La procura di Roma conferma l’indiscrezione de "la Repubblica": due militanti della destra romana, sconosciuti alle cronache del tempo, sono indagati per l'uccisione del 19enne di sinistra, avvenuta il 22 febbraio 1980. La madre: "E' un sollievo"
"L'omicidio di Valerio Verbano è un caso che si riapre. E la fuga di almeno due dei suoi tre carnefici, forse sta per finire". E' quanto scrive 'La Repubblica' secondo cui "a trentuno anni esatti dall'esecuzione del diciannovenne militante della sinistra extraparlamentare (22 febbraio 1980) e dal buio che da allora ne ha avvolto le responsabilità prende corpo una nuova indagine della procura di Roma (procuratore aggiunto Pietro Saviotti, pm Erminio Amelio) e del Ros dei carabinieri che, dopo ventiquattro mesi di lavoro, colloca al centro della scena del crimine almeno due nuovi indiziati". In giornata, dopo l'indiscrezione, è arrivata anche la conferma della procura: due uomini sono indagati per omicidio volontario. Entrambi, secondo quanto si è appreso, sono stati identificati dopo una rilettura del vecchio fascicolo processuale e sarebbero stati riconosciuti, tramite ricognizione delle foto segnaletiche dell'epoca, da alcuni testimoni.
Valerio Verbano stava per compiere 19 anni quando restò vittima dell'agguato nella sua abitazione. I tre assassini entrarono in casa dicendo che erano amici di Valerio, immobilizzarono i genitori, attesero il rientro del giovane e gli spararono.
La mamma di Valerio: "Un sollievo" - "La notizia che ci sono finalmente due nomi collegati all'omicidio di mio figlio è un sollievo. Se dopo 31 anni si riuscisse a scoprire qualcosa sarebbe meraviglioso. E' quello che aspetto. Ed acquista un valore ancora più grande perché avviene in questa giornata, nel 31/mo anniversario della morte di mio figlio". A parlare è Carla Zappelli, la madre di Valerio Verbano, lo studente di 19 anni militante nella sinistra extraparlamentare ucciso il 22 febbraio 1980. "Ieri in effetti - spiega la signora Zappelli – è successo un fatto curioso che si spiega alla luce di ciò che ho letto oggi sul giornale: sono venuti qui a casa mia un magistrato e un tenente colonnello dei Ros. Mi hanno detto che era un anno e mezzo che lavoravano sulla documentazione di Valerio". Quella documentazione che Valerio aveva messo insieme in circa tre anni e che "assomigliava - ricorda la madre - per grandezza, a una tesi di laurea, senza la copertina rigida però. All'indomani dell'assassinio presero quel grande quaderno e quando mi venne restituito mancavano tante pagine". "Comunque anche se oggi sono contenta per questa notizia - conclude Carla Zappelli - non voglio illudermi più di tanto. E' già successo tante volte e altrettante sono rimasta delusa. Però oggi ho più speranza".
"Repubblica": chi sono i due uomini - Per quel che al momento è possibile ricostruire, prosegue il quotidiano "Repubblica", due uomini oggi sulla cinquantina, la stessa età che avrebbe avuto la loro vittima se non la avessero giustiziata con un colpo di 38 special alla schiena. Il primo, riparato da tempo all'estero. L'altro, insospettabile professionista con una vita in Italia. Entrambi, già militanti della destra romana, sconosciuti alle cronache del tempo e - almeno a stare all'ipotesi investigativa - costituiti in un gruppo di fuoco deciso, nel febbraio di quel 1980, ad accreditarsi, con un cadavere di forte valore simbolico come quello di Valerio Verbano, agli occhi dei neofascisti Nuclei armati rivoluzionari di Giusva Fioravanti e Francesca Mambro. Degli indiziati (per altro, al momento, non ancora indagati), esistono dei nuovi identikit (aggiornati rispetto a quelli che vennero disegnati durante le prime indagini) ed è stata pazientemente ricostruita la loro storia di militanza violenta in quel triangolo dell'odio politico che, a Roma, tra la fine dei '70 e l'80, erano diventati i quartieri Trieste-Salario, Talenti, Montesacro. Tra il '76 e l'83 sono nove infatti gli omicidi di matrice politica che hanno come teatro questo quadrante della città.
