Overview, Doppio binario: Nord e Sud a due velocità

Cronaca
Luigi Casillo

Luigi Casillo

Reddito, spopolamento, siccità: le differenze fra Nord e Sud negli anni hanno cambiato pelle ma restano. Anzi, in qualche caso sono aumentate. E così i numeri continuano a raccontare di un’Italia che guarda al futuro camminando a due velocità

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Una Nazione, due Paesi, verrebbe da dire. Nord da una parte, Sud dall’altra. Produzione, reddito disponibile, lavoro, servizi: tutto ci parla di una corsa a due velocità. Che continua oggi come ieri. Anzi, nel tempo, per molti aspetti, le differenze si sono perfino allargate. La sintesi generale la fa il quadro della crescita economica calcolata da Svimez, l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno. Nel rapporto annuale riferito al 2023 ci parla di un Sud che nel suo complesso è cresciuto la metà esatta rispetto al Nord. Una distanza, questo dicono le stime, che dovrebbe ridursi nel 2024, anche per effetto degli investimenti miliardari del PNRR. Dal 2025, però, è previsto che la frattura torni ad allargarsi.

Il tema occupazione

Del resto fra il 2021 e il 2022, si calcola che al Sud l’industria abbia contribuito soltanto per il 10% alla creazione di valore aggiunto prodotto, contro il 24,5 del Centro-Nord. A cascata succede che circa 4 lavoratori su 10 nel Mezzogiorno hanno un’occupazione a termine. Per di più quasi un quarto di essi sono precari da almeno 5 anni. Ora, se non hai un lavoro sicuro, come sappiamo, le banche a fatica ti concedono un mutuo. E più a lungo sei precario, più rimandi il momento di metter su famiglia. Questo sta accadendo. Anche alla precarietà del lavoro si deve il fatto che al Sud si guadagna generalmente meno. Oltre un milione e mezzo di lavoratori prende uno stipendio inferiore al reddito mediano equivalente nazionale. Queste persone sono le più esposte ai pericoli dell’inflazione. Non stupisce perciò come nel 2022 fossero ancora 2,5 milioni le persone che vivevano in famiglie in condizioni di povertà assoluta al Sud: +250mila rispetto al 2020, contro un -170mila al Centro-Nord.

Se ne vanno giovani e laureati

Dalla mia indagine emerge un’amara conclusione: chi non riesce a vivere dignitosamente, se può, se ne va. Così si spiega il dato impressionante che racconta di come dal 2002 al 2021 abbiano lasciato il Mezzogiorno più di 2 milioni e mezzo di persone (il 20% per andare all’estero, l’80% per andare al Centro-Nord). Va detto che ultimamente, grazie anche alla diffusione dello smart working, molti sono rientrati. Ma il conto è comunque in perdita: fa -1,1 milioni di residenti. Attenzione qui: per la maggior parte sono under 35 e ben 263mila sono laureati. Il Sud, insomma, si sta impoverendo anche socialmente e culturalmente.

Una carta da giocare per il futuro

Perfino di fronte ai cambiamenti climatici il nostro Paese appare spaccato. Lo abbiamo visto anche negli ultimi mesi: laghi pieni al Nord, poca acqua al Sud. Secondo gli esperti le Regioni italiane con il rischio maggiore di desertificazione sono nell’ordine la Sicilia, il Molise e la Puglia. Molto si potrebbe dire, ovviamente, sui mancati investimenti, i ritardi, gli sprechi nella gestione dell’acqua potabile e per l’agricoltura. Eppure, forse, proprio l’aspetto meteorologico potrebbe rappresentare per il Sud un’importante carta da giocare in futuro. Sole e vento, quindi energie rinnovabili. Il Sud ha il potenziale per diventare un polo produttivo strategico a livello europeo. Qualche segnale in questa direzione arriva dagli impianti installati, che negli ultimi anni in Sicilia, Puglia e Campania sono cresciuti per estensione più della media nazionale. Ancora differenze fra Nord e Sud, come vediamo, ma per una volta a vantaggi invertiti. Bisogna solo essere capaci di metterli a frutto.

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