La direzione generale sapeva dell’esistenza del batterio letale nella Terapia intensiva neonatale dell’Ospedale della donna e del bambino di Verona già a dicembre 2019
"Criticità organizzative", mancanza di una forte governance da parte dei vertici della direzione. Ecco, secondo gli ispettori del ministero della salute, cosa ci sarebbe all'origine dei casi di infezione da citrobacter koseri, avvenute nell'Ospedale della donna e del bambino di Verona, che hanno provocato la morte di 4 neonati e lesioni permanenti in altri bambini. Nella relazione si mette nero su bianco ciò che i genitori di quei bimbi hanno sempre sospettato: i primi responsabili sono i vertici dell'ospedale, incapaci di "mettere in atto le dovute e immediate azioni di contenimento".
Le criticità evidenziate dalla relazione
Il dito adesso, è puntato sul direttore generale dell'azienda ospedaliera, Francesco Cobello, che anche ai nostri microfoni ha dichiarato di essere venuto a conoscenza dell'infezione solo a maggio di quest'anno. Ma gli ispettori hanno rilevato che Cobello, almeno dal dicembre del 2019, era stato informato del caso di Nina, la bimba nata prematura, che aveva contratto il citrobacter a Verona nell'aprile di quell'anno, morta al Gaslini di Genova sette mesi dopo. La relazione evidenzia anche le criticità legate all'igiene in un reparto delicato come la terapia intensiva neonatale e spiega in cosa dovrebbe migliorare l'ospedale di Borgo Trento, fra cui la comunicazione con i genitori. Quei genitori che già dal 2018, quando venne registrato il primo caso di morte da citrobacter in un bimbo nato prematuro, chiedono le risposte che ora sono arrivate.