L’ex candidata del Terzo Polo al consiglio di Milano respinge le accuse, dopo che il padre è stato indagato per aver accettato voti dalla ‘ndrangheta: “Offrirono un aiuto elettorale presentandosi sotto falso nome, allora ero una persona molto scomoda”
“Se penso a un complotto ai miei danni? Certo. Ero una ragazza di 26 anni, mi ero candidata con una lista civica, nella quale è entrato solo un consigliere e nella quale non sarei stata nemmeno nella maggioranza. Non credo che una ragazza di 26 anni possa essere l’obiettivo della criminalità organizzata”. In un’intervista a SkyTG24 Mattina, Sara Giudice, candidata del Terzo Polo al Comune di Milano nel 2011, ma non eletta nonostante le 1028 preferenze conquistate, respinge le accuse piombate sulla sua famiglia nelle ultime ore.
Stando a quanto spiegato dai pm, Vincenzo Giudice, papà di Sara, ricevette da alcuni esponenti criminali l'offerta di qualche centinaio di voti da far confluire sul nome della figlia. L’inchiesta è la stessa che ha portato all’arresto dell’assessore regionale del Pdl Domenico Zambetti.
In cambio a Giudice vennero chiesti soldi, ma lui rifiutò l'offerta di denaro, assicurando però che, nella sua veste di presidente di una società legata alla metropolitana di Milano, avrebbe favorito l'aggiudicazione di appalti per i suoi interlocutori.
“Non è esatto – dice Sara Giudice – l’accusa è quella che una persona, la stessa pagata dal Pdl per acquistare voti, sarebbe andata da mio padre sotto falso nome a dire ‘se vuoi posso garantire dei voti per Sara’. Qualcuno offrì un aiuto dal punto di vista elettorale presentandosi come avvocato, come professionista. Quindi già questo spiega come sono andate le cose”.
“Io in quel momento ero una persona molto scomoda – prosegue la Giudice – perché feci una battaglia contro il partito (che era il primo partito d’Italia), ero una persone che disse che la mia firma sul listino Formigoni era una filma falsa, che si candidò contro tutto un sistema di degenerazione della classe dirigente. Quindi, come mi aspettavo, ora sono arrivate le conseguenze”.
“Per quanto riguarda le indagini non ho nessun tipo di preoccupazione, l’importante è che il mio nome non venga associato a queste porcherie”, conclude.
Stando a quanto spiegato dai pm, Vincenzo Giudice, papà di Sara, ricevette da alcuni esponenti criminali l'offerta di qualche centinaio di voti da far confluire sul nome della figlia. L’inchiesta è la stessa che ha portato all’arresto dell’assessore regionale del Pdl Domenico Zambetti.
In cambio a Giudice vennero chiesti soldi, ma lui rifiutò l'offerta di denaro, assicurando però che, nella sua veste di presidente di una società legata alla metropolitana di Milano, avrebbe favorito l'aggiudicazione di appalti per i suoi interlocutori.
“Non è esatto – dice Sara Giudice – l’accusa è quella che una persona, la stessa pagata dal Pdl per acquistare voti, sarebbe andata da mio padre sotto falso nome a dire ‘se vuoi posso garantire dei voti per Sara’. Qualcuno offrì un aiuto dal punto di vista elettorale presentandosi come avvocato, come professionista. Quindi già questo spiega come sono andate le cose”.
“Io in quel momento ero una persona molto scomoda – prosegue la Giudice – perché feci una battaglia contro il partito (che era il primo partito d’Italia), ero una persone che disse che la mia firma sul listino Formigoni era una filma falsa, che si candidò contro tutto un sistema di degenerazione della classe dirigente. Quindi, come mi aspettavo, ora sono arrivate le conseguenze”.
“Per quanto riguarda le indagini non ho nessun tipo di preoccupazione, l’importante è che il mio nome non venga associato a queste porcherie”, conclude.