Marco Goran Romano "disegna" le emozioni dei "Ragazzi interrotti", nuova serie di Sky TG24

Cronaca

Federica Tofani

La nuova serie di speciali di Sky TG24 racconta attraverso le voci dei ragazzi l’impatto della pandemia sulla loro vita. Abbiamo incontrato Marco Goran Romano che a queste voci ha accompagnato alcune illustrazioni, dando vita ai sentimenti, alle sensazioni e agli stati d’animo degli studenti, costretti a guardare il mondo dallo schermo di un pc

“Ragazzi interrotti” è un viaggio in 5 puntate per entrare nell’universo della cosiddetta generazione Dad, molto trascurata dall’emergenza pandemica, che ha messo in soffitta le loro esigenze e i loro sogni, facendoli vivere come sospesi. Attraverso la matita di Marco Goran Romano, autore delle illustrazioni della serie di Sky TG24, prende vita la loro nuova routine, stravolta da decreti e restrizioni che ne hanno modificato ritmi e abitudini. Ex illustratore della rivista Wired, Marco Goran Romano, premiato in Italia e all’estero, ha tradotto in immagini sensazioni e sentimenti degli studenti di oggi.

Cosa hai raccontato attraverso le illustrazioni create per "Ragazzi interrotti"?

Ho voluto raccontare la quotidianità che i ragazzi hanno perduto con la pandemia e l’ispirazione è quella che deriva dall’osservazione del contesto, che è comune a tutti noi. Ho provato a mettermi nei loro panni per capire cosa è stato per loro affrontare questa emergenza. Per il logo ho potuto giocare con i colori brillanti: la posa della ragazza che sta tra le mura di quella casa restituisce un senso di malinconia, china sul suo cellulare sola nella sua cameretta.

Quali pensi siano stati i sentimenti provati dai ragazzi in questi mesi di pandemia?

Sicuramente avranno provato profonda frustrazione perché avranno visto un anno della loro vita scorrergli davanti mentre loro erano chiusi in una cameretta. Frustrazione che abbiamo provato un pochino tutti, credo però che per loro sia stato peggiore perché quella della giovinezza, della gioventù, è un’età in cui molte cose si sperimentano per la prima volta, per cui sono stati privati di molte esperienze, anche del semplice rapporto con i loro coetanei. Deve essere stato un trauma gigantesco per questa generazione.

Oltre alla casa che rappresenta la chiusura tra quattro mura, quali sono i simboli con cui hai raccontato questi stati d’animo?

Sono tutti oggetti di uso comune che rimandano alla quotidianità che questi ragazzi hanno perso e alla normalità che hanno dovuto imparare a considerare tale. Quindi dalla scuola, al banco, ai libri, ai quaderni, alle penne, sono passato alla nuova normalità ovvero il pc, il tablet, lo smart phone e il pigiama. La necessità di essere sempre connessi al wifi o il doversi confrontare con l’ambiente cameretta, quindi la lampada da tavolo.

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Nel tuo portfolio ci sono tantissimi lavori importanti, come sei riuscito a farti conoscere all’estero e avere tante collaborazioni internazionali?

Io sono nato professionalmente grazie alla rivista Wired e ho fatto parte della redazione per 5 anni. Quell’esperienza mi ha dato la possibilità di avere una determinata esposizione in tutto il mondo perché Wired è una rivista molto premiata all’estero dal punto di vista del design. Questa cosa mi ha aperto a tutta una serie di commissioni al livello editoriale, per esempio mi è capitato di lavorare per quasi tutte le riviste o quotidiani americani, il New York Times, New Yorker, Time magazine, Wall Street Journal, Washington Post, The New Republic, e altri, alle riviste di settore come l’edizione americana di Wired oppure Fast Company oppure Men’s Health, anche cose più generaliste, o di taglio finanziario, o sull’innovazione tecnologica. Mi è capitato di lavorare anche con Fortune o Forbes.

Il progetto più difficile, più sfidante, su cui hai lavorato?

Alcuni anni fa mi è capitato un progetto molto sfidante e impegnativo, ho dovuto compiere dei viaggi per portarlo a termine. Era una commissione per il lancio di un prodotto di Microsoft, i servizi Cloud. Un lavoro abbastanza duro perché ho dovuto lavorare due mesi e mezzo, tantissimo tempo, mi è stato chiesto di raggiungere gli Stati Uniti e di lavorare fianco a fianco con il team che si stava occupando dello sviluppo di questo progetto. E’ stato interessante lavorare in un’altra redazione e fare il paragone tra quella che è l’attività redazionale negli Usa e quella in Italia e poi confrontarsi con un cliente così grande, con un budget così grande è stata veramente una cosa sfidante. 

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Qual è la forza dell’illustrazione?

Uno dei vantaggi dell’illustrazione è che ci permette di costruire mondi, scenari, visualizzare quello che banalmente l’obiettivo di una macchina fotografica non riesce a riprendere. Il ruolo e la potenzialità dell’illustrazione come linguaggio sono quelli di poter immaginare qualcosa e poterlo restituire in maniera anche facile. Saper leggere il mondo che ci circonda è la qualità che deve possedere un bravo illustratore, essere sempre in contatto con la realtà e cibarsene. Fondamentalmente il lavoro dell’illustratore è questo, siamo interpreti di un messaggio, e allo stesso tempo semplificatori perché un altro compito è di semplificare il complesso e restituirlo in maniera accessibile a quante più persone possibili.

Una volta ricevuto un imput da un cliente quali sono le fasi creative successive?

Si innesca il creative process, che è quella specie di meccanismo che un creativo, un illustratore, un designer, mette in gioco, è un algoritmo gigantesco all’interno del quale butti dentro dei dati e cerchi di ricavarne qualcosa. Identifico le parole chiave, cerco di sviluppare e ampliare tutto quello che mi è stato comunicato. Cerco di trovare reference storiche, visive, contemporanee, di rappresentazioni simili, questo se non conosco un argomento. Dopo questa ricerca, inizia la parte più interessante. Io per esempio lavoro spesso e volentieri per accostamenti di concetti che potrebbero sembrare lontani ma non lo sono, la cosa interessante è cercare di restituire al lettore una specie di sensazione di novità, di estraniamento, deve essere comunque impattante, non consueto. Se cerco di creare metafore, similitudini con qualcosa di differente, associando magari diverse immagini che mi vengono in testa il risultato sarà sicuramente molto più accattivante e produrrà quella sensazione di sorpresa nel lettore.

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