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Moda per salvare gli oceani: plastica e reti da pesca diventano abiti

Cronaca

Sky TG24 nelle fabbriche dove il "pet" post consumo viene trasformato in vestiti 100% ecosostenibili, un cambio di passo necessario per una delle industrie più inquinanti al mondo

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di Maria Teresa Squillaci

Per fare una giacca ci vogliono 100 bottigliette di plastica, per fare una maglietta circa 100 grammi di reti da pesca recuperate sui fondali degli oceani. La nuova sfida della moda è la sostenibilità e c’è chi partendo dalla plastica monouso o dai rifiuti recuperati in mare ha deciso di produrre fibre tessili 100% ecosostenibili (FOTO) (LO SPECIALE SKY UN MARE DA SALVARE)

Mezzo milione di microfibre plastiche all'anno negli oceani

Ridurre l’impatto ambientale è fondamentale per l’industria tessile, la seconda più inquinante al mondo dopo il petrolio per utilizzo di materie prime, acqua e energia. Secondo quanto emerge da un dossier della fondazione MacArthur, ogni secondo nel mondo finisce nella spazzatura l'equivalente di un intero camion di tessuti. Il modello attuale "usa e getta" dell'industria è fonte di un impatto ambientale notevole e di uno spreco anche economico. Oltre che essere fonte di sprechi, ricorda il dossier, l'industria tessile è inquinante: gli abiti rilasciano ogni anno mezzo milione di tonnellate di microfibre negli oceani. Una quantità pari a oltre 50 miliardi di bottiglie di plastica e 16 volte superiore alle microplastiche derivanti dai cosmetici.

Inquinamento quotidiano

È necessario cambiare non solo il modo di produrre ma anche quello di consumare, scegliendo abiti certificati, di migliore qualità, che durino più a lungo e che necessitino di meno lavaggi. Uno studio dell'università britannica di Plymouth ha preso in esame i cicli di lavaggio di diverse tipologie di indumenti sintetici, a temperature standard comprese tra 30 e 40 gradi e con vari detersivi: è emerso che durante un singolo lavaggio di sei chili di vestiti vengono rilasciate 137mila microfibre nel caso si lavino tessuti misti cotone-poliestere. Ma se il bucato è di materiali acrilici si arriva a 730mila micro-particelle di plastica rilasciate. Il 40% delle microfibre non viene trattenuto dagli impianti di trattamento e finisce nell’ambiente, viene ingerita dalle larve dei pesci ed entra nella catena alimentare.

Brand e sostenibilità

Sono tanti i marchi che hanno deciso di intraprendere il percorso della sostenibilità che non è un trend stagionale ma strutturale. Non è solo italiano ma globale. Alcuni brand in particolare hanno deciso di utilizzare, almeno in parte, delle fibre innovative derivanti dal riciclo della plastica, in alcuni casi si tratta di plastica che arriva dagli oceani. Alcune di queste fibre innovative sono italiane: Econyl di Aquafil (prodotta dalla plastica e dalle reti da pesca degli oceani) e il filato Newlife (realizzato a partire dal PET riciclato Made in Italy).

Dalla plastica agli abiti

Il New Life è un filo continuo di poliestere riciclato derivante al 100% da bottiglie di plastica post-consumo raccolte e processate interamente in Italia. Per vedere come avviene questo processo siamo andati a Sant'Albano Stura, alla Dentis, la fabbrica dove le bottigliette di plastica post consumo vengono lavate, divise per colore e ridotte in scaglie, la base per fare il filo New Life (FOTO). Le scaglie vengono poi inviate alla filatura di Sinterama a Saluzzo dove vengono trasformate in filo. Si tratta di un processo meccanico, non chimico come per i tradizionali fili di poliestere, che non utilizza quindi agenti chimici, e riduce emissioni e dispendio di energia.Un processo di questo tipo permette di risparmiare il 60% di risorse energetiche e il 94% di acqua e riducendo del 32% le emissioni di anidride carbonica. Il filo così prodotto viene poi utilizzato da brand giovani come Re - Bello ma anche per produrre abiti che possono sfilare anche sui red carpet come quello realizzato dalla stilista Laura Strambi per i Green Carpet Fashion Awards, gli Oscar della moda sostenibile organizzati ogni anno a Milano.

Gli esempi di Stella McCartney e Adidas

Tra i marchi mainstream che hanno deciso di lanciare delle capsule collection sostenibili c’è Adidas che ha prodotto scarpe da corsa ottenute dalla plastica degli oceani e Stella McCartney che ha realizzato la sua borsa iconica Falabella GO in nylon e poliestere riciclato 

Il valore economico della moda sostenibile

Investire nella sostenibilità conviene anche dal punto di vista economico: “Uno studio di Boston Consulting Group parla di 23 miliardi di euro generati nel 2016 da acquisti di lusso fatti da consumatori attenti alla sostenibilità” spiega Francesca Romana Rinaldi Direttore New Sustainable Fashion - Milano Fashion Institute “L’aspetto forse ancora più interessante è che questo cluster di consumatori è quello più in crescita. Entro il 2030 Global Fashion Agenda+ Boston Consulting Group stimano che  l’industria della moda potrebbe generare 160 miliardi annui, grazie all’utilizzo di pratiche sostenibili”.