Sicilia, quelle barche dei migranti che finiscono al macero
CronacaI barconi che arrivano a Lampedusa custodiscono le tracce di chi hanno trasportato: donne, uomini e bambini. Sono imbarcazioni che raccontano storie, ma una legge della Ue ne impone la demolizione. Ecco come funziona
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“Rifiuti speciali”. Per migliaia di persone sono stati la speranza di una vita migliore, ma è così che i barconi dei migranti vengono considerati quando arrivano in Italia. Attraversano il Mediterraneo, sfidano il vento, cavalcano le onde. Trasportano sogni, disperazione, fiducia. Poi, si schiantano. Contro gli scogli di Lampedusa, la rabbia del mare, le leggi dell’Unione europea. E affondano. A volte portando con sé donne, uomini e bambini. In tutti i casi, il destino di questi barconi è l'agonia in un deposito temporaneo e la fine in discarica.
Dal 12 febbraio, quando il Consiglio dei ministri ha decretato lo “stato d’emergenza umanitario” nell’isoletta siciliana, una flotta di quasi trecento barche ha traghettato le attese e le aspettative di più di 40mila nordafricani.
Riuscire a salire a bordo è il primo passo di un sogno che si realizza. Il secondo è riuscire a scendere. Al momento dello sbarco, spesso, non c’è il tempo di raccogliere gli effetti personali. Il passato dei migranti rimane lì, incagliato tra quelle assi di legno. Lo sanno bene gli uomini della Guardia Costiera di Lampedusa, che insieme a Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza in questi mesi hanno soccorso i barconi. “Su ogni carretta che si svuota rimangono le tracce delle vite che ha trasportato – dicono –. Le imbarcazioni parlano, raccontano storie”. Come quella di due gemelline che a bordo avevano perso l’attestato di nascita. “Erano così piccole, non dimenticheremo mai la gioia dei genitori quando abbiamo consegnato loro il certificato”. Secondo Save the children i minori sbarcati in Italia sono oltre 1.500. “Quando tra le buste di plastica e le bottiglie d’acqua trovi un ciuccio, un biberon o un pupazzo di pezza, è un’emozione forte”, dicono i militari. Ridare questi oggetti ai proprietari è quasi impossibile. “Ma tentiamo di restituire sempre i documenti e le fotografie”. Le barche vuote sono piene di istantanee.
Come per i migranti, la seconda vita dei barconi che riescono a raggiungere l’Italia è fatta di attese. Le autorità giudiziarie che soccorrono in mare le persone, entro 48 ore devono redigere un verbale di sequestro della barca e inviarlo al pubblico ministero per la convalida. Spetta ai militari prestare le prime cure alle carrette del mare. Metterle in sicurezza, controllare che non imbarchino acqua, verificare la tenuta degli ormeggi. Se non ci sono motivi particolari, dopo tre giorni arriva il decreto di restituzione del bene sequestrato. E il nulla osta alla demolizione.
Perché è questo che le norme antiriciclaggio dell'Unione europea impongono di fare. Smantellare le barche, separare i materiali e smaltire tutto nelle discariche. Niente, o quasi, può essere recuperato. Nemmeno come pezzo di ricambio. Nessuna imbarcazione può tornare in mare. Nemmeno se è in grado di sfidarlo ancora. Con una sola eccezione: il proprietario può chiederla indietro. È già successo in passato. Succede oggi. Due barconi sono ancora sotto sequestro nel porto, in attesa degli accertamenti sul sedicente padrone.
Delle quasi trecento barche arrivate a Lampedusa dall’inizio dell’anno, quelle già finite in discarica sono una cinquantina. Le altre attendono. Sulla terraferma o in qualche porto. Nella prima fase dell’emergenza, quando gli sbarchi erano più frequenti e il molo dell’isola saturo, le carrette sono state accatastate fuori dal mare. Sono ancora lì. Oltre 120 vicino al campo sportivo. Una settantina a pochi passi dalla base Loran, nella riserva naturale. Due cimiteri di relitti. Con i militari a fare da custodi 24 ore su 24 per evitare incendi dolosi. E i pescatori e i migranti ad aggirarsi tra i cadaveri in cerca di pezzi di ricambio o ricordi.
