Siamo stati nel liceo in provincia di Cosenza dove per due settimane gli studenti hanno occupato, accusando la preside di aver insabbiato le denunce di alcune ragazze. Abbiamo raccolto le loro voci, e anche quelle dei docenti. Con in testa domanda: possibile che nessuno sapesse?
Questa è la storia di un silenzio durato anni, e di una voce che a un certo punto lo ha squarciato, generando un clamore mediatico persino superiore alle aspettative.
La voce – la prima, cui ne seguiranno altre - è quella della creatrice di Call_out_Valentini, account Instagram in cui si denunciano molestie sessuali, verbali e fisiche, da parte di un docente di matematica dell’Istituto Majorana- Valentini, complesso scolastico che raccoglie 1500 studenti tra liceo scientifico e geometra a Castrolibero, una cittadina da poco più di 9mila abitanti a solo 7 chilometri da Cosenza.
“L'ora di lezione era costantemente intervallata da doppi sensi esclusivamente sul corpo delle ragazze e la vita sessuale delle ragazze” , ha raccontato ai nostri microfoni la creatrice della pagina, che oggi ha 21 anni, vive e lavora altrove. E spiega di aver “capito che quelle erano molestie soltanto dopo essere uscita da quell’ambiente tossico, perché nel sistema in cui viviamo sembra quasi un complimento essere considerata un oggetto attraente da una persona più grande e soprattutto che ha potere gerarchico su di te all’interno di una scuola”.
Il professore sotto accusa, racconta la 21enne, si approcciava ai ragazzi, soprattutto maschi, “in una maniera estremamente carismatica, quasi giovanile, empatizzava con loro. Per poi iniziare a trascendere in un vortice di battutine che con il passare del tempo si sono sempre più fatte pesanti. Molto spesso all'interno della classe erano frequenti anche carezze sulla schiena con l'atto di scendere verso il sedere, oppure lui che cingeva la spalla in modo che facendo mano morta potesse sfiorarci il seno”.
Un piccolo “Me too”
La denuncia della creatrice di Call_out_Valentini non è rimasta isolata: molte studentesse ed ex studentesse della scuola si sono ritrovate nelle sue parole, e, protette dall’anonimato che la rete offre, hanno deciso a loro volta di parlare, in una moltiplicazione di voci simile a un piccolo “Mee to”.
“Indicativamente ho raccolto circa una ventina di denunce, ma ne ho potute pubblicare soltanto una parte perché ovviamente tutto dipende da se la persona vuole raccontare pubblicamente la storia o meno. Le denunce arrivano sia da studentesse della mia ex scuola sia da studentesse che hanno avuto in passato il professore in questione, di conseguenza stiamo parlando di un lasso temporale estremamente esteso, stiamo parlando addirittura di circa 8-12 anni fa, considerato che ci sono state ragazze che hanno 26-28 anni che mi denunciano violenze che hanno subito a 16 anni”. I fatti di cui parla la fondatrice di Call_out, invece, risalgono al 2018. Anno chiave in questa storia, perché è alla fine di quell’anno scolastico che si verifica anche un altro episodio, che diventerà anche la prima denuncia ai carabinieri.
Una foto per la sufficienza
“Eravamo a fine scolastico, in aula professori. C’eravamo solo io e lui e a un certo punto il prof. prende il suo telefono, sblocca la fotocamera e dice: 'Vai in bagno, scattati una foto e poi io ti faccio uscire con la sufficienza'. A quel punto io sono andata subito da alcuni miei compagni più fidati a dire cosa era successo; ovviamente loro mi hanno creduto subito perché sapevano il professore che persona era, e quindi mi hanno accompagnata in presidenza a parlare con la preside”. Questa testimonianza arriva da un’altra ragazza, oggi 18enne, che proprio sull’onda di Call_out_Valentini ha deciso di raccontare anche ai carabinieri quanto aveva vissuto. Anche perché, spiega, il suo racconto era stato accolto dalla preside prima con diffidenza, poi con la promessa di un provvedimento nei confronti del docente, che di fatto si è sostanziato nello spostamento del docente da un istituto a quello accanto. “Credevo che la preside mi avesse creduta, invece dopo tre mesi ho rivisto il professore fuori in cortile, lo aveva semplicemente spostato. E certo rivederlo mi riportava sempre ai vecchi ricordi; ero anche minorenne, ero più piccola, quindi non sapevo bene come affrontare la cosa. Comunque resta una cosa che mi ha segnata non in maniera positiva, anzi mi ha traumatizzata”.
La ragazza che ha cambiato scuola per sfuggire al prof
Altre testimonianze raccontano di una studentessa verso la quale il professore aveva una particolare attenzione: “Io ero in primo, ricordo perfettamente che ad ogni compito in classe il prof. si sedeva sempre vicino a una nostra compagna di classe e con la scusa di aiutarla a fare degli esercizi – perché lei non era bravissima - le metteva la mano sulla schiena e poi scendeva verso il sedere. Faceva spostare la compagna di banco e si sedeva lui, poi magari questa mia compagna cercava di spostarsi, ma lui comunque si riavvicinava, e a ogni compito era così. A fine anno venne fuori che aveva cambiato scuola, per prendere le distanze; anche lei era andata a dirlo alla preside ma la preside non aveva fatto nulla.
L’occupazione del Valentini
La dirigente dell’istituto è la grande accusata dagli studenti di questa scuola, che dal 3 febbraio hanno iniziato un’occupazione durata due settimane proprio come segno di protesta verso un atteggiamento non solo indifferente nei confronti dei racconti delle ragazze, ma, dicono gli studenti, addirittura omertoso: la preside avrebbe cioè volutamente insabbiato queste storie per “difendere il buon nome” della scuola. L’occupazione è terminata solo sabato 19 febbraio, quando è stato ufficializzato il passo indietro da parte della dirigente, che pure guidava il Majorana-Valentini da 17 anni e che però, in tutta questa vicenda, non ha mai voluto parlare con i giornalisti per tentare di esporre la sua versione dei fatti.
Nel frattempo quei giorni di occupazione, ai quali hanno aderito anche gli studenti di altre scuole, hanno amplificato l’attenzione mediatica su quanto stava accadendo a Castrolibero, e più in generale sul problema delle molestie in un luogo come la scuola, dove gli adulti dovrebbero essere una guida e sono di certo un’autorità.
Le domande che restano
Delle domande aperte, su questi adulti, restano.
Dopo la seconda denuncia di un’altra ragazza agli inquirenti, il professore è infatti stato iscritto nel registro degli indagati. Non abbiamo e non avremo a breve una verità giudiziaria su questa vicenda, eppure resta difficile credere che nessuno dei docenti si sia mai accorto di nulla. Quelli che con lui condividevano le stesse classi, dicono gli studenti, non potevano non sapere. “Siamo stati lontani, non parliamo più il loro linguaggio”, hanno detto alcuni prof durante i giorni di occupazione, stupiti e rammaricati per quanto accaduto. Poi però, lontano da telecamere e microfoni, qualche prof lo dice, che quello che succedeva sotto sotto si sapeva, e che tra alcuni prof - soprattutto maschi - se ne parlava.
E allora l’unica domanda, per la quale non abbiamo trovato una vera risposta, è: perché non avete detto nulla?