere ulteriori crimini – prostituzione, furti – per comprarsi le droghe proibite. E questo è un ostacolo in più per quelle famiglie che vogliono aiutare il proprio figlio”. Menorello: “Io apprezzo che Marco Cappato ponga il problema anche in termini di salute mentale, perché purtroppo gli effetti psicotici sono molto gravi. Abbiamo detto più del 30% di problemi di amozionalità, cioè la perdita di interesse per lo studio, per i propri affetti, la perdita di interesse per lo sport. Questi sono dati statistici: almeno il 20% in più di slattentizzazione, di schizofrenia. Questi servizi vanno potenziati, ma non siamo all'anno zero. Cito ancora i dati del governo: 17 milioni di prestazioni erogate, comprese quelle dei SERT e dei servizi sociali. Vanno potenziati, ci sono anche importanti stanziamenti che recentemente il governo ha svolto. Cosa suggerire a una famiglia? Io suggerirei che nessuno vuole criminalizzare nessuno, di stare più vicino al proprio figlio, di aiutare il proprio figlio ad avere degli amici. Io ricordo amici che sono finiti in queste difficoltà durante l'università, noi siamo stati molto vicini. Queste amicizie sono state una prova per tutti per essere più seri con se stessi. E le famiglie che non si sono lasciate sole, che ci siano reti di famiglie, reti di amici che aiutano le famiglie a condividere questo momento drammatico proprio nel capire il dramma esistenziale, nel dare speranza - che la vita è fatta di speranza - e la droga non serve”. Nel nostro Paese la vendita di cannabis light in negozi specializzati è attualmente consentita. In Parlamento c'è il dibattito sul possibile divieto. Siete per la vendita o per il divieto? Menorello: “Intanto viene fraintesa una legge fatta nel 2016 che consentiva l'utilizzo non delle infiorescenze della cannabis, ma di altre parti del fiore per scopi molto diversi da quelli di un uso di tipo stupefacente. Giustamente nel Decreto Sicurezza è stato rimesso un po' di ordine agli scopi di quella legge. Qui dobbiamo affrontare la famosa questione se la cannabis leggera faccia o meno male. Dati inequivocabili dicono che se 30 anni fa il principio attivo THC era fra l'1 e il 2% - e nella pianta lo si trova al 2,5% - oggi viaggiamo mediamente dal 15 al 30%, quindi il THC nella cannabis è altissimo. Nella cosiddetta cannabis light forse, si dice, fa meno male: 0-2%. Poi invito a leggere un parere del Comitato Nazionale per la Biosicurezza, fatto solo da scienziati, dove avvisano che nel caso della cannabis light un altro principio, che si chiama CBD, è molto alto e questo impedisce di metabolizzare il THC. Quindi, dicono che anche con quella leggera il THC sta a lungo e intossica l'organismo”. Cappato: “Naturalmente essendo favorevole alla legalizzazione della cannabis sono favorevole anche a una piena legalizzazione della cannabis light. Volevo però sottolineare un paradosso perché Menorello dice 'C'era molto meno THC, adesso c'è tanto più THC'. Questo è uno dei regali che ci ha fatto il proibizionismo sulle droghe, perché consegnare questo mercato in mano alla mafia e alla criminalità organizzata significa consegnarlo in mano a chi ha l'incentivo per produrre droghe sempre più pericolose e per portare il consumatore, attraverso una rete di vendita capillare - che non c'è per le droghe legali ma che invece c'è per le droghe illegali - davanti alle scuole, nei luoghi di ritrovo. Cercare di portare il consumatore, soprattutto le persone più giovani, dal consumo di droghe come la cannabis al consumo di droghe molto più pericolose e redditizie. Quindi l'obiettivo della legalizzazione è anche separare i mercati tra droghe che hanno pericolosità diversa. E questo ovviamente non si ottiene dicendo 'Proibiamo tutto, adesso anche la cannabis light, il CBD'. Così la mafia ringrazia, faranno tutto loro come stanno continuando a fare da decenni”. Menorello: “Siamo un attimo usciti di tema, ma anche questo è un luogo comune che va sfatato: la legalizzazione non impedisce ovviamente alle mafie di alzare continuamente i limiti e quindi di proliferare come è sempre avvenuto. Ma torniamo al punto di partenza, se legalizzare la droga vuol dire che è un bene deviare dalla realtà, scappare dalla realtà, evidentemente questa stessa risposta la si dà qualsiasi sia la tacca