La decisione del Gup nei confronti dell'uomo, arrestato lo scorso gennaio a 30 anni dall'omicidio della studentessa di Varese. La madre della vittima: "Mi auguro che la verità venga a galla"
Il gup di Varese, Anna Azzena, ha rinviato a giudizio Stefano Binda, arrestato lo scorso gennaio con l'accusa di aver ucciso la studentessa di Varese Lidia Macchi nel gennaio 1987. Il processo si aprirà il prossimo 12 aprile.
"Mi auguro solo che la verità venga a galla, sono distrutta...". Così Paola Bettoni, la madre di Lidia Macchi, ha accolto la notizia del rinvio a giudizio. "In aula Binda mi ha guardata ma non ha parlato - ha aggiunto - Se è stato lui spero che prima o poi confessi. Chiedo solo che emerga la verità, ci spero fino all'ultimo".
La famiglia di Lidia Macchi si è costituita parte civile.
Difesa: esame calligrafico scagiona Binda - Nel corso dell'udienza preliminare i difensori di Stefano Binda hanno depositato i risultati di un esame calligrafico secondo il quale la scrittura dell'imputato "non è compatibile" con quella della persona che quasi trent'anni fa scrisse il componimento anonimo "In morte di un'amica", inviato alla famiglia Macchi il giorno dei funerali della ragazza.
Dalla consulenza affidata alla grafologa Cinzia Altieri emergerebbero quindi risultati diversi rispetto agli esami disposti dal sostituto pg di Milano Carmen Manfredda nel corso delle indagini. Tra gli elementi principali a carico di Binda, infatti, c'è la compatibilità della sua scrittura con il componimento in versi che, secondo le accuse, sarebbe stato scritto dall'assassino. La consulenza è stata acquisita dal gup di Varese Anna Azzena, che si è riservata su una nuova richiesta di scarcerazione presentata dai difensori, gli avvocati Sergio Martelli e Patrizia Esposito. "Andremo davanti alla Corte d'Assise - ha spiegato Esposito - e speriamo che i giudici tengano conto degli esiti degli esami sulla calligrafia".