La tragedia degli animali è ormai emergenza educativa
Cronaca ©IPA/FotogrammaNei giorni scorsi un documentario sui mostruosi maltrattamenti che infliggiamo agli animali negli allevamenti intensivi è stato proiettato al parlamento europeo, suscitando grande impressione tra i rappresentanti dei cittadini del Continente. Ancora più intollerabile è lo smascheramento delle lobby che sostengono il gioco, sui cui tavoli passano svariati miliardi di euro erogati dalla Comunità. Centinaia.
Mentre mi trovavo per lavoro dalle parti di Montevarchi sono andato a conoscere Gastone, un gigantesco elefante vissuto oltre due milioni di anni fa in quello che oggi è il Valdarno. Il suo imponente scheletro abita presso il museo della scultura dell’Otto/Novecento.
Gastone era un bestione pacifico, erbivoro, le sue lunghissime zanne, ancora miracolosamente intatte, servivano solo a scopo difensivo. I bambini e i ragazzi delle scolaresche lo guardano con curiosità, stupore e, palesemente, affetto, sembrano percepirlo come un lontano antenato, un bonario fratello antico.
Sembrano ipnotizzati dall’umile bestione del Terziario, così diverso da loro eppure così simile, essendo anch’egli dotato dei loro stessi organi di senso. Alcuni vorrebbero accarezzarlo, come si fa coi cagnolini o i gatti, come se sentissero la vita scorrere ancora dentro di lui, forse fantasticano una di quelle tenere amicizie tra bambini e animali di cui sono piene le biografie degli umani.
Potrei produrre un elenco sconfinato di ricordi d’infanzia incentrati sul legame bambino-animale, non sarebbe difficile dimostrare quante personalità possono avere scolpito quei rapporti aprendo orizzonti sconosciuti. Ricordi anche drammatici, come l’uccisione del maiale, con tanto di urla raccapriccianti, del coniglio, del tacchino, della gallina, con cui talvolta si era costruito un legame.
La morte del cane, il gatto scomparso.
Traumi, lutti di cui non si parla, ma tali restano per i bambini, sempre pieni di domande “logiche” sul destino delle tante creature non umane che incrociano, accompagnati da interrogativi sull’origine degli alimenti che consumano in famiglia, talvolta liquidati con spiegazioni fantasiose che intaccano la fiducia.
“Dovresti essere contento, il tacchino è nato per essere mangiato, quando lo cuciniamo lui sente di avere realizzato il suo scopo”. La verità è che risulta difficile comporre certe contraddizioni, perché non sono componibili e perché i bambini non sono stupidi, sebbene sia consolatorio pensarlo.
Un documentario sui maltrattamenti agli animali
Mentre guardavo i bambini ammirati dalla mole di quella creatura preistorica, pensavo a una certa abitudine di rapportarsi alla vita come si fa con un’astrazione, vita trascorsa da un tempo infinito, come nel caso di Gastone, o a quella che non si vede e sembra avere più ammiratori della vita che cammina o che viaggia su un barcone. Un modo come un altro per eludere domande concrete, sulla fine che avremmo inflitto a quella bestia inoffensiva se fosse vissuta ai giorni nostri.
Una donna non dimentica che la nonna non uccideva mai il coniglio che le aveva regalato, cucinava, uno alla settimana, gli altri, prelevandoli dalla gabbia comune, mai il suo, a cui era stato pure assegnato un nome ed era ammesso in casa.
“Non mi sono mai spiegata quale fosse il merito del mio coniglio, se non il fatto di appartenere a me”. A pensarci bene questo è il modo in cui ci rapportiamo alla vita, in generale, usando il metro della prossimità. “Voglio bene a quel vecchietto vicino di casa, perché mi ricorda mio padre, lo invitiamo spesso a cena”.
Nei giorni scorsi un documentario sui mostruosi maltrattamenti che infliggiamo agli animali negli allevamenti intensivi è stato proiettato al parlamento europeo, suscitando grande impressione tra i rappresentanti dei cittadini del Continente. Ancora più intollerabile è lo smascheramento delle lobby che sostengono il gioco, sui cui tavoli passano svariati miliardi di euro erogati dalla Comunità. Centinaia.
