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Eutanasia, Marco Cappato: “Quasi 800 persone ci hanno chiesto di morire”

Cronaca

Il tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni alla manifestazione “Liberi fino alla fine”: “I nostri nemici sono quelli che dicono di essere d'accordo con noi e per sei anni non hanno mosso un dito per ottenere una legge". Martedì 24 l’udienza sul caso di dj Fabo

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"Quasi 800 persone si sono rivolte a Mina Welby e a me per chiedere di poter morire e molte di loro avrebbero potuto prendere una decisione diversa se fossero state assistite da un medico, uno psichiatra, un assistente sociale. Questa lotta di libertà una volta, che l'avremmo vinta, ci potrà far alleare con coloro che oggi sembrano essere i più acerrimi nemici". A dirlo è Marco Cappato, tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni, a margine della manifestazione “Liberi fino alla fine” a favore dell'eutanasia legale svoltasi oggi in piazza San Giovanni Bosco a Roma. Un tema su cui il Parlamento, secondo Filomena Gallo, segretario dell’Associazione, “ha perso un'occasione, non legiferando". Intanto c’è attesa per l'udienza del 24 settembre, in cui la Consulta si riunirà per pronunciarsi sul caso di aiuto al suicidio che vede coinvolto Marco Cappato nella vicenda di Fabiano Antoniani “dj Fabo”, deceduto in una clinica svizzera con il suicidio assistito, e per cui il tesoriere rischia dai 5 ai 12 anni di reclusione. Martedì, inoltre, è anche il giorno in cui "scade" l'anno di attesa concesso al Parlamento per tornare a legiferare ed evitare in questo modo il giudizio di costituzionalità sull'articolo del codice penale che punisce allo stesso modo sia l'istigazione al suicidio che l'aiuto al suicidio. (EUTANASIA, SUICIDIO ASSISTITO, BIOTESTAMENTO: LE DIFFERENZE - L'EUTANASIA IN EUROPA: DOVE È LEGALE - L'EUTANASIA NEL MONDO)

"I nostri veri nemici sono gli indifferenti"

Cappato, a margine della manifestazione, ha poi ricordato le parole di Marco Pannella ai tempi delle battaglie per il divorzio e l'aborto: "I nostri veri nemici sono gli indifferenti". "I nostri nemici - ha osservato - sono quelli che dicono di essere d'accordo con noi e magari per sei anni non hanno mosso un dito per ottenere una legge per vivere liberi fino alla fine". "Ai nostri avversari diciamo: noi saremo alleati, lo siamo già per le cure palliative, per l'assistenza ai malati, per l'assistenza ai disabili per la ricerca scientifica - ha aggiunto Cappato - Assistenza che deve essere sempre fornita alla luce del sole e non nella clandestinità cui il proibizionismo costringe”.

"Non abbiamo mai chiesto al governo di votare l'eutanasia”

Sul piano politico, Cappato ha ribadito: "Non abbiamo mai chiesto al governo in quanto tale di votare l'eutanasia. Mai. In questi 13 anni di battaglia, abbiamo sempre chiesto al Parlamento di discutere liberamente, perché noi sappiamo che quando otterremo il dibattito in Parlamento vinceremo sulla legge". "Anche elettori della Lega - ha aggiunto - sono d'accordo con noi. L'ostacolo non è chiedere un accordo politico del governo per la legalizzazione dell'eutanasia, semmai che il governo lasci il Parlamento libero di discutere e decidere sul tema".

“Cercano di impedire alla Corte di decidere”

Cappato è poi tornato sulla vicenda della telefonata fatta dalla Presidente del Senato Elisabetta Casellati al Presidente della Consulta, che Palazzo Madama ha subito precisato essere stata “una comunicazione meramente informale sullo stato delle iniziative legislative depositate in Senato, così come concordato in sede di conferenza dei capigruppo". Secondo il tesoriere dell’Associazione Coscioni, la telefonata è un atto "del tutto abusivo rispetto alle competenze e ai poteri di un presidente di assemblea parlamentare". "C'è chi in queste ore - ha aggiunto Cappato - si sta mobilitando nei corridoi dei Palazzo, dall'una e dall'altra parte del Tevere, per cercare di impedire alla Corte di decidere. Sono passati 6 anni dal deposito della nostra proposta di legge sull'eutanasia non è stato fatto nulla e, ora, a sei giorni, c'è chi si muove non per fare una legge in Parlamento ma per far finta di fare una legge e cercare così ostacolare il lavoro della Corte. A loro diciamo: noi andiamo avanti sicuri che questa battaglia si vincerà".