In una geografia della violenza che si contende il controllo di marciapiedi, bar, angoli di strada e ha come linee di confine tra "neri" e "rossi", il fiume Aniene e il ponte delle Valli. A sparare sono soprattutto e innanzitutto i neofascisti dei Nar e di Terza posizione. I killer delle "volanti rosse". Ma non solo. Gli assassini di Verbano - se la Procura e il Ros hanno colto nel segno - non sono infatti incardinati con un'organizzazione militare e politica riconoscibile (anche per questo, le indagini sull'omicidio, che, per 9 anni, concentreranno i loro sospetti su appartenenti alle due sigle del neofascismo, Nar e Terza posizione, si chiuderanno nell'89 con un'archiviazione "per essere ignoti gli autori del reato").
Gli assassini di Verbano sono dei violenti "cani sciolti" che si muovono in quell'area nera di "spontaneismo armato" che fa da corona ai Nar, cercandone la cooptazione. E scelgono la loro vittima con criterio. Perché la loro vittima conosce loro. Sa chi sono. Dove e come si muovono. Valerio Verbano - come oggi ha potuto accertare il Ros lavorando sui nuovi indiziati - ha infatti annotato i nomi dei suoi assassini nel mastodontico schedario che custodisce nella sua casa di via Monte Bianco 114 (e che in casa verra' ritrovato dagli inquirenti dopo l'omicidio). Centinaia di brevi report con cui, dal 1977, con metodica ossessione, ha dato un'identità e un volto, talvolta anche fotografico, ai militanti di destra del triangolo Trieste-Salario, Talenti, Montesacro.
Valerio Verbano non è una prima volta per i suoi assassini. Avevano sparato per uccidere undici mesi prima, la mattina del 30 marzo del 1979. Almeno di questo è convinto chi oggi si è rimesso a indagare. In una casa al civico 12 di via Valpolicella (nemmeno due chilometri in linea d'aria dall'abitazione di Verbano), dove cercavano Roberto Ugolini, altro militante della sinistra extraparlamentare. Anche quel giorno erano in tre. Anche quel giorno si fecero aprire la porta di casa dalla madre del ragazzo presentandosi come amici del figlio. Roberto Ugolini fu rapido a comprendere e a sottrarsi all'esecuzione. Uno dei tre fece fuoco riuscendo a colpirlo soltanto alle gambe. Erano a volto scoperto e loro descrizioni sono sovrapponibili a quelle degli assassini di Verbano. Un dettaglio, una ricorrenza. Sfuggito allora. E che ora potrebbe diventare cruciale.
Valerio Verbano stava per compiere 19 anni quando restò vittima dell'agguato nella sua abitazione. I tre assassini entrarono in casa dicendo che erano amici di Valerio, immobilizzarono i genitori, attesero il rientro del giovane e gli spararono.
La mamma di Valerio: "Un sollievo" - "La notizia che ci sono finalmente due nomi collegati all'omicidio di mio figlio è un sollievo. Se dopo 31 anni si riuscisse a scoprire qualcosa sarebbe meraviglioso. E' quello che aspetto. Ed acquista un valore ancora più grande perché avviene in questa giornata, nel 31/mo anniversario della morte di mio figlio". A parlare è Carla Zappelli, la madre di Valerio Verbano, lo studente di 19 anni militante nella sinistra extraparlamentare ucciso il 22 febbraio 1980. "Ieri in effetti - spiega la signora Zappelli – è successo un fatto curioso che si spiega alla luce di ciò che ho letto oggi sul giornale: sono venuti qui a casa mia un magistrato e un tenente colonnello dei Ros. Mi hanno detto che era un anno e mezzo che lavoravano sulla documentazione di Valerio". Quella documentazione che Valerio aveva messo insieme in circa tre anni e che "assomigliava - ricorda la madre - per grandezza, a una tesi di laurea, senza la copertina rigida però. All'indomani dell'assassinio presero quel grande quaderno e quando mi venne restituito mancavano tante pagine". "Comunque anche se oggi sono contenta per questa notizia - conclude Carla Zappelli - non voglio illudermi più di tanto. E' già successo tante volte e altrettante sono rimasta delusa. Però oggi ho più speranza".