Dal 13 aprile, quando il capo dipartimento Franco Gabrielli è diventato commissario delegato per l’emergenza, ad occuparsi dello smaltimento dei barconi è la Protezione civile. Un’ordinanza del presidente del Consiglio ha stanziato un milione di euro. Nella prima gara d’appalto sono state inserite solo le barche ancora in acqua. Una quarantina. La ditta Ecol Sea s.r.l, per circa 20.300 euro, si è aggiudicata la bonifica dei vari oli e carburanti presenti nelle imbarcazioni. “Ne sono stati raccolti 60 metri cubi”, dice la Protezione civile. Il trasferimento, la demolizione e lo smaltimento dei barconi è stato affidato alla Comap s.r.l. per 590mila euro. “In tre giorni e tre notti, lavorando senza sosta, abbiamo ripulito il porto di Lampedusa – racconta Cirino Fazio, amministratore unico della ditta –. I nostri sub hanno recuperato anche le carrette affondate e quelle finite sugli scogli. All’inizio le barche dovevano essere 42. Alcune anche di 80 tonnellate. Poi, durante i lavori, ci sono stati nuovi sbarchi e sono diventate una cinquantina. Le abbiamo sistemate su due pontoni, uno con 7mila tonnellate di capacità di carico, l’altro con una gru da 850 tonnellate, e le abbiamo portate nei nostri cantieri di Augusta”. Lì sono state demolite. I materiali separati e smistati in varie discariche. Tutto in una ventina di giorni. I primi di giugno le carrette coraggiose erano diventate “rifiuti speciali”. “È un peccato che l’Europa proibisca di recuperare qualcosa da queste barche – confida Cirino Fazio –. A volte dei pezzi sono in buono stato e i motori nuovi. In realtà delle piccolissime parti di questi ultimi potrebbero essere riutilizzati. Ma è una procedura così lunga e costosa che non ne vale la pena. Conviene far finire tutto in discarica”.
In discarica finiranno anche le sei barche che, ancora integre e in grado di navigare, la Marina ha trasferito nei porti di Licata e Mazara del Vallo. Probabilmente il loro ultimo viaggio via mare. Verranno inserite nella nuova gara d’appalto che la Protezione civile sta preparando per svuotare i due cimiteri e smaltire gli altri barconi che arriveranno. La rimozione è prevista per fine luglio. “Non so se parteciperemo ancora – spiegano dalla Comap –. Se le condizioni economiche rimarranno quelle del precedente accordo sarà molto difficile”.
A Lampedusa, intanto, gli sbarchi non si fermano. Ormeggiati nel porto, ora, ci sono una ventina di barconi. Aspettano. Ne arriveranno altri per tutta l’estate. Anche loro attraverseranno il Mediterraneo, sfideranno il vento, cavalcheranno le onde. Anche loro, dopo aver trasportato sogni, disperazione, fiducia, finiranno in una discarica come “rifiuti speciali”.
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“Rifiuti speciali”. Per migliaia di persone sono stati la speranza di una vita migliore, ma è così che i barconi dei migranti vengono considerati quando arrivano in Italia. Attraversano il Mediterraneo, sfidano il vento, cavalcano le onde. Trasportano sogni, disperazione, fiducia. Poi, si schiantano. Contro gli scogli di Lampedusa, la rabbia del mare, le leggi dell’Unione europea. E affondano. A volte portando con sé donne, uomini e bambini. In tutti i casi, il destino di questi barconi è l'agonia in un deposito temporaneo e la fine in discarica.
Dal 12 febbraio, quando il Consiglio dei ministri ha decretato lo “stato d’emergenza umanitario” nell’isoletta siciliana, una flotta di quasi trecento barche ha traghettato le attese e le aspettative di più di 40mila nordafricani.
Riuscire a salire a bordo è il primo passo di un sogno che si realizza. Il secondo è riuscire a scendere. Al momento dello sbarco, spesso, non c’è il tempo di raccogliere gli effetti personali. Il passato dei migranti rimane lì, incagliato tra quelle assi di legno. Lo sanno bene gli uomini della Guardia Costiera di Lampedusa, che insieme a Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza in questi mesi hanno soccorso i barconi. “Su ogni carretta che si svuota rimangono le tracce delle vite che ha trasportato – dicono –. Le imbarcazioni parlano, raccontano storie”. Come quella di due gemelline che a bordo avevano perso l’attestato di nascita. “Erano così piccole, non dimenticheremo mai la gioia dei genitori quando abbiamo consegnato loro il certificato”. Secondo Save the children i minori sbarcati in Italia sono oltre 1.500. “Quando tra le buste di plastica e le bottiglie d’acqua trovi un ciuccio, un biberon o un pupazzo di pezza, è un’emozione forte”, dicono i militari. Ridare questi oggetti ai proprietari è quasi impossibile. “Ma tentiamo di restituire sempre i documenti e le fotografie”. Le barche vuote sono piene di istantanee.
