Napoli, comunità cinese: "Noi in prima linea contro rischio coronavirus, stop pregiudizi"

Cronaca

Gaia Bozza

Contatto costante con le autorità sanitarie per limitare potenziali rischi: “Ma le persone ci guardano male quando ci vedono in strada”. All'inizio della prossima settimana flash mob con il Comune di Napoli

Oltre 7500 persone, che diventano 15mila includendo la provincia vesuviana e chi non ha il permesso di soggiorno: è la comunità cinese a Napoli, che da molti anni è rappresentata da Wu Zhiqiang, noto come Salvio Wu, da oltre due decenni nel capoluogo partenopeo.

Attività cinesi, per il coronavirus calo tra il 50 e il 70 per cento

“A Roma - racconta a Sky Tg24 - ci sono attività cinesi che stanno letteralmente per chiudere e hanno affisso tanto di cartello. Qui la situazione è leggermente migliore perché la comunità napoletana è in genere molto accogliente, però le nostre attività stanno perdendo molti guadagni”. Più o meno il 50 per cento dei negozi cinesi, il 70 per cento dei ristoranti cinesi e giapponesi. A generare paura e pregiudizio è il coronavirus, per il quale non si registrano casi in Campania, tuttavia l’effetto dell’allarme globale si fa sentire anche qui e sfocia talvolta in altro, al di là di singoli e gravi episodi in fase di accertamento da parte delle autorità competenti, come la denuncia di un'aggressione ai danni di un allievo del conservatorio di Avellino.

Il presidente della comunità: "Troppi pregiudizi, c'è paura"

“Non ci sentiamo tranquilli - spiega Zhiqiang - Se entriamo nei negozi ci guardano straniti e ci tengono a distanza. Io che parlo un po’ di italiano dico ‘Gente, manco dalla Cina da quasi vent’anni, non c’entro col coronavirus’. Solo dopo questa frase si stempera l’atmosfera, ma certo non posso girare con un cartello appeso al collo. Io umanamente lo capisco, perché si ha paura, ma ci sono anche i pregiudizi”. Qualche problema anche nelle scuole, dove i genitori dei bambini italiani chiamano a volte con preoccupazione i dirigenti scolastici e in qualche caso chiedono di non far frequentare le lezioni ai figli dei cinesi, anche se non sono andati in Cina, per paura di potenziali rischi. Pura psicosi.

L'impegno sul fronte sanitario per limitare rischi

Anche per questo, la comunità cinese e quella napoletana si stanno impegnando su due fronti: uno sanitario e uno di sensibilizzazione. Tre giorni fa c’è stato un flash mob in piazza durante il quale ci sono stati abbracci contro la diffidenza. Ce ne sarà un altro insieme al Comune di Napoli all’inizio della prossima settimana e sull’aspetto sanitario sono in via di definizione degli accordi con le istituzioni napoletane (ospedale Cotugno in primis) per tenere sotto controllo la situazione e aiutare a sventare qualsiasi potenziale rischio, proprio grazie al fatto che la comunità cinese ha il polso della situazione rispetto ad arrivi e partenze e per prima è molto attenta. La comunità è in stretto e costante contatto con le autorità sanitarie: “Siamo in prima linea per la sicurezza pubblica - assicura - I primi ad essere esposti a un potenziale rischio siamo noi”. 

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