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"Venti domande sul coronavirus": gli esperti rispondono

Cronaca
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Con la seconda ondata di Covid-19 che sta colpendo l’Italia e l’Europa crescono i dubbi e le preoccupazioni. Maria Rescigno, immunologa e docente di patologia generale,  e Pierangelo Clerici, microbiologo e presidente dell’Amcli, rispondono ad alcuni quesiti legati all’emergenza nello speciale “20 domande sul coronavirus”

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L’Italia, così come molti altri Paesi specialmente europei, sta vivendo una nuova ondata di contagi di Covid-19 (GLI AGGIORNAMENTI IN DIRETTA - LO SPECIALE - LOCKDOWN: LA SITUAZIONE IN EUROPA). La curva dei contagi continua a salire ed è sempre più importante ricevere dagli esperti informazioni affidabili sull’andamento della pandemia e su come affrontarla (I FOCOLAI CHE PREOCCUPANO IN ITALIA - ISS: 11 REGIONI A RISCHIO - LE ORDINANZE DELLE REGIONI). Per questo su Sky TG24, nello speciale “20 domande sul coronavirus” Maria Rescigno - immunologa e docente di patologia generale all’Università Humanitas di Milano -  e Pierangelo Clerici - microbiologo e presidente dell’Amcli (Associazione microbiologi clinici italiani), hanno risposto ad alcuni quesiti legati all’emergenza che stiamo vivendo.

Il virus è lo stesso della prima ondata o è mutato?

Clerici: "E' assolutamente lo stesso. Le sue caratteristiche di virulenza, quindi di aggrevissità nei confronti dell'ospite, di patogenicità, quindi la capacità di dare malattia nell'uomo, non sono assolutamente modificate, tant'è che lo vediamo nei numeri di questi giorni".

Cosa sappiamo di più sul virus SARS-Cov-2 che provoca la malattia Covid-19?

C: “Sappiamo che esprime una patologia multiorgano, sicuramente adesso queste caratteristiche sono in grado di essere contrastate con delle terapie seppur non mirate migliori rispetto a quelle di questa primavera, per cui il grande sforzo che si è fatto ci ha consentito di conoscere l’azione patogena del microrganismo”.

Come si trasmette il virus e a che cosa bisogna stare più attenti?

C: “Sicuramente alla trasmissione attraverso le famose goccioline (droplets), attraverso l’aerosol, che sono goccioline ancor più infinitesimali. E quindi occorre mantenere la mascherina e il distanziamento. Ricordiamo che i droplets cadono quasi immediatamente a terra. L’aerosol permane per un certo periodo di tempo nell’ambiente. E’ bene arieggiare l’ambiente nonostante si indossi la mascherina”.

Perché il Covid-19 continua a colpire in maniera così diversa le persone?

Rescigno: "Si sono fatte diverse ipotesi. Quello che noi sappiamo, innanzitutto, è che ci sono i sintomatici e gli asintomatici. Gli asintomatici potrebbero essere perché avevano già una risposta pregressa nei confronti di altri coronavirus oppure poiché sono giovani perché hanno fatto da poco le vaccinazioni, soprattutto per quanto riguarda i bambini. In più è anche possibile che il microbiota, quei microrganismi che son presenti nelle mucose sia orali che nasali, può in qualche modo da una parte potenziare il sistema immunitario, ma dall'altra anche contrastare il virus. Quello che sappiamo sui sintomatici è invece che ci sono alcuni soggetti che possono essere curati a casa, altri che necessitano di ospedalizzazione o addirittura di terapia intensiva. Lì è dovuto principalmente all'età e alla bontà del sistema immunitario perché più il sistema immunitario è iperstimolato, come ad esempio negli obesi, è possibile avere una malattia più severa".

Ci si può riammalare dopo essere guariti?

R: "Bisogna fare un distinguo. Da una parte è possibile che non si sia veramente guariti, che dunque il virus sia ancora in circolo e sia responsabile della seconda non vera e propria infezione, ma recrudescenza della malattia. E' stato dimostrato però che in alcuni casi si può essere infettati nuovamente. Negli Usa, ad esempio, un lavoro appena pubblicato fa vedere che il virus nella seconda infezione era diverso da quello della prima e non poteva essere mutato all'interno dell'organismo, quindi doveva per forza essere una seconda infezione, in questo caso è stata più grave della prima. Ci sono però casi in cui nelle seconde infezioni, la gravità della malattia è ridotta rispetto alla prima".

Gli anticorpi quanto resistono?

