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Giornata dell’aborto libero e sicuro, in Italia è legale dal 1978 ma a che punto siamo?

Cronaca

Federica De Lillis

L’interruzione volontaria di gravidanza è garantita in Italia dalla legge 194 del 1978. A 45 anni dal riconoscimento di questo diritto le donne non hanno ancora la garanzia di poter abortire libere da condizionamenti 

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In Sicilia il percorso di una ragazza per ottenere l’interruzione volontaria di gravidanza presto si è trasformato in una “lotta contro il tempo.” “Non trovava consultori, non trovava strutture ospedaliere che non applicassero obiezione di coscienza. Non riusciva ad avere accesso a delle informazioni chiare su come muoversi, a un certo momento ha anche pensato di andare in Tunisia perché aveva capito meglio come fare in un altro Paese piuttosto che nel proprio, poi alla fine per fortuna si è appoggiata a un collettivo femminista siciliano che l’ha aiutata.” 

Di storie come queste Elisa Visconti, direttrice esecutiva di Medici del Mondo, ne ha ascoltate moltissime. Tutte quante si assomigliano: a paura e confusione segue il panico suscitato da linee guida poco chiare o dal rifiuto giudicante di medici e personale sanitario. A questo si sommano “senso di colpa, vergogna, solitudine. Spesso si fatica a raccontarlo alle amiche, agli amici, alla propria famiglia, ai colleghi, alla propria rete sociale. Il senso di colpa direi che è forse la cosa che ci è stata raccontata di più come sentimento, come pressione sociale.”

RU486 è la sigla che identifica la pillola abortiva. L’interruzione volontaria di gravidanza in Italia è garantita dalla legge 194 del 1978. Parliamo di un percorso che dovrebbe essere libero e sicuro ma, a 45 anni dal riconoscimento di questo diritto, le cose non stanno davvero così. 

 

Come funziona l’interruzione volontaria di gravidanza in Italia 

“Semplificando, l’aborto in Italia si può praticare o con una procedura chirurgica o con un il metodo farmacologico" spiega la dottoressa Visconti. "Entrambi sono previsti dalla normativa italiana, entrambi sono raccomandati dall’OMS, sono pratiche sicure che si possono applicare con alcune differenze. Nel resto d'Europa sempre più persone ricorrono all’aborto farmacologico, anche perché c’è la possibilità di assumere la pillola a casa quindi in un ambiente protetto. In Italia questa pratica sta prendendo un po’ più piede però siamo ancora molto indietro. È importante ribadire che entrambe le pratiche sono sicure e che deve essere una scelta della donna anche decidere quale delle due sente più vicina a sé, all’interno chiaramente di un quadro clinico che va sempre preso in considerazione”. 

"Se una donna vuole intraprendere questo percorso - spiega la direttrice di Medici del Mondo - può rivolgersi al medico di famiglia, non necessariamente a un ginecologo o a una ginecologa. Una volta verificato che ci siano le condizioni per farlo, il medico rilascia un certificato che viene controfirmato dalla donna. Nel caso in cui vi venisse detto che il medico non vuole rilasciare il certificato, ricordate che non esiste l’obiezione per questo passaggio, è un vostro diritto. Passo numero due è recarsi nell’ambulatorio convenzionato, nel consultorio o in ospedale per una prima visita. Passo numero tre, nel caso dell’aborto farmacologico, sarà di assumere, sempre nella struttura certificata, la prima pillola abortiva. Il quarto passaggio sarà l’assunzione, sempre nello stesso luogo di una seconda pillola”. 

Il confronto con l'Europa: Italia tra ritardi e offerta insufficiente 

“Allarmante” è l’aggettivo a cui pensa Visconti quando deve descrivere la situazione nel nostro paese. “L’Italia procede in ordine molto sparso rispetto all’aborto, soprattutto rispetto all’aborto farmacologico, quello che avviene attraverso l’assunzione della pillola RU486 ” 

In Francia la pillola abortiva è arrivata nel 1988, in Gran Bretagna nel 1990. Qui gli aborti farmacologici sono oltre il 70% del totale (la percentuale supera il 90% nel Nord Europa). Come riporta il report di Medici del Mondo, in Italia la pillola abortiva è arrivata solo nel 2009 e negli anni sempre più persone l’hanno preferita al metodo chirurgico, passando dallo 0,7% nel 2010, al 20,8% nel 2018, fino al 31,9% nel 2020. 

Ai ritardi si somma un’offerta inadeguata. I dati del Ministero della salute rivelano che i consultori che seguono le donne nel percorso sono circa il 70%, mentre gli ospedali con reparto di ostetricia e ginecologia che effettuano l’IVG sono il 63,8%. 

Poi ci sono gli obiettori di coscienza, in media più di 6 ginecologi su 10 a livello nazionale, con picchi di oltre l’80% nella provincia autonoma di Bolzano (84,5%), in Abruzzo (82,8%) e in Molise (82,8%). 

 

“La legge sul diritto all’aborto in Italia prevede l’opzione dell’obiezione di coscienza, non fissa però delle quote per l’obiezione. C’è una zona grigia nell’applicazione della legge, che viene interpretata e implementata in modo diverso in diverse regioni, a volte in diversi comuni, in diverse strutture sanitarie. Ne consegue che ci si trova in alcuni contesti con strutture sanitarie con un tasso del 100 per cento di obiettori, altre in cui magari ce n’è l’80 per cento” commenta Visconti. 

Avere accesso a un aborto libero vuol dire essere messe nelle condizioni di poter scegliere senza pressioni né  condizionamenti. Un aborto libero dovrebbe essere anche sicuro: vale a dire un servizio pubblico, gratuito, governato da linee guida chiare. “Quando questo non succede, spesso si ricorre ad altri metodi, ad altre reti. Ci sono moltissime morti all’anno per aborti che vengono effettuati in condizioni non sicure. L’OMS parla di oltre 30mila morti all’anno (nel mondo ndr), le due cose sono strettamente collegate: più un aborto è libero, più è accessibile, più è sicuro.” 

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Una battaglia di civiltà per il diritto all'aborto 

Medici del Mondo ha lanciato la campagna 'The Impossibile Pill' in cui l'attrice comica Laura Formenti ha attraversato l’Italia dalla Sicilia fino alla cima del Monte Bianco per denunciare le difficoltà di accesso all’aborto farmacologico. Secondo Elisa Visconti, “La società civile assolutamente deve contribuire alla lotta per il diritto all’aborto perché parlare di aborto significa parlare di diritti umani. pari di tutti gli altri diritti umani quindi dovrebbe riguardare tutte le persone, è una questione di tutela dei diritti e delle libertà delle persone. Garantire l’aborto vuol dire garantire un diritto umano alla pari di tutti gli altri diritti umani quindi dovrebbe riguardare tutte le persone, è una questione di tutela dei diritti e delle libertà delle persone. Per noi come Medici del Mondo è una battaglia di civiltà”.