L'arresto è stato eseguito dalla polizia dopo un blitz scattato nella notte a Condofuri, in provincia di Reggio Calabria. Il latitante era nascosto in un'abitazione isolata e in una zona impervia
Arrestato il boss latitante Giuseppe Pelle, considerato capo strategico e membro dei vertici della 'ndrangheta. L'arresto è stato eseguito dalla polizia dopo un blitz scattato nella notte a Condofuri, in provincia di Reggio Calabria. Pelle era nascosto in un'abitazione isolata in una zona impervia alle porte del paese calabrese.
Il blitz
All'irruzione nelle campagne calabresi hanno partecipato una cinquantina di uomini della squadra mobile di Reggio Calabria e del Servizio centrale operativo della polizia, coordinati dalla Dda reggina. I poliziotti hanno scovato il boss in un'abitazione completamente isolata in una contrada impervia nell'entroterra: non vi era alcuna strada per per accedervi e la casa era posizionata nei pressi del greto di un torrente. Quando è scattato il blitz, all'interno della casa c'erano oltre al boss altre persone, le cui posizioni sono ora al vaglio degli inquirenti. Nessuno di loro ha opposto resistenza.
Chi è Giuseppe Pelle
Pelle, 58 anni e latitante dal 2016, è considerato dagli inquirenti elemento di spicco delle cosche di San Luca e facente parte della "Provincia", uno degli organi di vertice della 'Ndrangheta. Era ricercato per associazione mafiosa ed estorsione. L'uomo appartiene alla potente famiglia dei "Gambazza" di San Luca, un tempo guidata dal padre Antonio Pelle, elemento di vertice della 'ndrangheta fino alla sua morte, avvenuta nel 2009. Pelle è legato anche alla potente famiglia Barbaro di Platì guidata dal boss ora all'ergastolo Francesco Barbaro, detto "u castanu", per averne sposato la figlia Marianna. Giuseppe Pelle deve scontare una pena residua definitiva di 2 anni, 5 mesi e 20 giorni di reclusione per associazione mafiosa e tentata estorsione. Nel 2017, mentre era già latitante, nei suoi confronti è stata emessa un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nell'ambito dell'inchiesta denominata "Mandamento Ionico", coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, per tentata estorsione e illecita concorrenza, aggravate dal metodo mafioso. In particolare è accusato di avere tentato di accaparrarsi i proventi derivanti dall'esecuzione di lavori pubblici in alcuni comuni della Locride tra i quali Siderno, Palizzi, Condofuri e Natile di Careri.