Elena, in fuga da Kiev a Palermo con la figlia in sedia a rotelle

Cronaca

Raffaella Daino

La donna, cittadina ucraina da anni residente a Palermo, è riuscita a riportare in Italia la piccola di 8 anni, affetta da una grave disabilità, e la figlia maggiore Litiia che era rimasta a Kiev.

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L’aereo da Cracovia atterra all’aeroporto Falcone Borsellino pochi minuti dopo le  17. Elena Pastux torna a casa con la figlia di 8 anni, Elisabetta, che vive con lei a Palermo, e la maggiore Litiia, che era rimasta a Kiev.  “Il mio cuore di mamma mi diceva che dovevo andare a prendere la mia figlia maggiore“ dice commossa incontrando i giornalisti nell’area arrivi dello scalo siciliano. “Con la mia bambina piccola ero arrivata in Ucraina il 23 febbraio e il giorno dopo sono cominciati i bombardamenti. Non abbiamo dormito per due notti, sperando di sopravvivere. Poi abbiamo riempito uno zaino, lasciando tutto il resto, e ci siamo messe in viaggio“.

 

La fuga dalle bombe 

 

Fuggire dal Paese in guerra è stata un’odissea a lieto fine grazie all’aiuto di tanti, dalle maestre della scuola che la bambina frequenta a Palermo, la Perez Calcutta, che hanno aiutato mamma Elena ad acquistare i 3 biglietti per il volo dalla Polonia, al comune di Palermo con il sindaco Leoluca Orlando, che ha seguito la vicenda, segnalando il caso alla Farnesina, e disposto un piano per facilitare i ricongiungimenti di cittadini ucraini  - con l’indirizzo email dedicato aiutiucraina@comune.palermo.it   - e per fornire accoglienza con l’aiuto di associazioni e di privati cittadini pronti ad aiutare chi fugge dalla guerra offrendo alloggi e ospitalità.

 

I volontari e i profughi

 

Ma i primi angeli Elena e le sue due figlie li hanno incontrati sul campo. “In Ucraina un cittadino tedesco che era andato a prendere la moglie ci ha offerto un passaggio sulla sua auto, e cosi siamo partiti, abbiamo viaggiato 21 ore senza mai fermarci. Poi al confine con la Polonia alcuni poliziotti ci hanno accompagnato in un ospedale dove abbiamo passato altri due giorni. Ma dovevamo far presto perché Elisabetta stava male, aveva la febbre. Avevamo finito il cibo, la sua patologia non le permette di mangiare qualsiasi cibo. Anche oggi è digiuna da stamattina, ma finalmente siamo a casa, al sicuro”.

 

L'orrore della guerra 

 

Il pensiero di Elena va a chi non ha avuto la stessa fortuna. “Le bombe russe stanno uccidendo tanti bambini “ – dice, tra le lacrime, prima di congedarsi da noi e riportare le sue figlie a casa. “ Nei rifugi, nella metro, ci sono tante mamme con bambini, anche disabili come la mia Elisabetta, non hanno medicine, rischiano di morire, è terribile. L’Europa deve aiutarci”. 

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