"Repubblica": chi sono i due uomini - Per quel che al momento è possibile ricostruire, prosegue il quotidiano "Repubblica", due uomini oggi sulla cinquantina, la stessa età che avrebbe avuto la loro vittima se non la avessero giustiziata con un colpo di 38 special alla schiena. Il primo, riparato da tempo all'estero. L'altro, insospettabile professionista con una vita in Italia. Entrambi, già militanti della destra romana, sconosciuti alle cronache del tempo e - almeno a stare all'ipotesi investigativa - costituiti in un gruppo di fuoco deciso, nel febbraio di quel 1980, ad accreditarsi, con un cadavere di forte valore simbolico come quello di Valerio Verbano, agli occhi dei neofascisti Nuclei armati rivoluzionari di Giusva Fioravanti e Francesca Mambro. Degli indiziati (per altro, al momento, non ancora indagati), esistono dei nuovi identikit (aggiornati rispetto a quelli che vennero disegnati durante le prime indagini) ed è stata pazientemente ricostruita la loro storia di militanza violenta in quel triangolo dell'odio politico che, a Roma, tra la fine dei '70 e l'80, erano diventati i quartieri Trieste-Salario, Talenti, Montesacro. Tra il '76 e l'83 sono nove infatti gli omicidi di matrice politica che hanno come teatro questo quadrante della città.
In una geografia della violenza che si contende il controllo di marciapiedi, bar, angoli di strada e ha come linee di confine tra "neri" e "rossi", il fiume Aniene e il ponte delle Valli. A sparare sono soprattutto e innanzitutto i neofascisti dei Nar e di Terza posizione. I killer delle "volanti rosse". Ma non solo. Gli assassini di Verbano - se la Procura e il Ros hanno colto nel segno - non sono infatti incardinati con un'organizzazione militare e politica riconoscibile (anche per questo, le indagini sull'omicidio, che, per 9 anni, concentreranno i loro sospetti su appartenenti alle due sigle del neofascismo, Nar e Terza posizione, si chiuderanno nell'89 con un'archiviazione "per essere ignoti gli autori del reato").
Gli assassini di Verbano sono dei violenti "cani sciolti" che si muovono in quell'area nera di "spontaneismo armato" che fa da corona ai Nar, cercandone la cooptazione. E scelgono la loro vittima con criterio. Perché la loro vittima conosce loro. Sa chi sono. Dove e come si muovono. Valerio Verbano - come oggi ha potuto accertare il Ros lavorando sui nuovi indiziati - ha infatti annotato i nomi dei suoi assassini nel mastodontico schedario che custodisce nella sua casa di via Monte Bianco 114 (e che in casa verra' ritrovato dagli inquirenti dopo l'omicidio). Centinaia di brevi report con cui, dal 1977, con metodica ossessione, ha dato un'identità e un volto, talvolta anche fotografico, ai militanti di destra del triangolo Trieste-Salario, Talenti, Montesacro.
Valerio Verbano non è una prima volta per i suoi assassini. Avevano sparato per uccidere undici mesi prima, la mattina del 30 marzo del 1979. Almeno di questo è convinto chi oggi si è rimesso a indagare. In una casa al civico 12 di via Valpolicella (nemmeno due chilometri in linea d'aria dall'abitazione di Verbano), dove cercavano Roberto Ugolini, altro militante della sinistra extraparlamentare. Anche quel giorno erano in tre. Anche quel giorno si fecero aprire la porta di casa dalla madre del ragazzo presentandosi come amici del figlio. Roberto Ugolini fu rapido a comprendere e a sottrarsi all'esecuzione. Uno dei tre fece fuoco riuscendo a colpirlo soltanto alle gambe. Erano a volto scoperto e loro descrizioni sono sovrapponibili a quelle degli assassini di Verbano. Un dettaglio, una ricorrenza. Sfuggito allora. E che ora potrebbe diventare cruciale.