Lo sport è di tuttə. In campo per i diritti delle persone trans

Cronaca
Chiara Martinoli

Chiara Martinoli

Aceteam è l'unica squadra di calcio in Italia composta interamente da persone trans. L'obiettivo è quello di creare uno spazio aperto e inclusivo, ma non solo: vuole anche essere uno strumento di lotta per i diritti e fornire una risposta concreta al tema dell'esclusione delle persone trans dalle attività fisiche, attraverso la promozione di un'idea di sport che superi le distinzioni di genere. 

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Milano, quartiere Gorla, lunedì sera. Un gruppo di persone si allena su un campo da calcio. È una scena di ordinaria quotidianità, cui tutti siamo abituati. Eppure, quelle persone hanno dovuto combattere per un diritto che è stato loro negato: l'accesso allo sport.  

 

"Nel momento in cui tu fai coming out come persona trans sei tagliato fuori dal mondo dello sport". Chi parla è Guglielmo Giannotta, presidente di Acet (Associazione Cultura ed Etica Transgenere): "Quando una persona trans chiede di entrare in una squadra, la risposta spesso è un no a priori. Non sanno proprio che cosa fare con noi, con le persone trans. Nella migliore delle ipotesi, non hanno idea di come comportarsi, nella peggiore non ne vogliono sapere di includerci. Questo crea un problema di accesso gigantesco". È con questa consapevolezza che prende vita il progetto di Aceteam: "Il progetto nasce in collaborazione con ACET e la Polisportiva Open Milano ASD", spiega Davide Bombini, presidente della Polisportiva e del progetto Open Milano Calcio, che promuove la lotta contro le discriminazioni di identità di genere e orientamento sessuale. "Insieme ci siamo chiesti: qual è la più grossa discriminazione in questo momento nel mondo dello sport? È l’esclusione coatta delle persone transgender e non binary. Quindi ci siamo detti: che cosa possiamo fare? Creiamo uno spazio dove chiunque possa giocare a calcio e dove non ci siano distinzioni di genere". Nasce così Aceteam, una sqaudra di calcio a cinque che si allena settimanalmente e che oggi conta decine di atleti. 

 

Un nuovo modello di fruizione dello sport

"L'obiettivo di Aceteam è innanzitutto politico", spiega Guglielmo. "Creare una squadra interamente composta da atleti trans, nel momento in cui la World Athletics stava facendo una serie di provvedimenti che escludevano le persone trans dalle competizioni sportive, è stata una risposta forte, dal basso, che andava a dimostrare l’esatto opposto delle tesi che venivano portate avanti. La suddivisione per genere all'interno delle attività sportive - prosegue Guglielmo - è culturale più che tecnica. Gli atleti di Aceteam si scontrano contro squadre femminili, maschili, quasi totalmente composte da persone cisgender, e in nessuno di questi casi il genere ha un peso: quello che conta veramente è il livello di ogni singolo atleta". "Una delle prime questioni che ci siamo posti è stata: contro chi giochiamo? Perché le squadre a oggi sono quasi tutte divise per genere", sottolinea Davide. "Abbiamo quindi pensato di creare un campionato ad hoc: nasce così il New Five, un campionato di calcio a 5 dove non ci sono divisioni per genere: abbiamo squadre composte da persone trans, squadre miste di generi vari, squadre solo maschili… questo non crea nessun tipo di discriminazione, né di dislivello. Certo, al momento l’unica soluzione che abbiamo trovato è stata quella di crearci da soli un campionato. Speriamo che un giorno questa modalità possa essere estesa e diffusa".  "Il lavoro che stiamo facendo ovviamente ha permesso di creare un luogo sicuro per le persone transgender", racconta Sara, l'allenatrice di Aceteam. "Tuttavia la narrazione che ci teniamo a far passare non è quella pietistica della 'povera persona trans' che ha bisogno di un posto dove stare bene. Al contrario, cerchiamo di creare un contesto aperto agli altri, puntiamo a comunicare e confrontarci con l'esterno, cercando di lavorare sui concetti di inclusione ed empowerment. Insomma, invece che lavorare sulla vittimizzazione e sul dolore, cerchiamo di trovare una risposta propositiva confrontandoci con le altre squadre".

