Caselli: "La Procura di Palermo ha salvato l'Italia"

Cronaca
L'ex procuratore di Palermo Gian Carlo Caselli
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Dopo la polemica tra Anm e premier sulle intercettazioni, interviene il procuratore di Torino che difende l'operato dei pm palermitani: "Abbiamo fermato l'attacco mafioso allo Stato. Parlare di esiti fallimentari è fare disinformazione"

La polemica tra le istituzioni e la procura di Palermo si arricchisce di un nuovo capitolo. L'ultimo a prendere posizione è Gian Carlo Caselli, attuale procuratore di Torino ed ex procuratore di Palermo dal 1993 al 1999. In un'intervista a Repubblica, il magistrato difende a spada tratta l'operato della procura siciliana: "Palermo ha ottenuto risultati straordinari. Abbiamo contribuito, insieme ad altri, a salvare l'Italia. Non pretendiamo di essere pensati avvolti nel tricolore, possiamo anche essere criticati, ma sempre nel rispetto della verità che emerge dai dati di fatto".

Caselli ha ripercorso la sua carriera, con tanto di cifre: "Sono stato a capo di quella procura subito dopo le stragi del '92 per quasi sette anni. I risultati ottenuti, dati alla mano, sono questi: mafiosi (latitanti e non) arrestati in quantità industriale, una slavina di pentiti. Ho potuto contare condanne a 650 ergastoli e un'infinità di anni di reclusione. Ho assistito al sequestro di 10mila miliardi di vecchie lire di beni mafiosi, ho visto scoprire moltissimi arsenali zeppi di armi". Per tiare le somme Caselli afferma: "E' stato fermato l'attacco criminale di Cosa nostra allo Stato. Parlare di esiti fallimentari è fare disinformazione, perché la bontà di tutte le inchieste è sempre stata avallata dal gip. Poi ci sono state condanne e assoluzioni, com'é fisiologico, perché solo sotto le dittature l'accusa ha sempre ragione".

La vicenda intercettazioni - Le tensioni tra Roma e Palermo sono nate in seguito all'inchiesta sulla presunta trattativa Stato-mafia. Nel corso delle indagini, vennero intercettate telefonate tra Loris D'Ambrosio, consigliere del presidente Napolitano, e Nicola Mancino, ex ministro dell'Interno. Quest'ultimo avrebbe parlato anche con il Capo dello Stato. Il procuratore del capoluogo siciliano Francesco Messineo non ha disposto l'eliminazione delle telefonate, suscitando la reazione di Napolitano, che ha deciso di sollevare il conflitto di attribuzione presso la Corte Costituzionale.
Negli ultimi giorni la polemica è stata rinfocolata dal premier Mario Monti che in un'intervista ha definito "grave" il caso delle telefonate del Capo dello Stato intercettate dai pm palermitani. Dopo la replica stizzita dell'Anm, si è espresso anche il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia che ha bacchettato il Presidente del Consiglio come "ingeneroso".

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