Dal 2014 a oggi siamo passati dal 23% delle giornaliste finite nel mirino delle minacce online al 73%
L’UNESCO ha annunciato che è la giornalista investigativa filippina Maria Ressa la vincitrice del Premio Guillermo Cano per la Libertà d’informazione. Premio che viene riconosciuto ai “campioni” della libertà di stampa sui media, in particolare a coloro che devono mettere a rischio la propria incolumità per svolgere il loro lavoro. Ressa ha rischiato la sua vita ogni giorno, mentre cercava di fare luce su alcuni fatti che coinvolgevano membri importanti del governo filippino e personaggi dell'economia e del mondo politico.
E’ diventata bersaglio di feroci attacchi anonimi online, tanto che, nel 2016, è arrivata a ricevere 90 messaggi d’odio al minuto, molti dei quali scanditi da parole sessiste e razziste.
Ma la Ressa non è la sola a dover affrontare questa minaccia che corre sul filo e leggere le parole pesanti che vengono postate quotidianamente all'indirizzo di migliaia di colleghe che cercano di fare soltanto il loro lavoro di cronaca e di critica della società.
I dati sulle aggressioni in Rete
In tutto il mondo le giornaliste donne sono costantemente sotto attacco sulla Rete.. E la minaccia è diventata sempre più seria nel corso degli anni.
Nel 2014, secondo I dati Unesco, il 23% aveva ricevuto messaggi intimidatori e insulti online, connessi al proprio lavoro. Nle dicembre 2020 questa percentuale era balzata al 73%.
Lo studio rivela tendenze allarmanti: le giornaliste sono minacciate di violenza fisica, stupro, rapimento e doxxing - la pubblicazione dei loro indirizzi sui social media. Alcuni sono pubblicamente accusate di usare il sesso per ottenere le loro storie.
In alcuni casi anche i partner e i figli delle giornaliste sono minacciati direttamente o indirettamente, tramite immagini photoshoppate.
Proprio ieri Reporters Sans Frontieres ha pubblicato la classifica sulla libertà di stampa nel Mondo.
approfondimento
Rapporto Rsf sulla libertà di stampa, Italia 41esima. LA CLASSIFICA
La ricerca di aiuto psicologico
Non sorprende che un quarto delle donne abbia detto ai ricercatori dell'Unesco che hanno condotto questo studio a livello mondiale, di aver cercato aiuto psicologico.
Sempre più spesso, infatti, la violenza online sfocia in veri e propri abusi, aggressioni e molestie offline.
È il caso di oltre la metà delle giornaliste arabe intervistate,ad esempio.
La defunta giornalista maltese Daphne Caruana Galizia è stata inizialmente presa di mira con minacce online che sarebbe stata bruciata come strega, prima di essere uccisa con un'autobomba
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L'autocensura
La conseguenza degli abusi online sono studiati ad arte per dissuadere le giornaliste dal proseguire il loro lavoro, dala ricerca della verità.
Non èun caso che, dopo essere state prese di mira, il 30% delle donne intervistate ha dichiarato di essersi autocensurata sui social media. Alcune donne sono state costrette a lasciare il giornalismo o addirittura sono emigrate.
La violenza online è come uno schiacciassassi della libertà di espressione e di critica. Mina il giornalismo d'inchiesta e soprattutto la fiducia che l'opinione pubblica ripone nella stampa. Sta anche determinando un impoverminento nel dibattito, visto che se perdiamo la voce e il punto di vista di queste giornaliste, in particolare le donne nere, lesbiche, bisessuali, ebree, ovvero quelle maggiormente bersagliate dagli attacchi, il confronto si impoverisce.