 

Il sostegno tramite il Rainbow Social Fund

L'iniziativa ha trovato immediatamente un sostegno importante: "Il progetto ci è stato presentato alla sua nascita - racconta Alice Redaelli, Presidente di Cig Arcigay Milano (che organizza Milano Pride) - ci ha colpito subito lo spirito rivoluzionario di Aceteam: lo sport è una cosa bellissima cui tutti dovrebbero avere accesso, ma che per motivi culturali e politici è spesso negato alla comunità transgender". Da qui, la scelta di sostenere anche economicamente Aceteam attraverso il Rainbow Social Fund, che distribuisce i fondi raccolti in occasione del Milano Pride per sostenere progetti sociali, culturali, artistici e ambientali. "Rainbow Social Fund - spiega Alice - è un fondo creato da Cig Arcigay Milano per trasformare l’energia del Milano Pride in progetti concreti, che possano rispondere a bisogni specifici. Siamo dell'idea che la rivoluzione si fa anche con gesti concreti, per la comunità e per tutte quelle persone che ne hanno più bisogno".

Gli atleti di Aceteam

"Ho sempre voluto giocare a calcio - racconta Fabio, uno degli atleti di Aceteam - ma non ho mai potuto farlo per tutta una serie di pregiudizi: come ragazza, la mia famiglia non era felice all’idea di mandarmi a giocare a calcetto. Quando da Torino mi sono trasferito a Milano, sono venuto a conoscenza di questo progetto e ho sentito che era l'occasione giusta per realizzare questo mio desiderio". "Qualche mese fa mi sono trasferito in una casa nuova - spiega invece Dario - e il mio coinquilino, un ragazzo transgender, mi ha parlato di Aceteam: allora insieme a lui sono venuto a fare una prova ed è stato bello trovare tutte queste persone che condividevano la mia stessa esperienza. Un tema molto grande nella comunità trans - continua Dario - è quella di sentirsi un po’ soli o non avere punti di riferimento. Non è sempre facile trovare qualcuno che condivide la tua esperienza. Invece venire qui e incontrare 10, 15, 20 persone con il tuo stesso percorso ti fa capire molte cose, ti tranquillizza... insomma, è davvero bello". "A me non interessava il calcio nello specifico - racconta Alba - per me non era importante quale fosse lo sport, ma il semplice fatto di poterlo fare. Essendo una persona transgender e non binary per me è sempre stato molto difficile inserirmi nel mondo dello sport. Ho deciso di far parte di questo progetto perché mi piaceva l’idea di provare a dare di nuovo un’opportunità allo sport: le esperienze che ho avuto nella mia vita purtroppo non sono state molto positive, invece qui ho trovato un ambiente inclusivo: trovo molto bello questo concetto di assenza di divisione di genere". "A me fare sport è sempre piaciuto - ci dice Elias, detto Spy. "Ho sempre fatto triathlon (lo faccio ancora adesso), ma ultimamente cercavo qualcosa di nuovo: per molti anni infatti il triathlon è stato per me un modo per scappare, per fuggire da quello che sentivo facendo tantissime ore di allenamenti al giorno. Invece con questo progetto fare sport è diventato un modo per affermarmi, per affermare chi sono. Per me questo allenamento è respirare, io in queste due ore trovo delle persone come me, che hanno le mie stesse domande, i miei stessi dubbi, e diventa davvero un luogo di crescita. A volte vorrei che tutto il mondo fosse un po’ come Aceteam", conclude Elias. "La verità è che non è così, ma speriamo che un giorno possa esserlo".

 

 

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