di THC presente. Ma appunto finisco per dire: stiamo in guardia perché dove c'è poco THC, c'è più dell'altro componente e a quel punto il THC rimane a lungo nell'organismo”. Domanda incrociata Menorello: Ho citato prima una ricerca inglese che, incrociando centinaia di studi e pubblicazioni, ha accertato che i rischi delle droghe, anche leggere, sono superiori ai presunti benefici. Rispetto ai giovani, io penso ai miei figli, penso che si debba applicare un principio sacrosanto, il principio di prudenza, perché fra il rischio di rovinarli o la possibilità di proteggerli di più, qual è secondo te la scelta da auspicare? Cappato: “Continuiamo con l'ambiguità fin dall'inizio di questo dibattito, nessuno sta sostenendo che le droghe siano un problema, è vero che anche la cannabis, l'abuso, soprattutto nell'età dell'adolescenza, provoca rischi dal punto di vista sanitario. Il problema è che gestire tutto questo con il proibizionismo assoluto, senza distinzione di sostanze, senza distinzione tra maggiorenni e minorenni, sta creando e aggravando sempre di più il problema che si vorrebbe risolvere. Ne approfitto per dire che ci sono anche - ed è la ricerca che si sta avviando in tutto il mondo - le ricerche sull'utilizzo terapeutico, non solo della cannabis, ma anche delle sostanze psichedeliche. Noi anche come associazione Luca Coscioni stiamo partendo con la raccolta firme sull'iniziativa dei cittadini europei Psychedelic Care, per promuovere e spingere la ricerca scientifica contro depressione, sindromi post-traumatiche, attraverso l'uso di sostanze come le sostanze psichedeliche. La ricerca avanza in altri Paesi del mondo ma in Italia continua ad essere proibita, sempre in conseguenza di questo pregiudizio ideologico che ci sta assolutamente condannando alla incapacità di governare questo problema”. Cappato: In Italia è legale ormai da 15 anni circa la cannabis a uso terapeutico sulla carta, nella realtà non è così. Perché c'è il monopolio della produzione dell'ospedale militare di Firenze, oggi una persona alla quale viene prescritta cannabis a scopo terapeutico non riesce ad ottenerla nella stragrande maggioranza dei casi. Le domande quindi sono due: primo, non dovrebbe essere uno sforzo comune di tutti affinché la produzione sia adeguata alla domanda di questi malati anche di malattie terribili? E la seconda, non è grave che sia stata fatta una legge o questo codice della strada senza preoccuparsi, non domani ma prima di approvarla, che persone che si curano con la cannabis siano arrestate se trovate positive al test? Menorello: “Io concordo, ci mancherebbe. Con l'uso terapeutico, la cannabis diventa un medicinale, diciamo così. Io peraltro mi onoro dell'amicizia bellissima di tanti amici palliativisti, molti dei quali presenti anche nel Comitato Nazionale di Bioetica, che raccontano di come soprattutto sulla terapia del dolore sia un elemento importante. Peraltro, non ho mai sentito che ci sia una così enorme difficoltà di recuperare tale dose. Ma, per l'amor di Dio, se ci fosse va incrementata la produzione, ma non vi è dubbio che la produzione deve essere controllata. Perché nel momento in cui si dà la possibilità a tutti di coltivare la cannabis per uso terapeutico, facciamo rientrare dalla finestra quello che penso sia utile tenere fuori dalla porta se vogliamo bene alla persona, se vogliamo il bene della persona. Poi, che la norma che è appena stata coniata potesse già considerare di più questi casi, può darsi. Dico però, lo dico così anche ad un profilo professionale avendo affrontato alcuni casi, è già implicito che l'uso terapeutico esclude l'applicazione delle sanzioni dell'attuale 187, del codice della strada. Cappato: “La legge non può mai essere implicita. Bisognava scriverlo in modo chiaro, non si può dare per implicito una cosa del genere. Approfitto per ribadire: in uno Stato liberale è consentito tutto ciò che non è esplicitamente proibito. Ed è falso dire che se una cosa è legale allora per lo Stato è bene. È pieno di nostri comportamenti, malsani, viziosi, e per fortuna sono perfettamente legali. Immaginate se lo Stato dovesse proibire tutto ciò che ci fa male, sarebbe veramente un incubo la nostra vita e anche il nostro Stato”.

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