Hotel Rigopiano, Cassazione decide se riaprire processo. Sentenza slitta al 3 dicembre

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La Suprema Corte stabilirà se chiudere la vicenda giudiziaria o se tornare in aula. Il pg ha chiesto l’Appello bis per l’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo, per valutare anche le accuse di concorso in omicidio colposo, lesioni colpose e depistaggio (per cui è stato assolto). Per l'ex sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, già condannato in secondo grado, si chiede un nuovo processo per disastro colposo. La sentenza, attesa per oggi, è stata rinviata a martedì. Nella tragedia del 2017 morirono 29 persone

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La sentenza con cui la Cassazione deciderà se confermare le 8 condanne e le 22 assoluzioni decise in Appello nel processo per la tragedia di Rigopiano non arriverà oggi: è stata rinviata a martedì 3 dicembre. I giudici della sesta sezione, dopo avere ascoltato gli interventi di tutti gli avvocati difensori, hanno deciso di rinviare la decisione alla prossima settimana alla luce della "complessità del processo" e del numero di posizioni da vagliare. Le strade sono due: chiudere definitivamente una vicenda che va avanti da quasi 8 anni o riaprire il percorso giudiziario. Per alcune accuse grava anche lo spettro della prescrizione. Era il 18 gennaio 2017 quando il resort di Farindola (Pescara) veniva travolto da un’enorme valanga di neve, con un bilancio di 29 vittime e 11 sopravvissuti.

Le richieste del pg in Cassazione: appello bis per l'ex prefetto di Pescara

I giudici dovranno decidere in merito alle richieste avanzate nell'udienza di mercoledì dal sostituto procuratore generale. Il rappresentante dell'accusa ha chiesto un Appello bis per l'ex prefetto di Pescara Francesco Provolo, condannato a 1 anno e 8 mesi per rifiuto di atti d'ufficio e falso, per valutare anche le accuse di concorso in omicidio colposo, in lesioni colpose e in depistaggio per le quali è stato assolto in Appello.

Le altre richieste del Pg

Il pg, inoltre, ha sollecitato l'annullamento delle assoluzioni nei confronti di sei persone, rappresentanti dell'autorità regionale di protezione civile dell'Abruzzo: i dirigenti Pierluigi Caputi, Carlo Visca, Nicola Primavera, Vincenzo Antenucci, Carlo Giovani e Sabatino Belmaggio - assolti in secondo grado - dovranno nel caso rispondere della mancata attivazione della Carta Valanghe da parte della Regione Abruzzo. Chiesta anche la conferma delle condanne dei dirigenti della Provincia Paolo D'Incecco e Mauro Di Blasio (entrambi 3 anni e quattro mesi), dell'ex gestore dell'hotel Bruno Di Tommaso (6 mesi) e del tecnico del comune Enrico Colangeli (2 anni e otto mesi per entrambi). Chiesto un nuovo processo di secondo grado, per valutare il reato di disastro colposo, anche per il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta (già condannato in secondo grado). Richieste che sembrano portare la lancetta all'indietro, con il ritorno alla prima ipotesi accusatoria della Procura di Pescara.

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La posizione dell'ex prefetto

In merito alla posizione dell'ex prefetto di Pescara, il suo difensore - l'avvocato Giandomenico Caiazza - ha affermato in aula che "sul nesso causale tra la convocazione, diamolo per scontato, non corretta dell'Organismo (il centro di coordinamento soccorsi, ndr) e l'evento tragico non c'è nessun elemento che faccia propendere per questa ipotesi perché l'indisponibilità della turbina non è stata mai comunicata dalla Provincia alla Prefettura di Pescara". Parole arrivate a 24 ore di distanza da quelle del Pg, Giuseppe Riccardi, che nel corso della sua requisitoria ha affermato che in quel tragico giorno "il pericolo valanghe era forte, livello 4, e venne comunicato alla prefettura. Non c'era un vero allarme rosso ma sussisteva un pericolo forte che rendeva necessario istituire il Ccs e la sala operativa, che avrebbe reso possibile approntare misure, come la chiusura di strade e l'invio dell'esercito come poi è stato fatto". Dal canto suo il presidente del Comitato vittime, Gianluca Tada, ha affermato che "il prefetto Provolo era la massima autorità sul territorio, poteva fare qualcosa e non l'ha fatto. Ha fatto un danno non solo al ministero, ma a tutti gli italiani. Siamo stati sempre convinti delle sue responsabilità. La requisitoria del procuratore generale in Cassazione non fa che confermare le nostre convinzioni. Ora, però, c'è la scure della prescrizione. Cerchiamo di salvare il salvabile".

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