Come per i migranti, la seconda vita dei barconi che riescono a raggiungere l’Italia è fatta di attese. Le autorità giudiziarie che soccorrono in mare le persone, entro 48 ore devono redigere un verbale di sequestro della barca e inviarlo al pubblico ministero per la convalida. Spetta ai militari prestare le prime cure alle carrette del mare. Metterle in sicurezza, controllare che non imbarchino acqua, verificare la tenuta degli ormeggi. Se non ci sono motivi particolari, dopo tre giorni arriva il decreto di restituzione del bene sequestrato. E il nulla osta alla demolizione.
Perché è questo che le norme antiriciclaggio dell'Unione europea impongono di fare. Smantellare le barche, separare i materiali e smaltire tutto nelle discariche. Niente, o quasi, può essere recuperato. Nemmeno come pezzo di ricambio. Nessuna imbarcazione può tornare in mare. Nemmeno se è in grado di sfidarlo ancora. Con una sola eccezione: il proprietario può chiederla indietro. È già successo in passato. Succede oggi. Due barconi sono ancora sotto sequestro nel porto, in attesa degli accertamenti sul sedicente padrone.
Delle quasi trecento barche arrivate a Lampedusa dall’inizio dell’anno, quelle già finite in discarica sono una cinquantina. Le altre attendono. Sulla terraferma o in qualche porto. Nella prima fase dell’emergenza, quando gli sbarchi erano più frequenti e il molo dell’isola saturo, le carrette sono state accatastate fuori dal mare. Sono ancora lì. Oltre 120 vicino al campo sportivo. Una settantina a pochi passi dalla base Loran, nella riserva naturale. Due cimiteri di relitti. Con i militari a fare da custodi 24 ore su 24 per evitare incendi dolosi. E i pescatori e i migranti ad aggirarsi tra i cadaveri in cerca di pezzi di ricambio o ricordi.
Dal 13 aprile, quando il capo dipartimento Franco Gabrielli è diventato commissario delegato per l’emergenza, ad occuparsi dello smaltimento dei barconi è la Protezione civile. Un’ordinanza del presidente del Consiglio ha stanziato un milione di euro. Nella prima gara d’appalto sono state inserite solo le barche ancora in acqua. Una quarantina. La ditta Ecol Sea s.r.l, per circa 20.300 euro, si è aggiudicata la bonifica dei vari oli e carburanti presenti nelle imbarcazioni. “Ne sono stati raccolti 60 metri cubi”, dice la Protezione civile. Il trasferimento, la demolizione e lo smaltimento dei barconi è stato affidato alla Comap s.r.l. per 590mila euro. “In tre giorni e tre notti, lavorando senza sosta, abbiamo ripulito il porto di Lampedusa – racconta Cirino Fazio, amministratore unico della ditta –. I nostri sub hanno recuperato anche le carrette affondate e quelle finite sugli scogli. All’inizio le barche dovevano essere 42. Alcune anche di 80 tonnellate. Poi, durante i lavori, ci sono stati nuovi sbarchi e sono diventate una cinquantina. Le abbiamo sistemate su due pontoni, uno con 7mila tonnellate di capacità di carico, l’altro con una gru da 850 tonnellate, e le abbiamo portate nei nostri cantieri di Augusta”. Lì sono state demolite. I materiali separati e smistati in varie discariche. Tutto in una ventina di giorni. I primi di giugno le carrette coraggiose erano diventate “rifiuti speciali”. “È un peccato che l’Europa proibisca di recuperare qualcosa da queste barche – confida Cirino Fazio –. A volte dei pezzi sono in buono stato e i motori nuovi. In realtà delle piccolissime parti di questi ultimi potrebbero essere riutilizzati. Ma è una procedura così lunga e costosa che non ne vale la pena. Conviene far finire tutto in discarica”.
In discarica finiranno anche le sei barche che, ancora integre e in grado di navigare, la Marina ha trasferito nei porti di Licata e Mazara del Vallo. Probabilmente il loro ultimo viaggio via mare. Verranno inserite nella nuova gara d’appalto che la Protezione civile sta preparando per svuotare i due cimiteri e smaltire gli altri barconi che arriveranno. La rimozione è prevista per fine luglio. “Non so se parteciperemo ancora – spiegano dalla Comap –. Se le condizioni economiche rimarranno quelle del precedente accordo sarà molto difficile”.
A Lampedusa, intanto, gli sbarchi non si fermano. Ormeggiati nel porto, ora, ci sono una ventina di barconi. Aspettano. Ne arriveranno altri per tutta l’estate. Anche loro attraverseranno il Mediterraneo, sfideranno il vento, cavalcheranno le onde. Anche loro, dopo aver trasportato sogni, disperazione, fiducia, finiranno in una discarica come “rifiuti speciali”.