Bancarotta Burani, condannati marito e figlio della stilista

Cronaca

Sei anni di reclusione e rimborsi per 13 milioni di euro a Walter Burani e Giovanni Burani per il crac della casa di moda di Reggio Emilia nel 2010. Ma loro ribadiscono: "Non abbiamo rubato né per noi, né per altri"

Una "bancarotta da antologia" l'aveva definita, nel corso della requisitoria, il pm di Milano Luigi Orsi. Oggi per quel crac che ha 'polverizzato' nel 2010 un noto gruppo della moda, quello fondato dalla stilista Mariella Burani, sono arrivate le condanne: 6 anni di reclusione sia per Walter Burani, 78 anni, marito della creatrice del marchio, che per il figlio Giovanni, 48 anni, rispettivamente ex presidente ed ex ad della 'maison' di Cavriago (Reggio Emilia).

Pm avevano chiesto 9 anni
- La sentenza è stata emessa dai giudici della terza sezione penale di Milano (presidente del collegio, Piero Gamacchio) che hanno confermato, in sostanza, l'impianto accusatorio del pm Orsi, assolvendo però i due imprenditori dal alcuni fatti contestati e 'abbassando' quindi la richiesta di condanna che era di 9 anni. Anche se le motivazioni del verdetto saranno note solo tra 90 giorni, è plausibile che i giudici possano aver tenuto conto anche del buon comportamento processuale dei Burani (sempre presenti in aula nel corso del processo e anche oggi per la sentenza) e di alcuni risarcimenti. Come ha spiegato, infatti, uno dei legali, l'avvocato Stefano Borella, il marito e il figlio della stilista hanno risarcito oltre 300 piccoli azionisti, oltre alla Burani Private Holding e "altre transazioni sono ancora in corso". I giudici, però, li hanno anche condannati a versare un totale di 13 milioni di euro in favore delle curatele fallimentari delle tre società coinvolte nel crac e di due fondi.

Le tappe della vicenda - Walter e Giovanni Burani vennero arrestati il 28 luglio del 2010: il figlio finì in carcere e il padre ai domiciliari perché aveva più di 75 anni. Nel processo erano imputati per bancarotta fraudolenta per i fallimenti di tre societa' del gruppo (Burani Designer Holding, Mariella Burani Fashion Group e Mariella Burani Family Holding), tutti decretati tra febbraio e aprile 2010. Per il pm Orsi si è trattato di "tre casi drammatici": Mbfh era "la scatola vuota che - come ha ricostruito il magistrato nel suo intervento in aula - venne creata solo per essere indebitata e poi fallì con un passivo di 50 milioni"; Bdh "quotata a Londra per 100 milioni venne utilizzata solo per pompare il titolo di Mbfg e morì con un passivo di oltre 50 milioni"; Mbfg, la società quotata in Italia, infine, "ha battuto tutti i record di frode". A pesare sulla gravità della bancarotta, secondo il pm, è stata soprattutto la "condotta criminale sistematica, fatta di bilanci costantemente gonfiati con plusvalenze fittizie e del lancio di un opa (di Bdh su Mbfg) a tre volte il prezzo che sarebbe stato corretto". In un "triennio infernale", tra il 2007 e il 2010, i vertici del gruppo, Walter e Giovanni, avrebbero messo in piedi, secondo l'accusa, una serie di operazioni "farlocche" al solo fine di "gonfiare il prezzo dei titoli in Borsa, mentre Mbfg era gia' decotta". I Burani in pratica, sempre secondo il pm, "invece di mettere i soldi per fare pantaloni, giacche e borse, li hanno usati per gonfiare i titoli in Borsa, 'mangiandosi' come 'cannibali', le loro societa"'.

Walter Burani: "Non ho rubato nulla"
- Prima della sentenza, Walter Burani aveva voluto rilasciare dichiarazioni spontanee per spiegare, invece, di non aver "rubato nulla, né per noi né per altri". Mentre l'avvocato Borella aveva voluto sottolineare che i due "si sono spesi in tutti i modi per evitare il tracollo delle società mettendo a disposizione la quasi totalità del loro patrimonio".

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