Abuso d'ufficio e omissione d'atti d'ufficio sono le accuse per Ippazio Stefano nell'ambito dell'inchiesta giudiziaria "Ambiente svenduto". Lui però smentisce: "Non ho ricevuto nessun certificato di garanzia. Ma se fosse vero mi dimetterò"
Il sindaco di Taranto, Ippazio Stefano, rieletto nel 2012 a capo di una coalizione di centrosinistra, sarebbe indagato per abuso d'ufficio e omissione di atti d'ufficio nell'ambito dell'inchiesta sullo stabilimento dell'Ilva della magistratura ionica chiamata 'Ambiente svenduto'. Nei confronti del primo cittadino, scrive la Gazzetta del Mezzogiorno, sarebbe stato emesso un avviso di proroga delle indagini preliminari per altri sei mesi durante i quali la Procura vuole accertare eventuali responsabilità di quanti avrebbero consentito all'Ilva di evitare o pilotare i controlli ambientali negli ultimi quattro anni. L'inchiesta, nel novembre scorso, portò all'arresto di diverse persone e all'emissione di un provvedimento restrittivo per Fabio Riva, vicepresidente di Riva Group, costituitosi a Londra nel gennaio scorso ed ora in attesa di estradizione.
Il sindaco: "Se è vero mi dimetto" - Da parte sua però il cittadini nega di aver ricevuto alcunché dalla procura. "Non ho ricevuto alcun atto formale e ho lo coscienza tranquilla" ha infatti detto Ezio Stefano, aggiungendo che "qualora dovessi ricevere ufficialmente questo avviso di proroga delle indagini di cui si parla su un quotidiano, mi dimetterei dalla carica". Gia' a novembre quando erano stati adottati altri provvedimenti cautelari da parte del gip Patrizia Todisco, si era parlato di una iscrizione del primo cittadino nel registro degli indagati. "Mi hanno informato che questo avviso di proroga delle indagini - aggiunge Stefano - sarebbe legato a un esposto dell'avvocato Condemi (esponente dell'opposizione ndr) in merito all'Autorizzazione integrata ambientale del 2011". "Fermo restando - ribadisce - che non ho ancora ricevuto nessuna comunicazione e che sono a disposizione dei magistrati qualora dovessero chiamarmi per chiarire, se dovessi riceverla io mi dimetterò perché non sarei nelle condizioni di amministrare con serenità la città. Una città difficile, piegata da tante difficoltà: disoccupazione, cassa integrazione, malattie, ecc. In quella condizione di indagato rallenterei tutte le attività amministrative".
Inchiesta partita il luglio scorso - L'inchiesta sull'Ilva è deflagrata il 26 luglio scorso col sequestro, da parte della magistratura, degli impianti dell'area a caldo dell'Ilva, proprio perché ritenuti fonte di grave pericolo per la salute pubblica, e l'arresto ai domiciliari di otto persone, tra dirigenti dello stabilimento siderurgico di Taranto e i vertici proprietari dell'Ilva. In seguito, ai primi giorni di agosto, cinque persone - si tratta di dirigenti aziendali - sono tornate in libertà, mentre Emilio e Nicola Riva, ex presidenti dell'Ilva, sono rimasti ai domiciliari, misura restrittiva alla quale sono assoggettati tutt'ora e che nelle scorse settimane e' stata anche confermata dalla Corte di Cassazione.
Le merci dell'Ilva ancora bloccate - Al momento restano sequestrati i prodotti finiti e i semilavorati pari a un milione e 700mila tonnellate, valore commerciale tra 800 milioni e un miliardo di euro, che il gip a novembre ha fatto bloccare in quanto realizzati, nei mesi precedenti, con acciaio che l'Ilva non poteva produrre poiché, a luglio, gli impianti dell'area a caldo - altiforni e acciaierie - erano stati sequestrati senza facoltà d'uso. Contro il dissequestro delle merci l'Ilva ha presentato numerosi ricorsi ai giudici, facendo leva anche sulla legge 231 del 2012 che autorizza sia l'azienda a produrre che a commercializzare quanto prodotto nei mesi antecedenti, ma sinora non è riuscita a sbloccare la situazione. Il 24 aprile, in proposito, l'Ilva ha presentato alla Procura un ulteriore esposto sollecitando lo sblocco delle merci, definendo "illegittimo" il mancato dissequestro e paventando danni per circa 30 milioni di dollari se entro il 5 maggio prossimo una fornitura di tubi non dovesse esser consegnata a una società dell'Iraq che l'ha ordinata.
