Green Hill, Cassazione: "Anche beagle curabili sottoposti a eutanasia"

Cronaca
Alcuni cuccioli di beagle in piazza durante le proteste contro Green Hill (archivio Fotogramma)
Fotogramma-appello-Green-Hill

Confermate le condanne per maltrattamento di animali nell'allevamento di Montichiari, dove circa 2600 cani erano oggetto di sperimentazione. Per i giudici molti cuccioli venivano uccisi per "precise scelte aziendali" nonostante "patologie modeste"

La Cassazione ha confermato le condanne per maltrattamento di animali nell'allevamento Green Hill di Montichiari, nel bresciano, dove cuccioli di beagle che presentavano patologie minime, come un accenno di dissenteria, venivano soppressi anziché curati. Dal verdetto emerge una condanna decisa della pratica dell’eutanasia, che veniva regolarmente utilizzata per cani che potevano essere facilmente curati "con qualche farmaco o con un po' di tempo".

Eutanasia per "precise scelte aziendali"

Nello specifico, il verdetto 10163, depositato dalla Suprema Corte, rileva che i 2600 beagle, che erano ospitati nel centro di sperimentazione fino a quando nel 2012 furono liberati a fronte delle proteste degli animalisti e della popolazione locale, erano sottoposti a "comportamenti insopportabili per le loro caratteristiche etologiche". In molti casi, inoltre, veniva praticata l’eutanasia per "patologie modeste e dopo periodi di cura troppo brevi, per le precise scelte aziendali di non curare adeguatamente i cani affetti da demodicosi e di non somministrare flebo a quelli affetti da diarrea". Nelle motivazioni, la Terza sezione penale della Cassazione ha convalidato gli accertamenti dei giudici di merito bresciani, che avevano mostrato che i beagle venivano sottoposti anche a pratiche "insopportabili" quali la "tatuatura con aghi", vietata dalla legge, e il taglio delle unghie, pratica cruenta che aveva anche provocato la morte di alcuni cani.

Condannati in via definitiva gli imputati

Con il giudizio della Cassazione, per gli imputati è scattata la sentenza definitiva con pene comprese tra un anno e un anno e mezzo di carcere. Nello specifico dovranno rispondere dei reati il direttore della struttura, il legale rappresentante, il veterinario responsabile, e la "Green Hill", società proprietaria dell'allevamento. Nella sentenza la Terza sezione penale della Cassazione ha voluto sottolineare come la situazione drammatica in cui vivevano i beagle era dovuta a "precise e consapevoli scelte decisionali di violazione delle corrette regole di tenuta dell'allevamento, adottate da soggetti pienamente dotati della competenza tecnica per comprenderne le conseguenze negative sugli animali. E il dolo degli imputati emerge con chiarezza anche dalla corrispondenza scambiata tra gli stessi".

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