Indagato un cognato di Renzi. L'ex premier: vedremo le sentenze

Cronaca
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I tre fratelli Conticini – uno è marito di una sorella dell’ex segretario Pd– sono indagati per riciclaggio. Renzi commenta su Facebook: “Mi accuseranno anche di essere il mostro di Firenze”

I tre fratelli Conticini – Alessandro, Luca e Andrea (quest’ultimo cognato di Matteo Renzi) – sono indagati a Firenze per riciclaggio: secondo quanto sostenuto dagli inquirenti, circa 6,6 milioni di 10 milioni di dollari con cui Unicef, Fondazione Pulitzer e alcune onlus credevano di finanziare attività benefiche di Play Therapy Africa, sarebbero invece finiti in conti bancari personali riconducibili, a vario titolo, ai tre fratelli.
Sulla vicenda è intervenuto l’ex premier Matteo Renzi: “Dopo i sacchetti di plastica, l'aereo di Stato e i bambini africani a settembre mi accuseranno anche di essere stato, udite, udite, il vero mandante del mostro di Firenze” - ironizza su Facebook - “Un'indagine aperta da ben DUE anni su un fratello del marito di una mia sorella per presunte irregolarità (presunte), nel suo lavoro di dirigente della cooperazione. Prove? Dopo due anni di indagini non risultano, le vedremo al processo. Ma tanto basta solo evocare la vicenda per andare sui giornali oggi - esattamente come due anni fa - con un'altra condanna: quella dei titoli a effetto. E con i social che sputano sentenze. Vedremo che cosa diranno le sentenze. 

La ricostruzione della vicenda

Il caso riguarda i tre fratelli Conticini: Alessandro, Luca e Andrea, quest’ultimo marito di una sorella di Matteo Renzi. Il maggiore dei tre, Alessandro, è accusato dai pm di essersi appropriato di una buona parte delle donazioni ricevute dalla onlus di cui è fondatore e direttore – la Pet Therapy Africa, consociata alla casa madre Play Therapy ltd Londra -, facendoli transitare sui conti bancari propri e dei fratelli minori. Si tratterebbe di circa 6,6 milioni dei 10 totali con cui Unicef (3,8 milioni dollari tra 2008 e 2013), Fondazione Pulitzer (5,5 milioni dollari tra 2009 e 2016 transitati dalla onlus Operations Usa) e altre onlus americane e australiane (900.000 dollari complessivi) credevano di finanziare attività benefiche destinate ai bambini di Play Therapy Africa. I tre fratelli sono tutti indagati per riciclaggio, e Alessandro e Luca anche per appropriazione indebita.

La nascita dell’inchiesta

I pm ritengono che i 6,6 milioni di dollari finiti nei conti dell'agenzia della Cassa di Risparmio di Rimini a Castenaso sia una somma sproporzionata - anche rispetto a eventuali compensi e spese sostenuti da Alessandro Conticini per i suoi impegni con la Play Therapy Africa-, sul totale dei 10 milioni donati. E le rogatorie e altri accertamenti avrebbero ricostruito che parte dei soldi avrebbe preso vie diverse dall'Africa.

Invito a comparire

Ai Conticini la procura ha notificato un invito a comparire per il 14 giugno scorso: nessuno di loro si è presentato. La procura ha poi dovuto fare una rogatoria verso Unicef, Fondazione Pulitzer e le altre parti offese perché, con la riforma Orlando relativa al reato di appropriazione indebita, questi enti devono presentare querela affinché il procedimento possa andare avanti

Le parole della difesa dei fratelli

"I tempi della difesa li decide la difesa": così l'avvocato Federico Bagattini di Firenze, difensore dei tre fratelli Conticini, ha commentato la decisione di non presentarsi, da parte di nessuno dei tre indagati, alla procura di Firenze il 14 giugno scorso dove i magistrati Luca Turco e Giuseppina Mione li avevano invitati a comparire. "A dicembre scorso avevamo chiesto noi di comparire davanti al pm, ma il pm non ce lo ha concesso", ha anche detto l'avvocato Bagattini non volendo aggiungere altro sull'inchiesta.

La risposta di Renzi

"Prendiamola sul ridere, dai, che forse è meglio così. Un'indagine aperta da ben due anni su un fratello del marito di una mia sorella per presunte irregolarità (presunte), nel suo lavoro di dirigente della cooperazione”, il post di Matteo Renzi sulla vicenda dei fratelli Conticini è polemico. “Prove? Dopo due anni di indagini non risultano, le vedremo al processo”. L’ex premier dice dunque di voler attendere le sentenze, “anche quelle per risarcimento danni perché essere buoni va bene, ma il mutuo di casa lo pagheremo con i risarcimenti”.

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