Annalisa Malara è l'anestesista che per prima ha diagnosticato il virus in Italia, individuando il focolaio. “Mattia si è presentato con una polmonite leggera, ma resistente ad ogni terapia nota”, racconta in un’intervista a Repubblica
“Quando un malato non risponde alle cure normali, all’università mi hanno insegnato a non ignorare l’ipotesi peggiore. Mattia si è presentato con una polmonite leggera, ma resistente ad ogni terapia nota. Ho pensato che anch’io, per aiutarlo, dovevo cercare qualcosa di impossibile”. A spiegarlo, intervistata da Repubblica, è Annalisa Malara, anestesista di Cremona, il medico dell’ospedale di Codogno che ha per prima ha diagnosticato il paziente 1 positivo al coronavirus (GLI AGGIORNAMENTI), individuando il focolaio italiano. Grazie alla sua intuizione, il nostro Paese ha avuto la possibilità di rallentare la diffusione dell’epidemia (LO SPECIALE - ANTIVIRUS: L'ITALIA CHE RESISTE - LE TAPPE).
La decisione di eseguire il tampone
L’idea che potesse trattarsi di coronavirus le è venuta dopo che “farmaci e cure risultavano inefficaci su una polmonite apparentemente banale”. Giovedì 20 febbraio, quando le condizioni del paziente erano drasticamente peggiorate, ha “chiesto un’altra volta alla moglie se Mattia avesse avuto rapporti riconducibili alla Cina. Le è venuta in mente la cena con un collega, quello poi risultato negativo”, racconta. Così ha deciso di “chiedere l’autorizzazione all’azienda sanitaria” per un tampone, che ha confermato il Covid-19. “Nel frattempo - aggiunge - io e i tre infermieri del reparto abbiamo indossato le protezioni suggerite per il coronavirus. Questo eccesso di prudenza ci ha salvato”, visto che “nessuno di noi è stato contagiato”. “Il Covid-19 non aveva messo in conto che l’essere umano, pur di sopravvivere, non si rassegna”, conclude (CORONAVIRUS LE COSE DA SAPERE - LA DIFFUSIONE IN UNA MAPPA - DOMANDE E RISPOSTE).