Inchiesta partita da esposto del sindaco - Da vedere ora se l'iscrizione nel registro degli indagati per l'Ilva del sindaco di Taranto provocherà o meno riflessi politici. Da rilevare, tuttavia, che l'attuale inchiesta sull'Ilva è anche partita, come rivelato dal procuratore Sebastio all'indomani dei primi provvedimenti, da un esposto presentato dallo stesso sindaco alla Procura nel quale invitava a indagare a fronte della situazione denunciata anche da molti cittadini.
Il sindaco: "Se è vero mi dimetto" - Da parte sua però il cittadini nega di aver ricevuto alcunché dalla procura. "Non ho ricevuto alcun atto formale e ho lo coscienza tranquilla" ha infatti detto Ezio Stefano, aggiungendo che "qualora dovessi ricevere ufficialmente questo avviso di proroga delle indagini di cui si parla su un quotidiano, mi dimetterei dalla carica". Gia' a novembre quando erano stati adottati altri provvedimenti cautelari da parte del gip Patrizia Todisco, si era parlato di una iscrizione del primo cittadino nel registro degli indagati. "Mi hanno informato che questo avviso di proroga delle indagini - aggiunge Stefano - sarebbe legato a un esposto dell'avvocato Condemi (esponente dell'opposizione ndr) in merito all'Autorizzazione integrata ambientale del 2011". "Fermo restando - ribadisce - che non ho ancora ricevuto nessuna comunicazione e che sono a disposizione dei magistrati qualora dovessero chiamarmi per chiarire, se dovessi riceverla io mi dimetterò perché non sarei nelle condizioni di amministrare con serenità la città. Una città difficile, piegata da tante difficoltà: disoccupazione, cassa integrazione, malattie, ecc. In quella condizione di indagato rallenterei tutte le attività amministrative".
Inchiesta partita il luglio scorso - L'inchiesta sull'Ilva è deflagrata il 26 luglio scorso col sequestro, da parte della magistratura, degli impianti dell'area a caldo dell'Ilva, proprio perché ritenuti fonte di grave pericolo per la salute pubblica, e l'arresto ai domiciliari di otto persone, tra dirigenti dello stabilimento siderurgico di Taranto e i vertici proprietari dell'Ilva. In seguito, ai primi giorni di agosto, cinque persone - si tratta di dirigenti aziendali - sono tornate in libertà, mentre Emilio e Nicola Riva, ex presidenti dell'Ilva, sono rimasti ai domiciliari, misura restrittiva alla quale sono assoggettati tutt'ora e che nelle scorse settimane e' stata anche confermata dalla Corte di Cassazione.
Le merci dell'Ilva ancora bloccate - Al momento restano sequestrati i prodotti finiti e i semilavorati pari a un milione e 700mila tonnellate, valore commerciale tra 800 milioni e un miliardo di euro, che il gip a novembre ha fatto bloccare in quanto realizzati, nei mesi precedenti, con acciaio che l'Ilva non poteva produrre poiché, a luglio, gli impianti dell'area a caldo - altiforni e acciaierie - erano stati sequestrati senza facoltà d'uso. Contro il dissequestro delle merci l'Ilva ha presentato numerosi ricorsi ai giudici, facendo leva anche sulla legge 231 del 2012 che autorizza sia l'azienda a produrre che a commercializzare quanto prodotto nei mesi antecedenti, ma sinora non è riuscita a sbloccare la situazione. Il 24 aprile, in proposito, l'Ilva ha presentato alla Procura un ulteriore esposto sollecitando lo sblocco delle merci, definendo "illegittimo" il mancato dissequestro e paventando danni per circa 30 milioni di dollari se entro il 5 maggio prossimo una fornitura di tubi non dovesse esser consegnata a una società dell'Iraq che l'ha ordinata.
Inchiesta partita da esposto del sindaco - Da vedere ora se l'iscrizione nel registro degli indagati per l'Ilva del sindaco di Taranto provocherà o meno riflessi politici. Da rilevare, tuttavia, che l'attuale inchiesta sull'Ilva è anche partita, come rivelato dal procuratore Sebastio all'indomani dei primi provvedimenti, da un esposto presentato dallo stesso sindaco alla Procura nel quale invitava a indagare a fronte della situazione denunciata anche da molti cittadini.