Le indagini sono scattate nel maggio 2022 dopo il ritrovamento del cadavere di un ragazzo privo di documenti e con evidenti segni di violenze subite, abbandonato seminudo in una piazzola di sosta a bordo strada nel Comune di Lonate Pozzolo
Sgominata una banda dedita allo spaccio di droga in Piemonte e Lombardia nel corso di una vasta operazione della polizia di Varese questa mattina. Gli agenti hanno eseguito 26 misure cautelari (di cui 24 in carcere, una agli arresti domiciliari e un divieto di dimora in Lombardia e Piemonte), emesse dai Gip di Busto Arsizio, Novara e Lodi nei confronti di un gruppo di persone originarie del Marocco (coinvolto anche un italiano che aveva mansioni di autista).
Le accuse
Gli indagati devono rispondere a vario titolo per i reati di tortura con uccisione del torturato, tentata estorsione, rapina, detenzione di armi e reati in materia di stupefacenti, in particolare spaccio in numerose zone boschive tra Lombardia e Piemonte.
Gli arresti
Gli arresti sono stati eseguiti in particolare nelle province di Milano, Lodi, Pavia e Cremona, e anche nelle province di Novara e Piacenza. Parte dei soggetti destinatari - irregolari in Italia e senza fissa dimora - è risultata irreperibile. Un arresto è stato eseguito in Germania dalle autorità di polizia di quel Paese dopo l'emissione del mandato d'arresto europeo da parte del Gip. La maggior parte degli indagati ha precedenti in materia di stupefacenti; l'uomo a capo della banda, inoltre, è stato denunciato in tre occasioni a partire dal 2020 per sequestro di persona e lesioni commesse ai danni degli altri membri del gruppo.
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Le torture
Le indagini sono scattate nel maggio 2022 dopo il ritrovamento del cadavere di un ragazzo privo di documenti e con evidenti segni di violenze subite, abbandonato seminudo in una piazzola di sosta a bordo strada nel Comune di Lonate Pozzolo. Le indagini hanno consentito di stabilire che la vittima, un ragazzo di 24 anni marocchino, aveva fatto parte di un gruppo di spacciatori tutti di nazionalità marocchina, con a capo due fratelli domiciliati nel Milanese e 'proprietari' di diverse piazze di spaccio situate in zone boschive delle province di Milano, Varese, Novara, Pavia e Lodi. A quanto ricostruito, il ragazzo sarebbe stato torturato e ucciso per un furto di droga e soldi per un valore di circa 30mila euro avvenuto qualche settimana prima nei confronti dello stesso gruppo di spacciatori di cui faceva parte. Durante le violenze una donna, la presunta compagna del capo del gruppo, ha chiamato ripetutamente il padre della vittima, riferendo quello che stava accadendo e chiedendo il pagamento della cifra che il ragazzo aveva rubato. L'uomo, che viveva in Spagna, aveva chiesto di liberare il figlio rendendosi disponibile a recuperare la cifra necessaria e chiedendo del tempo. La morte del ragazzo però è sopraggiunta prima che l'uomo potesse recuperare il denaro.
Le armi
Nella disponibilità del gruppo criminale vi sarebbero state anche armi, sia bianche (machete), sia da fuoco (fucili e pistole), che venivano nascoste nei boschi di spaccio, ostentate sui profili Facebook e utilizzate per rappresaglie e in caso di contrasti con gruppi rivali.