Arrestato Paolo Arata, ex consulente per l'energia della Lega

Cronaca

In manette anche il figlio Francesco. Le accuse sono corruzione e autoriciclaggio. Raggiunto dalla misura in carcere anche l'imprenditore dell'eolico Vito Nicastri. L'altro filone dell'inchiesta aveva portato alla revoca dell'incarico al sottosegretario leghista Siri

Sono stati arrestati Paolo Arata, ex consulente della Lega per l'energia ed ex deputato di Fi, e il figlio Francesco. Sono accusati di corruzione, autoriciclaggio e intestazione fittizia di beni, nell'ambito di un'indagine su un presunto giro di mazzette alla Regione siciliana. I due sarebbero soci occulti dell'imprenditore trapanese dell'eolico Vito Nicastri, ritenuto dai magistrati tra i finanziatori della latitanza del boss Matteo Messina Denaro. La misura cautelare riguarda anche Nicastri, al quale però è stata notificata in carcere in quanto già detenuto, e il figlio Manlio. Questa vicenda giudiziaria aveva portato alla revoca dell’incarico dell’ex sottosegretario leghista Armando Siri, indagato nell’altro filone dell’inchiesta sempre insieme ad Arata, per una presunta mazzetta da 30 mila euro, in cambio di un emendamento per “aggiustare” altri finanziamenti agli affari sull’eolico con Vito Nicastri.

Gli altri indagati

Nell'ambito dell'inchiesta è poi finito ai domiciliari un ex funzionario all’assessorato regionale all’Energia. Ma sono coinvolti nell'indagine anche altri funzionari pubblici: si tratta di un funzionario dell'assessorato al Territorio e Ambiente e di un funzionario del Comune di Calatafimi, accusati di corruzione per l'esercizio delle funzioni. Invece il presidente della Commissione Via (Valutazione d'impatto Ambientale) dell'assessorato Territorio e Ambiente risponde di abuso d'ufficio. Inoltre, la Procura di Palermo ha disposto il sequestro di otto società che operano nel campo delle energie rinnovabili, settore in cui hanno investito gli indagati.

L'inchiesta

L'arresto degli Arata è stato disposto dal gip di Palermo Guglielmo Nicastro su richiesta della Dda guidata da Francesco Lo Voi. Gli Arata sono indagati da mesi per un giro di mazzette alla Regione siciliana che coinvolge anche Nicastri, tornato in cella già ad aprile perché dai domiciliari continuava a fare affari illegali. Nel business c'erano anche gli Arata che, secondo i pm, di Nicastri sarebbero soci. Ai domiciliari è finito invece l'ex funzionario regionale dell'Assessorato all'Energia Alberto Tinnirello, accusato di corruzione.

Le reazioni

Sugli arresti non si sono fatte attendere le reazioni del mondo politico. "Il governo vada avanti perché c'è un contratto da rispettare”, sottolinea Alessandro Di Battista. “Allo stesso tempo il Movimento deve continuare a denunciare il malaffare dilagante, reso possibile dalle relazioni pericolose dei partiti". Per il sottosegretario M5S Stefano Buffagni "non siamo noi a dover giudicare, ma la magistratura, anche se gli arresti di oggi dimostrano che su Siri avevamo ragione”. Dall’opposizione arriva la voce di Andrea Orlando, vicesegretario del Pd ed ex ministro della Giustizia: “La vicenda Arata non è un fatto di semplice corruzione, ha a che fare con la criminalità organizzata e per questo se ne deve occupare la commissione antimafia urgentemente”, afferma. Mentre il presidente della Commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra, dice: “Ora in Regione Sicilia chi aveva dato concessioni per i due parchi eolici in questione con grande leggerezza dovrà fornire risposte!".

L'altro filone: il caso Siri

Una tranche dell'inchiesta nei mesi scorsi è finita a Roma perché alcune intercettazioni avrebbero svelato il pagamento di una presunta mazzetta, da parte di Arata, all'ex sottosegretario alle Infrastrutture leghista Armando Siri (COS'È SUCCESSO). In cambio del denaro Siri avrebbe presentato un emendamento al Def, poi mai approvato, sugli incentivi connessi al mini-eolico, settore in cui l'ex consulente del Carroccio aveva investito. A Palermo invece è rimasta l'indagine sul giro di corruzione alla Regione siciliana che ha condotto all'arresto degli Arata e dei Nicastri. Tutti al centro, secondo i pm di Palermo, di un sistema di tangenti che avrebbero favorito Nicastri e il suo socio occulto nell'ottenimento di autorizzazioni per i suoi affari nell'eolico e nel bio-metano. Ai funzionari regionali sarebbero andate mazzette dagli 11 mila ai 115 mila euro.

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