R: "Qui abbiamo delle buone notizie, perché per quanto riguarda i pazienti che hanno avuto la malattia, si è visto in un recente studio su Science, che quasi tutti avevano anticorpi anche 5 mesi dopo la malattia. Ciò è positivo perché vuol dire che la risposta immunitaria è duratura. Per quanto riguarda invece gli asintomatici non è esattamente così, perché in questo studio che è uscito in Gb su 150mila soggetti si è visto che gli anticorpi si riducono nella gran parte dei casi, circa il 60%. Una cosa importante da dire è che questo non significa che non si abbia una risposta immunitaria nella memoria, come si dice, e che possa essere attivata in una seconda esposizione al virus, però è ancora presto per dirlo, dobbiamo aspettare".

Quale test è il migliore per capire se abbiamo gli anticorpi e quale per capire se abbiamo il virus SARS-CoV-2?

C: "La diagnostica anticorpale è una diagnostica indiretta, ci dice solo se noi abbiamo avuto un contatto col virus. Può essere un contatto ancora in essere o un contatto che è stato superato. Oggi non abbiamo una indagine che ci indica con certezza tramite gli anticorpi se l'infezione è in atto. Esistono due tipologie di indagini fondamentali: quella da prelievo venoso e quella del cosiddetto 'pungidito'. Quella da prelievo venoso ci indica anche la quantità di anticorpi che abbiamo per cui è sicuramente più indicata rispetto al pungidito e comunque è utilissimo per gli studi di popolazione, per vedere quanto è circolato il virus. Quello che è importante è comprendere se si vanno a individuare i cosiddetti 'anticorpi neutralizzanti', quelli che combattono realmente il virus una volta che è introdotto nel nostro organismo. Cosa importante che è stata prima detto è che noi dovremmo comunque valutare successivamente la persistenza della memoria immunologica ovvero se l'aggressione del virus ci ha indotto una memoria immunologica che anche a distanza può far sì che vengano riprodotti anticorpi. Se così non fosse saremmo soggetti sicuramente alle re-infezioni".

Per quanto tempo, se si ha il virus, si è infettivi?

C: "Si è passati dai 21 giorni ai 14, le ultime indicazioni ci dicono che a 10 giorni, da un tampone positivo, si può ritenere un tempo quasi certo perché si negativizzi l'individuo, ma si deve fare un tampone di controllo. Però abbiamo verificato che in genere a 14 giorni il virus non è più presente nell'individuo umano".

Gli asintomatici sono contagiosi?

R: "Gli asintomatici sono altrettanto contagiosi soprattutto se sono pre-sintomatici, cioè se sono asintomatici ma svilupperanno in seguito i sintomi. Nella gran parte dei casi le persone nel giro di un paio di giorni sviluppano sintomi, quindi non possiamo dimenticarci che sono in una fase precoce di malattia che può essere altrettanto contagiosa. In più con gli asintomatici, a volte può succedere, in alcuni casi, che ci siano delle opacità, ad esempio se si guarda la Tac. Ciò vuol dire che questi soggetti in realtà non sono completamente asintomatici, non hanno i classici sintomi che possono essere tosse, perdita di olfatto, febbre, ma anche in questi soggetti il virus può essere andato in profondità e possono essere contagiosi. Non bisogna spaventarsi però bisogna sapere che le persone anche se pensiamo che al momento non possano trasmettere il virus, in realtà, potrebbero farlo se sono positive e sono asintomatiche".

Esistono cure efficaci per il Covid-19?

C: "Oggi esistono dei protocolli che ci inducono a ben sperare nel trattamento dei pazienti affetti dalla malattia. Sono protocolli che si basano sull'utilizzo dell'eparina, del desametasone, che è il cortisone, e soprattutto sulle terapie di sostegno tramite ossigeno, che resta comunque la prima aggressione nell'organismo l'individuo colpito che ha difficoltà respiratorie. Certo è che sappiamo che esiste l'utilizzo di antivirali come il Remdesivir, quindi a seconda dell'individuo e a seconda delle patologia pregresse, la terapia viene mirata. Sicuramente non siamo più nelle condizioni di marzo-aprile quando lavoravamo in maniera quasi empirica".

Quali sono le cure sperimentali più promettenti?

C: "Quelle di cui si fa un gran parlare, giustamente perché rappresentano il futuro, sono gli anticorpi monoclonali. In attesa del vaccino, che chissà quando arriverà, le terapie con anticorpi monoclonali potrebbero veramente rappresentare la chiave di volta per la risoluzione della patologia da Covid-19".

Cosa sono gli anticorpi monoclonali?

R: "Gli anticorpi monoclonari sono derivati da soggetti malati di Covid, sono state isolate delle cellule che li producono e sono state selezionate per la loro capacità di legare il virus e di neutralizzarlo. Quando viene identificato l'anticorpo corretto, viene poi prodotto in scala industriale. L'anticorpo, però, agirà soprattutto nelle prime fasi della malattia perché essendo rivolto contro il virus ne impedisce la capacità di infettare e quindi può essere utilizzato soprattutto nelle prime fasi. In due studi fatti su due anticorpi, che sono i più avanzati, il primo ha dimostrato un'efficacia ed è stato fatto su soggetti allo stadio iniziale della malattia, il secondo invece su soggetti già ospedalizzati ha dimostrato che l'anticorpo non ha funzionato".

