Samarate: uccise moglie e figlia 16enne. Confermato ergastolo

Cronaca

Uccise la moglie e la figlia nel sonno, preda di una rabbia legata a presunti problemi economici mai esistiti, e ferì gravemente il figlio maggiore, tanto da costringerlo a lungo in sedia a rotelle. Alessandro Maja, geometra della provincia di Varese, trascorrerà il resto della sua vita in carcere. 

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Colpite nel sonno, ferì anche il figlio maggiore a Samarate. E  la Corte di Cassazione ha confermato la sua condanna all'ergastolo per aver spento la vita della moglie Stefania Pivetta e della figlia minore Giulia, di soli 16 anni, e per aver ferito alla testa Nicolò, 22 anni, nella loro villetta di Samarate (Varese), nel maggio del 2022. A presentare il ricorso in Cassazione erano stati i legali dello stesso Maja, per provare a ottenere un diverso esito processuale rispetto alla condanna a vita, comminata all'omicida sia in primo grado, dalla Corte d'Assise del tribunale di Busto Arsizio, sia in secondo grado dalla Corte d'Assise d'Appello di Milano.

"Li ho uccisi tutti"

 

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso presentato dai difensori dell'uomo reo confesso, confermando in via definitiva il fine pena mai. Confermate anche tutte le pene accessorie e i risarcimenti nei confronti delle vittime della tragedia a cominciare da Nicolò che, a causa delle gravissime ferite inflittegli dal padre, sta affrontando un lungo percorso fatto di interventi e riabilitazione per riuscire a riprendersi. Quella drammatica notte Maja aspettò che i suoi cari fossero addormentati per agire. Solo Nicolò reagì, probabilmente svegliato dal rumore o dall'unico grido lanciato da sua sorella prima di cadere sotto i colpi del padre. Infine Alessandro Maja uscì sul balcone, coperto di sangue, gridando "li ho uccisi tutti, bastardi". 

L'iter giudiziario è terminato

 

I vicini di casa diedero l'allarme ma solo per Nicolò ci fu la disperata corsa in ospedale. Per lui, appena diplomato pilota di aereo, dopo un lungo coma e diversi interventi, è iniziata una lenta risalita per tornare a riprendere in mano la sua vita. Ad oggi il movente della tragedia non è mai stato esplicitato dallo stesso imputato. "Per la famiglia Pivetta e per Nicolò si tratta di un sollievo - spiega l'avvocato Stefano Bettinelli, legale di parte civile -. L'iter giudiziario è finalmente terminato. Ed è terminato con la giusta pena per ciò che ha commesso Maja. I miei assistiti hanno sempre e solo chiesto giustizia. Quanto stabilito dalla Cassazione è il massimo che la giustizia possa restituire davanti a un fatto in realtà irrisarcibile dal punto di visto affettivo e umano".

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