Mafia, 12 arresti in Sicilia per voto di scambio, estorsioni e droga

Cronaca
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Si tratta di persone affiliate al clan Nardo: dieci di loro sono finite in carcere e due ai domiciliari. Tra i capi d'accusa ci sono intimidazioni per la gestione e il controllo di attività economiche e imprenditoriali nel settore prevalentemente agro-pastorale e minacce anche dall'interno degli istituti di pena. Il reato di scambio elettorale politico-mafioso è contestato anche ad un candidato sindaco delle scorse elezioni amministrative del 2022

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Scambio elettorale politico-mafioso, estorsioni, detenzione di armi e stupefacenti, introduzione in carcere di dispositivi telefonici, con i quali dal carcere gestivano i loro affari. Sono solo alcune delle accuse contestate a 12 persone gravemente indiziate di essere organizzatori ed affiliati al Clan Nardo operante nell'area nord della provincia di Siracusa e ritenuta costola della famiglia di cosa nostra catanese Santapaola Ercolano. Dieci di loro sono finite in carcere e due ai domiciliari, in esecuzione di un'ordinanza emessa dal gip del Tribunale di Catania, su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia ed eseguita dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Siracusa.

Le accuse

Secondo quanto emerso gli arrestati, avvalendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo, erano riusciti ad acquisire, in modo diretto e indiretto, la gestione o comunque il controllo di numerose attività economiche e imprenditoriali, prevalentemente nel settore agro-pastorale, nell'area nord della provincia siracusana. Il reato di scambio elettorale politico-mafioso è contestato anche ad un candidato sindaco delle scorse elezioni amministrative del 2022 che avrebbe accettato la promessa di ottenere voti in cambio di denaro e dell'impegno ad operarsi per agevolare la scarcerazione del figlio di un affiliato.

Minacce e intimidazioni

Oltre all'acquisizione, la gestione e il controllo di attività economiche e imprenditoriali nel settore prevalentemente agro-pastorale, secondo gli inquirenti i componenti del clan avrebbero minacciato "anche dall'interno degli istituti di pena, utilizzando illecitamente telefonini, chi si fosse rivolto alle forze dell'ordine, per denunciare un'estorsione o una minaccia subita, occultando armi ad alto potenziale offensivo, smerciando stupefacenti del tipo cocaina e marijuana, gestendo una florida piantagione composta da ben 731 piante". Gli inquirenti sono anche riusciti a ricostruire numerosi episodi di estorsione commessi dagli indagati che "mediante minaccia e avvalendosi della forza di intimidazione, avrebbero costretto diversi imprenditori agricoli o esercenti commerciali a fornire somme di denaro o generi alimentari senza corrispettivo, pagare un servizio di 'guardiania' per i propri terreni agricoli, sui quali sarebbero stati anche obbligati a tollerare il pascolo di capi di bestiame riconducibili agli associati, subire il cosiddetto 'cavallo di ritorno' per la restituzione di escavatori ed altri mezzi oggetto di furto". 

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