Primi licenziamenti nello stabilimento di Portovesme. Dopo che Glencore è uscita dalla gara per l'acquisto dell'aziende, riprende quota l'interesse da parte del gruppo svizzero Klesch
Circa settanta lavoratori interinali di Alcoa e dell'indotto, il cui contratto è scaduto a fine settembre, a partire da oggi 1 ottobre sono disoccupati e senza ammortizzatori sociali, mentre non si vede ancora all'orizzonte un compratore che rilevi il sito sardo dell'alluminio salvando il lavoro di circa 1.000 persone.
Nel giorno 'nero' del licenziamento dei lavoratori interinali, sindacati e operai dell'Alcoa si sono riuniti in assemblea, in fabbrica a Portovesme, e hanno rilanciato la mobilitazione con l'impegno di aprire una nuova fase di azioni di lotta che scatteranno nei prossimi giorni. "L'umore è a terra ma non molliamo", promette Massimo Cara, delegato Rsu Cisl. Gli sforzi di questi ultimi giorni sono indirizzati a dare un sostegno economico ai lavoratori espulsi dalla produzione: "Dobbiamo trovare una soluzione per gli interinali e i dipendenti delle ditte d'appalto con meno di 15 assunti - spiega Rino Barca, segretario Fim Cisl - senza ammortizzatori per loro è la fine".
Nel fine settimana, la multinazionale svizzera Glencore ha annunciato con una lettera al ministero dello Sviluppo economico l'intenzione di uscire dalla gara per l'acquisto dello stabilimento di Portovesme adducendo come motivazione prezzi dell'energia troppo alti. Con Glencore fuori riprende quota l'interesse da parte del gruppo svizzero Klesch, la cui offerta era già stata respinta da Alcoa lo scorso giugno. Ad aver manifestato un interesse, seppure "embrionale" per il sito ci sarebbe anche una società cinese, della quale non si
sa nulla se non il fatto che ha inviato una lettera al ministero e la torinese Kite Gen Research, titolare di brevetti per lo sfruttamento dell'energia eolica d'alta quota.
Alcoa ha deciso la chiusura definitiva per il 31 dicembre 2012 e si è detta disponibile a trattare la vendita di Portovesme. Il gruppo sta riorganizzando la propria struttura operativa e ha deciso di spostare in un nuovo grande impianto in Arabia Saudita parte della produzione fatta oggi in Italia, Spagna e altri paesi del mondo.
Qualora non si trovasse un acquirente, dal primo gennaio 2013 circa 1.000 lavoratori (503 del sito e altri 500 dell'indotto) andrebbero in cassa integrazione straordinaria che garantirebbe un salario, seppur ridotto, fino a un massimo di 24 mesi. Lo stabilimento di Portovesme è l'unico in Italia a produrre alluminio primario. La sola possibiità della chiusura ha fatto impennare il costo dell'alluminio importato del 15%.
Nel giorno 'nero' del licenziamento dei lavoratori interinali, sindacati e operai dell'Alcoa si sono riuniti in assemblea, in fabbrica a Portovesme, e hanno rilanciato la mobilitazione con l'impegno di aprire una nuova fase di azioni di lotta che scatteranno nei prossimi giorni. "L'umore è a terra ma non molliamo", promette Massimo Cara, delegato Rsu Cisl. Gli sforzi di questi ultimi giorni sono indirizzati a dare un sostegno economico ai lavoratori espulsi dalla produzione: "Dobbiamo trovare una soluzione per gli interinali e i dipendenti delle ditte d'appalto con meno di 15 assunti - spiega Rino Barca, segretario Fim Cisl - senza ammortizzatori per loro è la fine".
Nel fine settimana, la multinazionale svizzera Glencore ha annunciato con una lettera al ministero dello Sviluppo economico l'intenzione di uscire dalla gara per l'acquisto dello stabilimento di Portovesme adducendo come motivazione prezzi dell'energia troppo alti. Con Glencore fuori riprende quota l'interesse da parte del gruppo svizzero Klesch, la cui offerta era già stata respinta da Alcoa lo scorso giugno. Ad aver manifestato un interesse, seppure "embrionale" per il sito ci sarebbe anche una società cinese, della quale non si
sa nulla se non il fatto che ha inviato una lettera al ministero e la torinese Kite Gen Research, titolare di brevetti per lo sfruttamento dell'energia eolica d'alta quota.
Alcoa ha deciso la chiusura definitiva per il 31 dicembre 2012 e si è detta disponibile a trattare la vendita di Portovesme. Il gruppo sta riorganizzando la propria struttura operativa e ha deciso di spostare in un nuovo grande impianto in Arabia Saudita parte della produzione fatta oggi in Italia, Spagna e altri paesi del mondo.
Qualora non si trovasse un acquirente, dal primo gennaio 2013 circa 1.000 lavoratori (503 del sito e altri 500 dell'indotto) andrebbero in cassa integrazione straordinaria che garantirebbe un salario, seppur ridotto, fino a un massimo di 24 mesi. Lo stabilimento di Portovesme è l'unico in Italia a produrre alluminio primario. La sola possibiità della chiusura ha fatto impennare il costo dell'alluminio importato del 15%.