L'intenzione è contestare le modalità con cui è stato messo in campo il progetto Life Ursus, senza un referendum consultivo tra la popolazione della zona
La famiglia di Andrea Papi, il ragazzo di 26 anni morto a causa dell'aggressione da parte di un orso nei boschi sopra Caldes, ha annunciato l'intenzione di denunciare la Provincia autonoma di Trento e lo Stato per aver reintrodotto gli orsi in Trentino. Lo riporta il T quotidiano, citando la madre del giovane. La famiglia, informa il giornale, si è già affidata a dei legali. L'intenzione è contestare le modalità con cui è stato messo in campo il progetto Life Ursus, senza un referendum consultivo tra la popolazione della zona.
"Progetto Life Ursus sfuggito di mano"
Il presidente della Provincia di Trento, Maurizio Fugatti, ha firmato un'ordinanza contingibile e urgente per l'abbattimento dell'esemplare responsabile dell'aggressione, e ha annunciato che chiederà a Ispra di procedere alla soppressione di tre orsi ritenuti problematici (Mj5, Jj4 e M62). La prossima settimana, inoltre, incontrerà il ministro dell'ambiente per chiedere un cambiamento del modello di gestione dei grandi carnivori in Trentino. "Il progetto Life Ursus oggi è sproporzionato rispetto alla sua originaria impostazione, che prevedeva una cinquantina di orsi sul territorio trentino - ha ribadito oggi Fugatti a margine dell'incontro svoltosi a Malè con i sindaci della valle -. Ora ne abbiamo circa un centinaio su una parte del Trentino. Se vogliamo garantire la convivenza uomo-animale, dobbiamo fare in modo che il progetto torni alle sue origini". "Gli esemplari problematici, come abbiamo deciso ieri, vanno abbattuti velocemente. Ci attendiamo la giusta collaborazione da parte delle autorità competenti: mi riferisco allo Stato, ai Ministeri, Ispra, che in qualche situazione hanno dimostrato un certo ostracismo nella storia di questo progetto rispetto alle posizioni della Provincia autonoma di Trento".
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L'esperto: "Abbattimento non è un tabù ma serve studio"
"L'abbattimento degli orsi, di per sé, non è un tabù, a meno di non compromettere l'esistenza dell'intera popolazione. Tuttavia deve essere un'operazione studiata attentamente, altrimenti il rischio è di intervenire in modo sbagliato, prelevando gli esemplari più tranquilli, che solitamente si spostano di più, e lasciando in vita quelli più aggressivi". Lo sottolinea Alberto Stoffella, che per trent'anni si è occupato di orsi come guardia forestale della Provincia di Trento, lavorando nelle squadre di emergenza e cattura e nel monitoraggio dei plantigradi del progetto Life Ursus. "Parlare di cifre è sempre poco indicativo: bisogna capire anzitutto le dinamiche interne alla popolazione degli orsi, analizzare le ragioni per cui avvengono le aggressioni. In questo momento vi è chiaramente uno stress competitivo, per concorrenza o carenza di cibo. Fino a dieci anni fa, ad esempio, fenomeni di infanticidio non ne abbiamo mai registrati, ora capita di trovare cuccioli uccisi da altri orsi o femmine in età da procreazione sole", spiega. Secondo Stoffella, un vero approfondimento sul tema non è mai stato fatto. "Una vera ricerca sulla diffusione dell'orso in Trentino, al di là del semplice monitoraggio genetico degli esemplari presenti, non c'è. Se non viene fatta, si rischia di rincorrere nuovamente il problema invece di risolverlo", conclude.
Intanto le associazioni animaliste prendono posizione contro l'ordinanza di abbattimento. Secondo l'Associazione italiana difesa animali e ambiente (Aidaa), occorre "andare a fondo nelle indagini e ricostruire quanto accaduto". Papi - prosegue l'associazione in una nota - "si sarebbe difeso con un bastone e questo potrebbe aver provocato la reazione dell'orso".
Le indagini
Secondo i rilievi peritali disposti dalla Procura di Trento sul corpo, il 26enne era ancora vivo al momento dell'aggressione da parte di un orso nei boschi del monte Peller, sopra Caldes. L'ipotesi avanzata dagli investigatori è stata confermata dai tre periti - un medico legale, un veterinario ed un'esperta di dna animale - che hanno eseguito gli esami autoptici.
Le analisi genetiche sui campioni di pelo raccolti sul corpo del giovane sono stati affidati ai tecnici della Fondazione Edmund Mach di San Michele all'Adige. Una volta ottenuti i risultati, verranno confrontati con quelli inseriti nei database del Corpo forestale per individuare l'orso che ha aggredito Papi. Il personale forestale è stato inoltre incaricato di presidiare l'area dell'incidente, informando chi si avventura lungo i percorsi forestali e i sentieri del monte Peller, e di procedere alla ricerca dell'orso che ha ucciso Papi.
L'aggressione
Gli investigatori hanno appurato che il ragazzo, appassionato di corsa in montagna, è uscito di casa, a Caldes, alle ore 16 di mercoledì 5 aprile, dirigendosi verso il monte Peller, popolato da una ventina di orsi. Intorno alle 17 è arrivato a malga Grum, a 1.525 metri di altitudine, dove ha girato un breve filmato per poi pubblicarlo sul profilo Instagram. Nella discesa, forse intorno alle 18, è avvenuta l'aggressione. Il giovane è stato probabilmente scagliato nella scarpata a margine della strada. Le tracce di sangue partono dalle sterpaglie sotto il ciglio del tracciato forestale, prima di un tornante che il giovane potrebbe aver tagliato. Poco più sotto è stato rinvenuto anche un bastone con la punta insanguinata, con cui il 26enne avrebbe provato a difendersi. Il corpo è stato trovato ancora più in basso, nel bosco, martoriato da graffi e ferite. Alle 20.30 i famigliari hanno lanciato l'allarme per il mancato rientro a casa e intorno alle 3 di notte è stato trovato il corpo. Si tratta della prima morte causata da un plantigrado avvenuta sull'arco alpino da oltre un secolo a questa parte.