Strage di via D’Amelio, svolta nell’inchiesta: 4 arresti

Cronaca
Così si presentava via D'Amelio il 19 luglio 1992, dopo l'attentato a Borsellino e alla sua scorta

Tra i destinatari dei provvedimenti il capomafia Salvatore Madonia e l’ex pentito Calogero Pulci. Per i pm Borsellino era percepito come un ostacolo alla trattativa Stato-mafia. E affermano: "Indagini anche su soggetti esterni a Cosa Nostra"

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Quattro arresti nell’ambito della nuova inchiesta sulla strage di via D’Amelio, l’attentato del 19 luglio 1992 costato la vita il magistrato Paolo Borsellino e 5 agenti della sua scorta.
Nelle prime ore di giovedì 8 marzo la Dia, la Direzione investigativa antimafia, ha eseguito un'ordinanza di custodia del Gip di Caltanissetta per 4 indagati nella nuova inchiesta sulla strage. I provvedimenti riguardano il capomafia palermitano Salvatore Madonia, 51 anni, Vittorio Tutino, 41 anni, Salvatore Vitale, 61 anni, tutti già detenuti e l'ex pentito di Sommatino (Caltanissetta), Calogero Pulci, 52 anni.
Salvatore Madonia, detto Salvuccio, è considerato uno dei mandanti della strage. Pulci, risponde solo di calunnia aggravata perché nel processo "Borsellino Bis" in appello incolpò falsamente Gaetano Murana, di aver partecipato alle fasi esecutive dell'attentato di via D'Amelio. Murana venne poi condannato all'ergastolo.
Intanto della svolta nelle indagini hanno parlato a SkyTG24 il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, secondo il quale "la strada verso la verità non deve mai fermarsi" (ASCOLTA L'AUDIO) e il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia. "Le indagini riaprono una pagina che sembrava chiusa (L'AUDIO).
Per il magistrato Giuseppe Ayala l'aspetto più rilevante della vicenda "è che la verità ricostruita a suo tempo è risultata falsa". "L'errore giudiziario è sicuro - dice Ayala (L'AUDIO) - che sia frutto di un depistaggio mi pare probabile".
Il fratello di Paolo Borsellino, Salvatore, afferma invece: "Ora vanno perseguiti anche quei pezzi dello Stato che hanno trattato e taciuto per 20 anni".

Il sospetto sul coinvolgimento di “soggetti esterni” a Cosa Nostra
- I pm di Caltanissetta fanno sapere che "con riferimento al possibile coinvolgimento nella strage di Via D'Amelio di soggetti esterni a Cosa Nostra" fino a oggi "non sono emersi elementi di prova utili a formulare ipotesi accusatorie concrete a carico di individui ben determinati da sottoporre al vaglio di un giudice". Il riferimento è anche alle deposizioni di Massimo Ciancimino dove "nessun elemento è concretamente utilizzabile".
Tuttavia, per la Procura "la partita non può affatto definirsi conclusa" visto che da altre indagini emergono "elementi indiziari in ordine alla possibile presenza e partecipazione alle stragi del 1992, ma anche all'attentato dell'Addaura del 1989, di soggetti esterni a Cosa Nostra".

Borsellino sapeva della trattativa Stato-mafia
- Secondo la procura di Caltanissetta, inoltre, il giudice Paolo Borsellino venne ucciso dalla mafia assieme a cinque uomini della sua scorta nell'attentato di via D'Amelio perché era percepito dal boss Totò Riina come un "ostacolo" alla trattativa con esponenti delle istituzioni. Una trattativa che "sembrava essere arrivata su un binario morto" che il capomafia voleva "rivitalizzare" con una sanguinaria esibizione di potenza. "La tempistica della strage è stata certamente influenzata dall'esistenza e dalla evoluzione della così detta trattativa tra uomini delle Istituzioni e Cosa Nostra".
"Dalle indagini è altresì risultato", scrivono i pm nisseni che al riguardo richiamano la testimonianza di Liliana Ferraro, succeduta a Giovanni Falcone al ministero della Giustizia, "che della trattativa era stato informato anche il dott. Borsellino il 28 giugno del 1992. Quest'ultimo elemento aggiunge un ulteriore tassello all'ipotesi dell'esistenza di un collegamento tra la conoscenza della trattativa da parte di Borsellino, la sua percezione quale 'ostacolo' da parte di Riina e la conseguente accelerazione della esecuzione della strage".

Il ruolo di Madonia - Il boss mafioso palermitano "Salvuccio" Madonia è tra i mandanti della strage di via D'Amelio secondo i magistrati della Dda di Caltanissetta. Secondo l'accusa, Madonia partecipò alla più importante riunione di Cosa Nostra, quella in cui venne deciso di dare il via alla stagione stragista. Il ruolo di Madonia, è stato tracciato dai collaboratori di giustizia Nino Giuffrè e Giovanni Brusca. Tra la fine del novembre e il 13 dicembre del 1991, in un appartamento del centro di Palermo vi fu una riunione ai massimi livelli in cui venne deciso di concretizzare i piani per colpire Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, già nel mirino della mafia dagli anni '80, e per lanciare una sfida allo Stato con lo scopo di intavolare una trattativa sul “papello”, la lista di richieste di Totò Riina.
Salvuccio Madonia è figlio di Francesco Madonia, boss incontrastato del mandamento di San Lorenzo da sempre alleato dei corleonesi di Riina. E' indagato anche per il fallito attentato dell'89 nella villa del giudice Falcone all'Addaura.

Per la prima volta spunta l’accusa di terrorismo - Agevolare l'associazione mafiosa e avere agito anche per fini terroristici. Sono le aggravanti contestate dalla Procura di Caltanissetta al boss Salvatore Madonia, in qualità di mandante, e ai presunti esecutori della strage di via D'Amelio, Vittorio Tutino, Salvatore Vitale e il pentito Gaspare Spatuzza. E' la prima volta che questo tipo di reato è ipotizzato per le stragi di mafia commesse nel 1992 a Palermo.

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