Su cosa si basa la cura con plasma iperimmune?

R: "Il plasma iperimmune viene preso da soggetti che hanno avuto il Covid e che hanno sviluppato degli anticorpi neutralizzanti. Quando il plasma è ricco di anticorpi viene utilizzato negli altri pazienti. E' importante che gli anticorpi siano neutralizzanti, perché uno studio che è stato fatto sul New England Journal of Medicine, su 450 soggetti non ha dimostrato l'efficacia perché probabilmente non avevano utilizzato il corretto plasma, il plasma di soggetti con anticorpi neutralizzanti".

Quali danni può lasciare la malattia?

C: "Purtroppo nei pazienti che hanno avuto in maniera importante la malattia i danni possono essere permanenti o comunque a lunga permanenza. Si tratta di danni a livello dell'apparato respiratorio, però abbiamo anche danni all'apparato escretore, ai reni, all'apparato cardiovascolare, a livello del cuore. Abbiamo anche riscontrato danni anche a livello neurologico. Questo è il motivo per cui il coronavirus viene considerato un virus multibersaglio. Però vorrei dare anche un messaggio di speranza: in Italia le istituzioni sia a livello centrale che a livello periferico hanno elaborato dei protocolli che son stati trasformati in leggi o in delibere regionali che consentono al paziente che ha avuto il Covid di essere seguito nel tempo per valutare i danni che può aver avuto".

Possiamo continuare a dire che le fasce giovani sono le meno colpite e le anziane le più attaccate?

R: "Sì. I bambini si infettano di meno, i giovani si infettano tanto quanto gli adulti, però la severità di malattia è molto meno grave. Gli anziani purtroppo restano i soggetti a rischio, gli ultrasessantenni, soprattutto se con comorbilità".

Ha senso fare un lockdown per fasce d'età, confinando gli over 60?

C: "Si ragiona sempre su fasce di rischio. Gli ultasettantenni rappresentano sicuramente pazienti fragili, ma anche il cinquantenne o il quarantenne sottoposto a trapianto o che ha problemi a livello di sistema immunitario è un paziente a rischio. Più che l'età, che sicuramente è un fattore importante, dovremmo anche individuare realmente quelli che sono a rischio, fare un lockdown per le persone fragili, indipendentemente dall'età".

Quanto resiste il virus sulle superfici?

C: "Se dovessimo considerare le superfici in condizioni ideali, ovvero sottovuoto con temperatura idonea, tasso di umidità a zero, potrebbero durare anche alcune ore, se non alcuni giorni. La realtà è ben diversa, sulle superfici con cui siamo abitualmente a contatto, quelle domestiche o quelle dei luoghi di lavoro o dei mezzi pubblici, bastano pochi minuti, se non pochi secondi perché il virus si degradi e non abbia più quelle capacità infettanti che ha invece quando esce dal nostro organismo e ne raggiunge un altro".

Quali misure e pratiche ci proteggono dal virus?

R: "La mascherina, il distanziamento, l'areazione del locale, il lavaggio delle mani sono fondamentali. Ricordiamoci che il virus si trasmette attraverso le mucose, quindi se abbiamo le mani sporche e le portiamo agli occhi o alla bocca possiamo trasmetterlo. Ogni cittadino si può proteggere in questo momento utilizzando la mascherina e non abbassando mai la guardia, questo dobbiamo farlo tutti".

Quando arriverà il vaccino per tutti?

R: "A me farebbe piacere che il vaccino arrivasse alla fine di quest'anno, che arrivasse a marzo dell'anno prossimo, sicuramente non è facile poterlo dire. Sappiamo che gli studi stanno andando bene, sappiamo che i vaccini sono in dirittura d'arrivo, però quando sarà disponibile per tutti non lo so. E' importante che abbiamo tante armi, quindi, tra anticorpi monoclonali e vaccini, sperando che siano più di uno da averne abbastanza dosi. Dobbiamo aspettare fiduciosi".

Basterà vaccinarsi una sola volta per avere l'immunità e il vaccino sarà la soluzione della pandemia?

R: "Sicuramente per ottenere una buona vaccinazione, bisogna farne almeno due, perché la prima serve per attivare il sistema immunitario, la seconda per consolidare e amplificare la risposta. Quanto durerà questa risposta non lo sappiamo. Il tetano, ad esempio si fa ogni 10 anni, mentre per l'influenza si fa ogni anno. Non lo sappiamo, è probabile che ci troveremo in una condizione in cui dovremo farlo più di frequente, dipende da quanto durerà la risposta immunitaria. Se sarà la soluzione della pandemia, lo spero proprio".