Scuola, tornare in classe per l'ultimo giorno: perché sono d'accordo

Cronaca

Ilaria Iacoviello

Magari conterà più per i genitori, magari i bambini non capiranno il significato ma sicuramente dopo 2 o 3 mesi di didattica a distanza, per loro potrebbe essere un'occasione per ritrovare la quotidianità smarrita, quella socialità che noi genitori abbiamo cercato, seppure con grandi difficoltà, di non far perdere loro. L'opinione di Ilaria Iacoviello 

L'idea mi aveva già colpito due settimane fa. Sono un'appassionata di scuola, la seguo ormai da tempo e non solo per lavoro. La seguo soprattutto come mamma di un bambino che il prossimo anno inizierà le elementari in una scuola diversa da quella che frequenta oggi - o meglio – frequentava prima del Covid.

"Perché non permettere ai bambini, di incontrarsi almeno per salutarsi? Perché privarli dell'ultimo giorno di scuola? " (A CONDIZIONE CHE NON SIA UN ALIBI. L'OPINIONE DI MARCO MARINI)

L'aveva ipotizzato il viceministro Ascani e sapete che vi dico? Sono d'accordo con lei.

Magari conterà più per i genitori, magari i bambini non capiranno il significato di: "Ciao amici, sono stati 3 anni molto belli fra canti, musica e recite" (recite dove peraltro piango regolamente per l'emozione) ma sicuramente dopo 2 o 3 mesi di didattica a distanza, per loro potrebbe essere un'occasione per ritrovare la quotidianità smarrita, quella socialità che noi genitori abbiamo cercato, seppure con grandi difficoltà, di non far perdere loro fra biscotti preparati, torte bruciate (chi mi conosce sa bene che in cucina sono pessima), balletti improvvisati e storie raccontate. Certo sul breve periodo siamo tutti bravi, ma è sul lungo periodo, sulla stanchezza che si fa sentire, su quel senso di impotenza che hai quando vorresti organizzare mille cose e non puoi fare nulla perchè c'è il Covid che “si gioca la partita”.

E poi arriva quel giorno dove capisci tutto: ho bene in mente gli occhi di mio figlio quando ha rivisto i suoi amici dopo la chiusura della scuola. "Francesco da domani la scuola è chiusa- gli avevo detto a febbraio - per colpa di questo brutto virus chiamato Covid ma poi stai sicuro che i tuoi amici li vedi lo stesso". Non è stato così.

Sono passate settimane. Dante, Andrea, Ro Carolina, Francesca gli sono mancati tantissimo e quando ha potuto rivederli seppur in un piccolo quadratino di  Zoom è stata la felicità .

 

Ma non è Zoom che può sostituirsi alla classe, a tata Lucia, al maestro Davide, a tata Angela, a Nicole ed Elisa: i bambini hanno bisogno di socialità, hanno bisogno di vedere i loro insegnanti dal vivo, di disegnare con il compagno vicino, di chiacchierare su quelle piccole cose che fanno il loro mondo tanto grande quanto prezioso.

Certo, la questione sicurezza, certo le mascherine, certo i contagi: tutto giusto, non discuto. Ma, mentre parliamo di centri estivi e scuola a settembre, perché non provare a ipotizzare una festa per la chiusura di questo stampalato (per non dire altro) anno scolastico, anche per raccontarsi cosa è successo, per raccontarsi di questo Covid, davvero proprio brutto. In un parco, al mare, in montagna... insomma all'aperto... cercando di limitare i rischi, ma dando loro la possibilità di ritrovare i loro spazi.

Non è qualcosa di impossibile e non sono folle o poco avveduta a pensarlo.  Penso che a tutto si possa trovare una soluzione ma penso anche che sarebbe una sconfitta per tutti noi chiudere un capitolo così importante con un click di Zoom. Anonimo e sconfortante.

Pensiamoci. Proviamoci. Possiamo fallire, ma almeno potremo sempre dire di averci provato. Perché il mondo dei nostri figli è anche un po' il nostro mondo e perché anche noi abbiamo imparato a sognare attraverso i loro occhi.

E i sogni - da adulti - si sa, sono merce rara.

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