E' morto Mino Martinazzoli, l'ultimo segretario della Dc

Cronaca
Mino Martinazzoli durante il suo intervento al Congresso Ds a Torino, in un'immagine del 16 gennaio 2000

L'esponente politico, più volte ministro, si è spento nella sua casa di Caionvico, frazione di Brescia. Avrebbe compiuto 80 anni il 30 novembre prossimo

Mino Martinazzoli, che avrebbe compiuto 80 anni il 30 novembre prossimo, è morto nella sua casa di Caionvico, frazione di Brescia, intorno alle 13,30. Da tempo era malato ma era rimasto sempre lucido. Fu l'ultimo segretario della Democrazia Cristiana, ed il primo del Partito Popolare Italiano.

Traghettò la Dc nel Ppi - Sempre considerato uno dei cavalli di razza della Democrazia Cristiana, arrivò alla segreteria quando la parabola del partito era in fase finale. Era il 1992, piena Tangentopoli, quando il partito che aveva guidato il paese tentava di uscire dalla fase preagonica affidandosi ad uno dei protagonisti del rinnovamento voluto da Benigno Zaccagnini, una quindicina di anni prima.
Lo elessero per acclamazione, come spesso avviene in politica. Lui, esponente di un cattolicesimo manzoniano tutto lombardo e basato sul dubbio, in pochi mesi decreta la fine per consunzione della Dc e la nascita del Ppi, rispolverando la prima sigla con cui i cattolici erano scesi direttamente in politica, nel 1919, seguendo l'appello di don Luigi Sturzo.
Ma i tempi non sono più quelli: nell'atto della chiusura della stagione democristiana, il cattolicesimo impegnato in politica si frantuma e conosce un fenomeno fino ad allora del
tutto sconosciuto: la scissione. Mentre nasce il Ppi, un gruppo di esponenti democristiani di estrazione principalmente dorotea e forlaniana danno vita ad una formazione politica autonoma, il Ccd. E' l'inizio della diaspora dei cattolici, un fenomeno che caratterizzerà tutta la Seconda Repubblica.

Una vita in politica - Martinazzoli cerca di conservare per il suo Ppi il ruolo di aggregazione dei voti cattolici sulla base di una linea indipendente dai due poli che si vanno formano,
mentre una parte dell'elettorato viene attratto da Berlusconi e un'altra prende la via dei Progressisti. Le elezioni del 1994 vedono il Ppi avere l'11% dei voti: gli anni successivi
dimostreranno che con percentuali inferiori si può benissimo influire sulle scelte della politica, ma all'epoca l'interpretazione dominante è che l'esperimento martinazzoliano non è riuscito. Berlusconi, vincitore delle elezioni con una maggioranza che non è tale al Senato, tenta di avviare proprio con il Ppi un dialogo simile a quello che, adesso, ha portato alla nascita dei Responsabili. Lui dice no, si oppone, e l'ha vinta. Ma alla fine cede anche lui alla sensazione che per i cattolici non ci sia più niente da fare, e si dimette, con un fax, dalla segreteria. Il Ppi si avvita in una storia di scissioni, battaglie legali e successive incorporazioni in liste spurie e partiti dal nome botanico.
Martinazzoli guarda da lontano. Si candida sindaco a Brescia, vince, fa pensare che si tratti del primo passo di un ritorno. Invece a Roma non torna più. Si candida sì nel 2000
contro Roberto Formigoni alla presidenza della regione Lombardia, ma viene travolto: 70 a 30. E' il suo ultimo atto di fede verso il centrosinistra: in reazione al confluire del Ppi nella Margherita, si schiera nel 2004  con Clemente Mastella, uno dei fondatori dieci anni prima del Ccd, con l'Udeur: è tutto quello che rimane di quello che una volta era un partito
cattolico chiamato Democrazia Cristiana.

Domenica 4 settembre, alla vigilia dell'ottantesimo anno di età, esce di scena. Ma lo fa non prima di aver assistito allo spettacolo di un mondo cattolico quasi pentito di aver rinunciato frettolosamente alla propria unità.

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