In Evidenza
Altre sezioni
altro

Per continuare la fruizione del contenuto ruota il dispositivo in posizione verticale

Treviso, malato di Sla muore dopo richiesta di "sedazione profonda"

Cronaca

È il primo caso in cui si fa questa scelta per un paziente con sclerosi laterale amiotrofica. Dino Bettamin, 70enne di Montebelluna malato da cinque anni, voleva "dormire fino all’arrivo della morte, senza più soffrire”. Zaia: "Testamento biologico diventi realtà"

 

Condividi:

“Voglio dormire fino all’arrivo della morte, senza più soffrire”. Dino Bettamin, macellaio settantenne di Montebelluna che da cinque anni era malato di Sla, aveva espresso più volte questo desiderio. Ed alla fine è stato accontentato: prima gli hanno somministrato una sedazione palliativa, poi sono stati sospesi tutti i trattamenti, compresa la nutrizione artificiale. Bettamin, riferiscono i quotidiani locali, è morto il 13 febbraio: è il primo caso di “sedazione profonda” somministrata a un malato di Sla.

 

"Mio marito era lucido e ha fatto la sua scelta" - Bettamin sapeva che gli rimanevano pochi giorni di vita. “Mio marito era lucido”, ha raccontato la moglie, “e ha fatto la sua scelta. Così, dopo l’ultima grave crisi respiratoria è iniziato il suo cammino”. La sera del 5 febbraio, la Guardia medica ha aumentato il dosaggio del sedativo che l’uomo prendeva già per flebo e il giorno successivo la dottoressa dell’assistenza domiciliare ha iniziato a somministrare gli altri farmaci previsti dal protocollo. “Non ha mai chiesto di spegnere il respiratore, nonostante la legge lo consenta nei casi di sedazione profonda”, ha spiegato l’infermiera che si è occupata del caso di Bettamin. “Era una chiara richiesta di sedazione basata su un chiaro sintomo refrattario, dato da un’angoscia incoercibile anche con farmaci e trattamenti”, hanno detto inoltre gli infermieri di “Cura con Cura”, una società privata che dal 2015 si occupava dell’assistenza domiciliare del paziente. 

 

Ulss:"Non si parli di eutanasia" - La moglie del macellaio di Montebelluna ha subito dichiarato che per il caso di suo marito non si deve parlare di eutanasia. E dello stesso parere è Francesco Benazzi, direttore della Ulss 2 (Unità locale socio sanitaria). Per Benazzi "il paziente può chiedere di sospendere certe terapie perché oltrepassarle sarebbe un accanimento terapeutico" e per questo motivo gli operatori sanitari "hanno assolto il loro compito in scienza e coscienza". Dal punto di vista etico, ha spiegato il direttore, "i nostri medici hanno la strada segnata del Comitato di bioetica”. "Sono sereno rispetto a questo punto", ha poi ribadito, "un paziente può dire: basta con i farmaci, lenite il mio dolore e idratatemi".

 

Le reazioni dei parenti e del sindaco - “Vogliamo essere lasciati nel nostro lutto”. È questa la richiesta della figlia di Dino Bettamin, Agnese, “per rispetto nei confronti di mia madre e della memoria di mio padre che purtroppo non c’è più”. Anche il sindaco di Montebelluna, Marzio Favero, non ha voluto rilasciare commenti sulla vicenda, se non quello con cui ha ribadito che “il silenzio è la cosa che meglio si addice a questa storia”.

 

Zaia: “Testamento biologico diventi realtà” - Sul caso di Dino Bettamin si è espresso anche il presidente del Veneto, Luca Zaia, che ha detto:“Ho il massimo rispetto della scelta di questa persona. Personalmente penso che il testamento biologico debba diventare realtà in un Paese civile quale l’Italia si ritiene”. Zaia ha ricordato anche come Papa Francesco abbia affrontato la questione e "si sia espresso in questa direzione, del non accanimento delle cure".