Omicidio Scialdone, il caso Bonaiuti e quelle mamme che amano troppo i figli maschi

Cronaca
Domenico Barrilà

Domenico Barrilà

Martina Scialdone

La terribile fine di Martina Scialdone nonché di mille e mille altre donne, si spiegano all’interno della barbara logica che ritiene scontata la loro inferiorità e il conseguente diritto di possesso da parte del maschio. Ma il femminicidio è solo la quota più evidente, perché tragica, di una questione assai più vasta, avvelenata da un rovesciamento di valori arbitrariamente deciso dai maschi con la complicità dei loro educatori, sostiene l'analista adleriano

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Emergono fatti biografici scioccanti nella vita dell’ingegnere romano che nei giorni scorsi ha ucciso l’avvocatessa, molto più giovane di lui, con la quale intratteneva una relazione sentimentale. La morte di un fratello a seguito di un incidente stradale, il suicidio di due sorelle. Alla fine, il conto è stato consegnato a Martina, che attraversava per caso questo paesaggio devastato. È sempre così quando si parla di femminicidio. L’uccisore colloca sulle spalle della vittima tutto ciò che vi è di irrisolto nella propria esistenza, dagli eventi come quelli elencati alle falle che si aprono già all’alba dei tempi, nel contatto con la famiglia d’origine, quando prendono corpo le linee di indirizzo della personalità. 

La famiglia d’origine

 

Proprio a causa di ciò che si sperimenta precocemente tra le mura domestiche, quando tutto si sta modellando, un maschio può annidarsi poco e male nella vita o addirittura per nulla, se è cresciuto come un bambino viziato. Uno “scollamento”, dunque, che comincia presto, alimentato sovente da madri genuflesse davanti ai figli maschi, che poi troveranno naturale trasferire nelle loro relazioni sentimentali la pretesa che la compagna di turno rinnovi quei privilegi.

Gli ex bambini viziati

 

Gli ex bambini viziati rappresentano un pericolo costante per le donne e per le relazioni in genere, poiché negli anni della formazione dello stile di vita sono stati indotti a sentirsi il centro del mondo, così diverranno pessimi cooperatori, ragione per la quale tutto ciò che riguarda la loro vita sociale tenderà a funzionare in modo distorto. Nessuno, infatti, fuori dal recinto materno e familiare, è disposto a stendere tappeti rossi a costoro, che reagiranno come lese maestà a ogni diniego, a ogni insuccesso, a ogni tentativo di abbandono, invocando implicitamente i codici sbagliati all’inizio del loro percorso di formazione. Peccato che fossero ingannevoli.

 

Nelle aziende

 

Quando un ex bambino viziato si trova a capo di una qualche organizzazione lavorativa o di altro genere, quei tappeti rossi li pretende, caricando sui sottoposti, soprattutto su quelli meno disposti a iscriversi al programma di beatificazione quotidiana, gravami supplementari, come se il lavoro non fosse già abbastanza afflittivo. Mi è accaduto, soprattutto durante il lockdown, di tenere interventi a distanza per conto di aziende piuttosto note, in alcuni casi era sorprendente come si potesse quasi toccare con mano la presenza di una leadership di tale natura, con tutte le conseguenze del caso, a cominciare dal clima di acquiescenza, all’incirca come alla corte del Duca di Mantova.

 

Nella vita sentimentale

 

Purtroppo, per una sorta di perversa complementarità, nella vita sentimentale gli ex bambini viziati trovano spesso udienza presso ex bambine che si percepirono poco considerate, altro fenomeno esteso, poiché in famiglia, soprattutto quando ci sono fratelli maschi, un chilometro è più lungo da percorrere per le femmine. Una dimostrazione alla buona dei principi della Relatività.  “Quando eravamo piccoli, mio fratello sceglieva lo sport e le attività extrascolastiche. Dal momento che la mamma non poteva scarrozzarci a destra e a manca, si andava per le spicce, e io dovevo adeguarmi”. Questo riferisce una donna assai più talentuosa del fratello, come la vita avrebbe certificato senza ombra di dubbio. 

Il binomio maschio-femmina

 

Un ex bambino viziato, quale che sia la natura delle controversie, ritiene di avere sempre ragione; al contrario, un ex bambino che si percepì scarsamente considerato, pensa di dovere chiedere scusa in qualsiasi circostanza, sentendosi per principio dalla parte del torto. Così le due parti si rinforzano reciprocamente nei presupposti sbagliati da cui partono. Ovviamente, lo schema non è sempre così rigido, ma tende a prevalere. Quando un simile incastro si realizza tra un uomo e una donna, può funzionare nel tempo solo se le parti in commedia vengono rispettate, ossia se la donna accetta di perpetuare stato di fatto. In terapia è molto più facile lavorare con ex bambini trascurati, sempre collaborativi e disponibili a mettersi in discussione, a considerare anche le proprie responsabilità, quando sono parte di un conflitto. Diventa, invece, più complicato scalfire le certezze dell’ex bambino viziato, anche all’indomani di uno smacco palesemente generato dalla propria struttura caratteriale. 

Il femminicidio

 

Per tale ragione, la scarsa tenuta dei matrimoni e delle relazioni sentimentali, per quanto foriera di difficoltà notevoli, soprattutto quando vi sono coinvolti dei figli, è da considerare un segno di evoluzione della parte femminile, assai meno disposta oggi a sottostare a una distribuzione degli spazi decisa a tavolino e sulla scorta di presunte asimmetrie nel binomio maschio-femmina. La terribile fine della giovane Saman Abbas, così come quella di Martina Scialdone nonché di mille e mille altre creature femminili, si spiegano all’interno di questa barbara logica, che ritiene scontata l’inferiorità della donna e il conseguente diritto di possesso da parte del maschio. Ma il femminicidio è solo la quota più evidente, perché tragica, di una questione assai più vasta, avvelenata da un rovesciamento di valori arbitrariamente deciso dai maschi, con la complicità dei loro educatori. 

Distorsione culturale

 

Tutti i giorni registriamo pensieri e comportamenti che non solo smentiscono il presunto primato della parte maschile ma, purtroppo per noi uomini, ne acclarano addirittura la sfacciata inferiorità. Alfred Adler raccontava che se sottoponiamo a dei bambini l’opposizione alto-basso e poi chiediamo loro di associare i due termini al binomio maschio-femmina, otterremo un trionfo di alto-maschio e basso-femmina.  Se non ci impegniamo a porre rimedio sino in fondo a questa spaventosa distorsione culturale, saremo proprio noi maschi a uscirne a pezzi, perché il divario con la parte femminile del mondo si allargherà sempre di più. Non certo a nostro favore e neppure a favore di quelle mamme che continuano imperterrite a fare da complici alla parte sbagliata, contribuendo a renderla sempre più immatura e tossica.

 

Domenico Barrilà, analista adleriano e scrittore, è considerato uno dei massimi psicoterapeuti italiani.
È autore di una trentina di volumi, tutti ristampati, molti tradotti all’estero. Tra gli ultimi ricordiamo “I legami che ci aiutano a vivere”, “Quello che non vedo di mio figlio”, “I superconnessi”, “Tutti Bulli”, “Noi restiamo insieme. La forza dell’interdipendenza per rinascere”, tutti editi da Feltrinelli, nonché il romanzo di formazione “La casa di Henriette” (Ed. Sonda).
Nella sua produzione non mancano i lavori per bambini piccoli, come la collana “Crescere senza effetti collaterali” (Ed. Carthusia).

È autore del blog di servizio, per educatori, https://vocedelverbostare.net/

 

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