Sicilia, la più grave siccità e la cronica malagestione delle risorse

Cronaca
Raffaella Daino

Raffaella Daino

Siccità a livelli drammatici nel sud della Sicilia. Dopo il Pergusa e l'Ogliastro anche il lago Fanaco, che fornisce acqua a 15 comuni, è ai suoi minimi storici. Nell'agrigentino l'acqua è sempre piu' razionata, in alcuni casi arriva ogni 2/3 settimane, e sempre piu' cittadini devono far ricorso alle autobotti, il cui costo è triplicato. Intanto  si spreca oltre il 50% delle risorse idriche, tra continui guasti alle condutture, vetuste e soggette a continue rotture .  

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Quando si parla della Sicilia, come terra di meraviglie ma anche di contraddizioni, lo si fa spesso bonariamente e con indulgenza perché la bellezza sembra avere il potere di far perdonare tutto e al contrasto lascia assumere una valenza quasi positiva. Non è questo il caso. Nell'isola alle prese con la più grave siccità degli ultimi decenni è solo la rabbia il sentimento che si prova vedendo che nelle zone in cui la crisi idrica è più forte, oltre metà dell'acqua che le conduttore faticosamente trasportano fino alle case dei cittadini, si disperde, si spreca. E ancora più rabbia suscita apprendere che mentre gli invasi nel centro della Sicilia uno dopo l'altro si prosciugano, c'è una diga, la Trinità, che dovrebbe fornire acqua a 8.000 ettari di coltivazioni nel trapanese tra Castelvetrano, Campobello di Mazara e Mazara del Vallo ed è costretta a gettar via l'acqua in mare perchè, nonostante sia stata costruita sessanta anni fa, non è mai stata collaudata.

 

E così l'assenza di piogge diventa l'alibi per la mancanza ora di manutenzione, ora di interventi strutturali. Nell'isola che appunto in quanto isola dovrebbe sfruttare l'acqua del mare che la circonda, i dissalatori restano fermi. Il caso più eclatante è  quello di Porto Empedocle, costato 6 milioni di euro, aperto nel 2007 e in grado di immettere 100 litri al secondo di acqua potabile nella rete idrica, pari a 3 milioni di metri cubi d'acqua all'anno; chiuso dal 2012.  Motivazione: i costi di gestione elevati. Solo che ora i costi dell'emergenza che la Sicilia sta fronteggiando, lo sono molto di più.

 

E' proprio l'agrigentino la zona  dove è piovuto meno nell'ultimo anno e dove si soffre maggiormente.  Sulle strade si vedono autobotti passare di continuo, chiamate a riempire le cisterne,  presenti sui balconi in tutte le case, perché l’acqua corrente è sempre più una rarità. L’erogazione avviene a turni che spesso saltano e l'acqua in alcuni casi arriva ogni 15/20 giorni. A San Giovanni Gemini, come in altri comuni della provincia, quando va bene  arriva una volta alla settimana, per una o due ore. E visto che ogni autobotte costa dai 50 ai 150 euro alla volta si cerca di ridurre al massimo i consumi. Ma non è facile quando la temperatura raggiunge i 40 gradi come in questi giorni. Si va alla fontana a riempire i bidoni di acqua buona, che si possa bere. O si va a comprare quella in bottiglia al supermercato. Sembra di essere un secolo indietro rispetto al resto d'Italia. Nel cuore della Sicilia la sensazione è di totale abbandono. Eppure questa è la provincia della città dei templi, della capitale della cultura 2025. Nella maggior parte dei comuni tra gli abitanti il sentimento prevalente è la rassegnazione, ai disagi e alla mancanza d’acqua qui sono abituati, l'acqua corrente di fatto non c'è mai stata e questa siccità senza precedenti ha solo contribuito ad aggravare una situazione già critica.  

 

 

Abbeveratoio per animali a Castronovo

Agricoltura in ginocchio, il lago Fanaco quasi a secco

 

Nella zona sud occidentale della Sicilia l’acqua da bene primario è diventato un bene di lusso. Nei centri urbani come nelle campagne. L’agricoltura senza acqua è in ginocchio, le produzioni sono decimate, gli animali non hanno da bere  ne’ foraggio. 

A Castronovo di Sicilia, a metà strada tra Palermo e Agrigento,  il titolare del caseificio Alfonso è disperato.  Ha speso quasi 700 euro per comprare una cisterna da 5mila litri e ne spende 40 per ogni autobotte per dissetare i suoi animali. Dalla Regione - mi dice - finora solo parole e nessun aiuto concreto. E intanto le spese aumentano, mentre la desertificazione avanza e la terra è sempre più spaccata dal sole, le coltivazioni bruciate dall’arsura. Il paesaggio sempre più arido. Nel centro della Sicilia tre laghi che rifornivano paesi e zone ruralo sono ormai a secco. Prima il Pergusa poi l’Ogliastro ora il Fanaco. L'invaso che rifornisce quindici comuni dell’agrigentino e del nisseno è ormai a meno dell1% della sua capacità . Questione di settimane e l'acqua finirà. 

 

 

 

In Sicilia la desertificazione avanza

S. Stefano Quisquina, il  caso del comune virtuoso e ribelle

 

L’ente gestore del lago Fanaco, Siciliacque, ha già cominciato a cercare l’acqua altrove nel sottosuolo, ha avviato  gli scavi di nuovi pozzi puntando a riattivare quelli in disuso. Ma la soluzione non e' accettata da tutti. Il comune di Santo Stefano Quisquina ha scritto al Ministero dell'Ambiente e alla Regione per fermare gli scavi nel suo territorio. Perché - mi spiega il sindaco Francesco Cacciatore - mettono a rischio il delicato equilibrio del bacino idrico che fornisce acqua minerale di altissima qualità, che garantisce acqua corrente alla popolazione e viene imbottigliata qui dalla AQua Vera spa, società che fa capo alla famiglia Quagliuolo, a cui il gruppo Nestlé ha ceduto il marchio Vera.

 

Questo è un comune virtuoso, a differenza della maggior parte degli altri che hanno ceduto la gestione dell'acqua ai privati, le amministrazioni che si sono succedute a Santo Stefano  Quisquina hanno condotto una battaglia per opporsi alla privatizzazione riuscendo nell'impresa di mantenere l'acqua pubblica, con una scelta che si è rivelata vincente. Ora - è il timore del primo cittadino - i nuovi scavi rischiano di compromettere il delicato equilibrio.

 

"Scavare nuovi pozzi nel nostro territorio, o anche solo riattivare quelli che erano stati dismessi perché interferivano con l'unicità del nostro bacino idrico sarebbe una scelta sconsiderata" - dice Cacciatore, protestando apertamente contro alcune delle iniziative previste dalla cabina di regia della Regione Siciliana nell'ottica della necessità di fronteggiare la crisi idrica.  "Il nostro comune - osserva Cacciatore - esercita in forma autonoma la gestione del servizio idrico integrato proprio perché provvisto dei requisiti previsti per la salvaguardia di un bacino la cui qualità, certificata anche da importanti studi universitari, è tra le più pregiate in Italia. E, in ogni caso, in ossequio ai principi di solidarietà e pubblicità delle acque, forniamo già 460/600 litri di acqua al secondo agli altri comuni della provincia di Agrigento. La crisi idrica non si risolve mettendo a rischio risorse come questa. Le strade da seguire sono altre, a partire dalla riparazione delle reti colabrodo fino alla riattivazione dei dissalatori. Perché la Regione non lo fa?"

  

 

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