Femminicidio, la mamma di Roberta Siragusa:"ragazze parlate"

Cronaca

di Monica Peruzzi

Parla la mamma di Roberta, 17 anni, uccisa a Caccamo, in Sicilia, nella notte fra il 23 e il 24 gennaio di quest'anno. Il fidanzato, Pietro Morreale, 19 anni, è accusato dell'omicidio. A inchiodarlo ci sarebbero anche le immagini di una videocamera situata nei pressi del campo da calcio dove si è consumata la tragedia. La mamma di Roberta, Iana Brancato, chiede giustizia e verità, ma dice anche alle ragazze di non rimanere isolate

Iana Brancato è una donna dalla corazza robusta, nonostante il corpo gracile e il viso nascosto dagli occhiali.

Accetta di parlare con noi dopo la decisione di voler fondare un associazione per ricordare la figlia, Roberta, strappata alla vita in una notte di fine gennaio.  Stordita con un corpo contundente e poi bruciata quando era ancora viv.

Il pensiero di quella notte, di tutti i mesi che l'hanno preceduta, tormenta questa madre e il resto della sua famiglia. Perché se Roberta avesse parlato, avesse raccontato l'incubo che stava vivendo, le cose potevano andare diversamente.

 

Iana, prima di tutto, come stai?

"Non bene. Con un dolore così grande, anche se mi devo abituare a convivere, è difficile andare avanti.  È  dura".

Da quella notte fra il 23 e il 24 gennaio sono passati tanti mesi. Ma Roberta, come dite sempre voi, vive. Chi è Roberta?

"Roberta una ragazza di soli 17 anni che è stata strappata alla vita per sempre. Roberta è una ragazza che ama vivere, ama danzare, ama uscire con le amiche. Roberta è vita ma queste cose a Roberta le sono state strappate per sempre. Adesso io, con grande coraggio, mamma Iana, porterò avanti quello che non ha potuto portare avanti Roberta. Cercherò in qualche modo di farla continuare a vivere, in tutto e per tutto".

Voi volete creare un’associazione per Roberta. Che cosa dovrebbe fare questa associazione?

"Intanto prenderà il nome 'Roberta vive' e cercherò di lottare contro questa violenza così crudele e cercherò di raggruppare ragazzi. Voglio un gruppo che sia abbastanza forte per portare avanti la lotta alla violenza, per far capire che non porta a niente. Non porta niente. Porta solo dolore, tristezza".

Il fidanzato di Roberta, Pietro Morreale, da quant’è che erano fidanzati?

"Feequentava casa mia da circa un anno e mezzo ma loro avevano fuori una relazione dai tempi della scuola media, da quando avevano 11, 12 anni".

 Roberta aveva mai fatto capire qualcosa, un disagio, una gelosia particolare?

"No. Roberta a casa faceva credere che tutto filava liscio, che c’era una relazione pulita. Perché se avesse fatto capire qualcosa noi eravamo pronti a intervenire. Io papà e Dario, suo fratello".

Neanche con le amiche si era confidata?

"Questo non lo so ma penso proprio di no".

E Pietro quindi voi lo conoscevate bene?

"Frequentava casa mia da un anno e mezzo, come ho già detto. Per noi era un ragazzo sistemato, pulito. CRedevamo che veramente amasse Roberta. Però io parlo di tutto quello che succedeva dentro le nostre mura di casa, poi la sera se uscivano, dopo che si chiudeva quella porta, io non so quello che accadeva, quello che capitava".

Lui stava bene a casa vostra, quindi.

"Lo diceva spesso 'io sto bene con voi' e mi chiedeva spesso quando ero libera dall’ospedale così veniva a casa mia e stava con noi, perché ripeteva io sto bene con voi. Ogni sera era a cena con noi. Tutte le sere, per un anno e mezzo".

E anche Roberta frequentava casa di Pietro?

"Molto meno. Roberta mi diceva che non si trovava bene con i genitori ma non è mai scesa nei dettagli".

Che cosa facevano generalmente quando uscivano? Avevano delle abitudini delle cose che gli piaceva fare insieme?

"Gli piaceva andare al mare, uscire la sera, magari andare a fare un cocktail, una pizza. Ogni tanto si vedevano con altri amici ma niente di che".

Per voi quindi è stato un fulmine a ciel sereno?

"Sì perché lui fino all’ultima sera ha cenato da noi. Fino all'ultima sera. Anche se aveva cenato da solo, però era a casa mia fino all’ultima sera".

Ha cenato da solo perché Roberta non c’era?

"No lui ha cenato da solo perché aveva mal di pancia, non lo so ha detto che non stava bene. Quindi noi abbiamo cenato e poi lui entrato in cucina cenato da solo". Cosa è successo dopo quella notte?

"E' successo che la mattina, intorno alle 5:45, non trovo Roberta e lo chiamo subito. Mi viene detto che ha lasciato Roberta giù a casa la sera prima alle due e un quarto. Poi in tarda mattinata si scopre il tutto. E da lì inizia il nostro grande incubo".

Lui si difende dicendo che ha fatto da sola, che è stata lei a togliersi la vita, a darsi fuoco.

"Ma io non lo penso. Roberta è una ragazza che ama la vita, proprio l’amava e non dava segni a casa di nessun tipo, di nessun genere".

A scuola andava bene?

"A scuola andava bene bene ma aveva avuto dei momenti di pausa. Aveva avuto un periodo in cui ha rifiutato la scuola, mi diceva che c’era qualche professoressa che non andava, che le dava fastidio, queste cose qui. Però di qui a pensare a qualcosa di più profondo non era possibile. Io in questo momento, poiché il dolore è troppo grande, non mi so esprimere. Quello che mi tormenta è che non si è voluta confidare con me ma aveva un fratello. Ma niente, lei ha deciso di fare la guerriera da sola, di affrontare questa cosa. Dico, a casa non aveva mai manifestato nessun segnale che magari ci facesse scattare un campanello d’allarme, così me ne potevo accorgere".

Questo possiamo dire alle ragazze? Di non aver paura? Di farsi aiutare?

"Sì. Certo."

Possiamo dire che Caccamo ha fatto quadrato intorno alla vostra famiglia?

"C’è stata una grande solidarietà da parte della maggior parte del paese. La maggior parte è con noi e ce lo dimostra".

Invece c’è una parte che non vi è vicina?

"lo dico che una parte del paese non c’è e questo è doloroso. A Caccamo non è che siano così tanti, però a volte io preferisco non scendere neanche in paese perché... così".

E' difficile anche per Dario, che ha 19 anni. Cosa gli dici per dargli forza, cosa vi dite per darvi forza?

"Dico sempre Dario dobbiamo convivere con questo dolore, lo dobbiamo condividere. L’importante è stare uniti nel nostro dolore, nel nostro affetto".

Ci sarà il processo. Che cosa ti aspetti?

"Non voglio anticipare nulla, ma chiedo giustizia per Roberta. Il massimo della pena. Quello sì".

Pensi di poter mai perdonare Pietro?

"No, assolutamente".

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