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Caporalato a Ragusa, 26 operai in condizioni disumane: 2 arresti

Cronaca

I due imprenditori sono accusati di intermediazione illecita e sfruttamento di manodopera ai danni di 26 operai addetti alla raccolta dei pomodori

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Intermediazione illecita e sfruttamento di manodopera ai danni di 26 operai, costretti a lavorare in condizioni degradanti. Questi i capi d'accusa che hanno portato all'arresto in flagranza di reato di due fratelli di Vittoria, Ragusa.

Il blitz della polizia nell'azienda

A incastrare i due imprenditori, titolari di un'impresa di 40mila metri quadri specializzata nella coltivazione in serra di ortaggi, è stato un blitz degli uomini della Squadra mobile di Ragusa che il 22 giugno hanno fatto irruzione all'interno della struttura della ditta. Al loro ingresso gli agenti si sono trovati davanti a 26 operai addetti alla raccolta dei pomodori costretti a lavorare in condizioni disumane. Diciannove di loro sarebbero richiedenti asilo, 5 cittadini rumeni (fra cui due donne) e 2 tunisini. Tutti retribuiti con 25 euro al giorno per un minimo otto ore di lavoro senza ferie, astensione o giorni di riposo. Secondo quanto rivelato dagli inquirenti ben sette braccianti alloggiavano in abitazioni fatiscenti ricavate all'interno della stessa azienda. Unico momento di riposo era la domenica, giorno per il quale, però, non ricevevano alcun compenso da parte dei datori di lavoro. I due fratelli dovranno ora rispondere dei due reati previsti dall'articolo 603 bis del codice penale, introdotti per colpire il fenomeno del caporalato.

I due precedenti più recenti

Sono almeno due gli episodi di caporalato verificatisi nelle campagne italiane nelle ultime settimane. Il 21 giugno i Carabinieri di Brindisi hanno arrestato tre persone al termine di un'indagine che ha permesso di formulare a loro carico l'accusa di sfruttamento del lavoro. I tre gestivano un sistema basato su presunte violazioni ai diritti lavorativi di 28 braccianti, costretti a effettuare estenutanti turni di raccolta e obbligati al silenzio attraverso intimidazioni. Una logica, questa, simile a quella attuata dalle quattordici persone di Camigliatello Silano, Cosenza, che il 5 maggio sono state accusate di aver sfruttato per pochi euro il lavoro dei rifugiati ospitati nei centri d’accoglienza locali. Anche per le 14 persone il reato contestato è stato quello di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, accusa mossa per la prima volta dall'introduzione, nel 2011 con modifica nel 2016, della nuova normativa contro il caporalato.