Tempo fa Animal Rights aveva messo in rete un filmato orrendo, la mattanza dei pulcini inadatti, maciullati da vivi presso una grande azienda del settore alimentare. Milioni e milioni di questi animaletti, così simpatici quando sono nostri ma estranei quando non ci appartengono, fanno la stessa fine tutti gli anni. Se una cosa non si può raccontare è sbagliata, un principio che i bambini conoscono benissimo, in tutte le salse, anche attraverso certe porte chiuse a chiave di notte. Così li raggiungono le nostre contraddizioni e così crolla la loro fiducia nei nostri confronti, e così la nostra autorevolezza precipita. Perché dovrebbero fidarsi di adulti che mentono, omettono, scappano.
Una questione di geometria
Fra quattro giorni sarò in Centro Italia a parlare di responsabilità a bambini e ragazzi, non mancherò di evocare quella verso tutto ciò che popola la Natura. Proverò a farli riflette anche sul metro della prossimità, secondo cui chi è prossimo si salva, chi è lontano muore. Una questione di geometria.
Quei pulcini inadatti, dopo essere stati selezionati da mani infallibili o forse solo frettolose, che magari confondono un pulcino solo stordito con uno imperfetto, vengono sottratti al novero degli eletti e gettati in pasto ai trituratori. Il viaggio sui nastri, documentava attimo per attimo ad altezza di pulcino, mostrava quelle creaturine disorientate, anzi terrorizzate, sebbene non avessero mai visto neppure di striscio una mamma e quindi non sapessero esattamente la ragione per la quale essere preoccupati. Non si distaccavano da nulla, se non dagli incubatori artificiali che permettono la schiusa delle uova.
Non è dunque paura del distacco la loro, è paura e basta, anzi terrore. Un terrore contagioso, che colpisce allo stomaco chiunque provi a guardare quelle immagini e abbia conservato anche solo un atomo del sentimento che chiamiamo pietà.
“La cosa più sorprendente di questo filmato, a mio parere, è il senso quasi primordiale di paura, comune a tutte le creature viventi: la paura di essere gettato sul nastro trasportatore, ristretto in minuscole scatole, caricato su camion, o di essere macinato vivo”. Commentò il portavoce dell’associazione che aveva prodotto quelle immagini.
Il dibattito sui bambini viziati, una vera epidemia, e quello sui ragazzi, spesso catalogati come se fossero solo un’emergenza, non incrocia mai il tema delle omissioni degli adulti, che riscrivono a loro uso e consumo i drammi della realtà, cercando di ammortizzarne l’impatto sui minori, ma in realtà moltiplicandolo, perché tutto ciò che viene mascherato, nascosto, nei bambini diventa materia di congetture. Un errore enorme, perché il contributore per eccellenza della formazione dello stile di vita è l’ambiente, che se viene drogato, deformato, infligge solo danni alla personalità dei nostri figli che, prima o poi capiranno di essere stati ingannati, con le conseguenze del caso. Censurare le responsabilità umane sulle spaventose sofferenze degli animali, contribuisce ad allargare il fossato tra le generazioni, rendendolo un abisso, e non ce ne sarebbe bisogno. Lo sappiamo tutti, ma preferiamo prendercela con gli oggetti digitali.
Domenico Barrilà, analista adleriano e scrittore, è considerato uno dei massimi psicoterapeuti italiani.
È autore di una trentina di volumi, tutti ristampati, molti tradotti all’estero. Tra gli ultimi ricordiamo “I legami che ci aiutano a vivere”, “Quello che non vedo di mio figlio”, “I superconnessi”, “Tutti Bulli”, “Noi restiamo insieme. La forza dell’interdipendenza per rinascere”, tutti editi da Feltrinelli, nonché il romanzo di formazione “La casa di Henriette” (Ed. Sonda).
Nella sua produzione non mancano i lavori per bambini piccoli, come la collana “Crescere senza effetti collaterali” (Ed. Carthusia).
È autore del blog di servizio, per educatori, https://vocedelverbostare.net/